“Si rischia l’azzeramento delle pratiche partecipative. Il paziente è esperto in quanto tale e il suo punto di vista è autorevole anche perché collettivo”
Le 110 associazioni di malati cronici e rari che aderiscono al Cnamc di Cittadinanzattiva – attraverso una lettera inviata oggi alla Regione Toscana, ad Estar (Ente di supporto tecnico amministrativo regionale), e al Ministero della Salute – chiedono il ritiro della delibera 702 del 20 giugno scorso con la quale la Giunta regionale della Toscana ha definito le “Linee di indirizzo sul coinvolgimento del paziente esperto nel percorso di acquisto dei dispositivi medici”. Il paziente esperto, come scritto nell’atto regionale, è “una persona con patologia cronica, oppure oncologica oppure rara anche caregiver, che oltre all’esperienza di malattia abbia acquisito una formazione tecnica riguardo ad argomenti inerenti allo sviluppo dei farmaci o dei dispositivi medici, erogata da un ente formatore riconosciuto”.
Come riportato nella lettera, le associazioni denunciano: “Senza entrare nel merito del profilo della figura che si intende coinvolgere, il cui expertise non intendiamo svalutare, desideriamo tuttavia rimarcare che la competenza dei pazienti è una competenza peculiare, “civica” e non tecnica, che può sì risultare rafforzata da un opportuno percorso formativo, ma che è innanzitutto una questione di concrete condizioni e di “punto di osservazione”.
A questo titolo, anche senza alcuna certificazione, i cittadini con malattia cronica o rara sono e devono essere considerati pienamente “esperti” e la loro competenza è irriducibilmente diversa da quella di ogni altro soggetto coinvolto nelle decisioni, e per ciò stesso irrinunciabile”, spiegano le associazioni nella lettera. In base a quanto riportato nella delibera in oggetto, il rischio è che la rappresentatività di un punto di vista, che è autorevole anche perché è collettivo, venga sostituita – in forma esclusiva e in sede di pubblica decisione – dal contributo individuale di un unico Paziente esperto che, seppur formato, non è in condizione di poter esprimere un legame forte con l’associazione di riferimento per uno specifico ambito patologico, sia che si parli di farmaci sia che si parli di presidi o dispositivi medici”.
“È una decisione che rischia di azzerare quanto è stato costruito con gran fatica in questi anni per qualificare l’istituto e le pratiche della democrazia partecipativa e permettere alla componente civica organizzata del nostro Paese di contribuire con il suo imprescindibile punto di vista alle decisioni che le Regioni devono assumere nell’interesse generale. Una scelta che stride con il contributo di proposte, impegno fattivo e soluzioni di cui le organizzazioni civiche e di pazienti hanno dato prova durante la pandemia”, commenta Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva.
Comunicato ufficio stampa Cittadinanatiiva – 1 luglio 2022
N.d.R.:
Non conosciamo come vengano “preparati” i pazienti esperti, se vengono istruiti sulla farmacologia clinica, epidemiologia, ecc.. Il paziente sarà esperto solo della patologia di cui è o stato affetto o di tutte? Come può giudicare obiettivamente tutti i farmaci per il suo tipo di patologia, compresi quelli che non ha utilizzato? Ci vorrebbe un paziente esperto per ogni tipo di patologia, anche se sembra poco fattibile, solo per le malattie rare l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che ne esistono tra 6.000 e 7.000.
Si può temere che un paziente esperto consideri il proprio singolo caso estendibile a tutta la popolazione affetta da quella patologia.
Dobbiamo osservare che molte ricerche vengono programmate con lo scopo di pervenire a conclusioni generali, valide per tutte le unità statistiche della popolazione cioè tanti casi singoli in rappresentanza delle variabili che si possono presentare. Nelle indagini campionarie o di prevalenza, mirate alla stima dei parametri della popolazione, deve essere garantita la rappresentatività della popolazione obiettivo.
Nelle indagini etiologiche, mirate allo studio dei fattori responsabili dell’insorgenza di specifiche patologie, deve essere garantita la confrontabilità dei gruppi che hanno esposizioni (fattori di rischio) differenti.
Un caso singolo porta a imprecisione delle stime sia patologiche che terapeutiche; le misure considerate sono solo una approssimazione delle vere misure della popolazione e variano da paziente a paziente.
L’utilizzo di un singolo paziente introduce delle fonti di errore nella stima dei parametri incogniti della popolazione. Se la base non è rappresentativa della popolazione, le stime ottenute son sistematicamente errate!
È vero, il “paziente esperto” sarà selezionato per scelta ragionata: cioè sarà una persona che si ritiene importante poiché possiede specifiche caratteristiche e non esiste una base di campionamento opportuna (es: pazienti affetti da una data patologia o severità,…ecc.), ma le scelte e i giudizi del paziente esperto non permettono generalizzazioni con un definito e noto grado di accuratezza. In altre parole, i dati rappresentano solo il singolo