Indubbiamente una documentata e dotta disamina legale del ruolo degli ISF quella effettuata dagli illustri avvocati Lorenzo Maratea e Maurizio Campagna, ma come spesso accade in chi vuole dimostrare una propria tesi si portano a sostegno argomenti che dimostrano la giustezza della tesi stessa e si “dimenticano” di citare i documenti contrari. La tesi da dimostrare è che l’ISF è già di per sé una figura “paradossale”: un po’ informatore come vuole la legge e un po’ venditore come vuole la prassi
Del citato art. 122 del D.Lgs. 219/06 non viene menzionato il comma 6 che dice testualmente: “Gli informatori scientifici devono riferire al servizio scientifico di cui all’articolo 126, dal quale essi dipendono, ed al responsabile del servizio di farmacovigilanza” e a sua volta l’art. 126 comma 2.b specifica che il servizio scientifico deve verificare che “gli informatori scientifici alle proprie dipendenze sono in possesso di una formazione adeguata e rispettino gli obblighi imposti dal presente decreto” e al comma 1 dice che “Il Servizio scientifico deve essere indipendente dal Servizio marketing dell’impresa farmaceutica”. Da rimarcare l’importante funzione di farmacovigilanza, di solito dimenticata quando si parla di ISF.
Non siamo certo giureconsulti, ma se l’ISF deve dipendere da un Servizio Scientifico, indipendente dal marketing, e riferire al responsabile della farmacovigilanza, come può essere autonomo?
Soluzione suggerita: l’ibrido, come certi bancari, metà subordinato e metà autonomo. E come sarebbe la parte subordinata da fare in azienda, quando l’attività degli ISF è quasi tutta al di fuori dell’azienda? L’ISF poi non tratta prodotti finanziari né altri beni commerciali di consumo, ma farmaci. E qui occorre anche citare la Cassazione che in diverse sentenze afferma e ribadisce ((v. Cass. n. 25053 del 2006; v. anche v. Cass. n. 8844 del 2014; Cass. n. 2349 del 2013; Cass. n. 5494 del 2013) “Il consumo dei farmaci non è regolato dal criterio del piacere, ma da quello dell’utilità, mediata dalla classe medica, sicché i medici sono destinatari di una specifica forma di pubblicità che mira non già a reclamizzare astrattamente il prodotto decantandone le virtù o la piacevolezza visiva della confezione, ma ad informarli della natura e delle utilità farmaceutiche del prodotto, in quali ipotesi risulti indicato, in quali no ed in quali sia addirittura nocivo”, oppure la sentenza 19394/2014 in cui dice che “Anche se qualificato nero su bianco come contratto di agenzia, va invece ricondotto ai canoni del lavoro subordinato il rapporto di colui che – pur con un limitato margine di autonomia – svolga prevalentemente l’attività di informatore medico-scientifico piuttosto che quella di agente di commercio”. Non citiamo per non annoiare le numerosissime sentenze di Tribunali ordinari che ribadiscono questo concetto.
L’AIFA, che fornisce l’interpretazione autentica del D.Lgs. 219/06, chiarisce la funzione dell’ISF con un primo documento da parte dell’allora Direttore Prof. Martini (Prot. 800.1/IS/3573 https://www.fedaiisf.it/wp-content/uploads/2014/12/AIFA.Chiarimenti-su-ISF.pdf ) in cui afferma (al punto 7) che “l’attività degli informatori scientifici non può essere assolutamente compatibile con la vendita dei farmaci” e sempre AIFA cita poi in un altro documento la Sentenza del consiglio di Stato, Sez. V n. 2755 del 30/04/2009 nella quale si precisa che: “nell’esercizio dell’attività informativa, l’ISF non sia accompagnato da altri soggetti, la cui presenza potrebbe evidentemente decolorare il profilo dell’approfondimento scientifico sulle proprietà dei farmaci a tutto vantaggio della loro mera promozione commerciale“ (Prot. AG/106373/P) https://www.fedaiisf.it/parere-aifa-gli-isf-devono-svolgere-la-attivita-presso-medici-soli/
Le Regioni, come viene evidenziato, hanno acquisito una nuova centralità in ragione della forte responsabilizzazione e controllo sulla spesa sanitaria, nascono così le linee guida sull’informazione scientifica della Conferenza delle Regioni e i Regolamenti regionali sull’informazione scientifica nei quali gli ISF devono essere attentamente monitorati e l’attività registrata proprio per evitare derive commerciali che possono favorire fenomeni corruttivi. L’evoluzione di un ISF “commerciale” è quella di essere espulso da tutte le strutture del SSN.
E’ vero anche che le scelte delle aziende farmaceutiche si sono orientate verso la medicina specialistica e biotecnologica da cui il medico di base il più delle volte è escluso, ma anche qui il D.Lgs. 219/06 all’art. 119 ci dice che l’informazione scientifica sui farmaci va portata a tutti coloro che sono autorizzati a prescriverli. Non ci sembra giusto escludere il medico di base da un’informazione su un farmaco che magari deve prescrivere su indicazione di uno specialista senza conoscerne le caratteristiche.
Non siamo esperti come gli illustri avvocati, ma a noi sembra chiarissima quale sia la natura dell’ISF e l’ibrido è non solo senza senso ma anche contrario alla legge, e anche se venisse inserito in un CCNL, anche a noi profani è noto che un contratto collettivo non ha l’efficacia delle norme di legge, mantenendo nella gerarchia la posizione di contratto e come tale sottoposto alle leggi, appunto.
Non si capisce poi perché si vuole a tutti costi arrivare ad un ISF “commerciale” quando ormai, come riconosciuto nell’articolo, le aziende hanno già tutta una serie di figure appunto commerciali e di marketing specificatamente deputate alla vendita, basti pensare per esempio ai KAM o ai RAM che in aziende strutturate e con listino ospedaliero sono ormai figure essenziale e specializzate che devono essere a conoscenza e seguire interlocutori e processi regionali, provveditorati e direzioni aziendali, economati e gare d’acquisto, ecc.. Ed è curioso che le strutture del SSR prendano provvedimenti che di fatto ostacolano il lavoro degli ISF, credendo di contrastare, non conoscendo le dinamiche aziendali, le figure commerciali delle aziende farmaceutiche.
Ci sono aziende poi che si stanno inventando figure nuove facenti capo al marketing come l’Embracer o l’Ecosystem Lead. Lo stesso Dr. Scaccabarozzi, parlando di industria farmaceutica 4.0, segnala una serie di figure professionali emergenti: profili del therapeutic area manager, del clinical project manager, del data analyst, del digital marketing manager, del web community manager e del network builder, ecc., tutti facenti capo al marketing.
Lasciamo che l’ISF faccia l’ISF secondo legge e i venditori facciano i venditori, l’ibrido non è la soluzione. Di solito poi l’ibrido non ha futuro, è sterile
Dr. Antonio Mazzarella – Presidente Nazionale Fedaiisf
Quotidianosanità.it – Informatore Scientifico del Farmaco. Il suo profilo è chiaro e non è né venditore né ibrido
La replica: Informatore Scientifico del Farmaco. Perché è importante ‘ibridizzare’ la figura
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Il Contratto ibrido, cos’è.
Un contratto da dipendente a tempo indeterminato part time + un contratto di collaborazione in regime di lavoro autonomo con la partita IVA. Si badi bene, parliamo di 2 contratti per la stessa persona, nei confronti del medesimo datore di lavoro. Il primo esperimento è stato lanciato con un accordo sindacale in Banca Intesa e per come sta “soffiando il vento”, anche fuori dal mondo bancario, esiste la possibilità che il contratto ibrido possa diventare nel bene o nel male un modello contrattuale di successo per centinaia di migliaia di agenti, venditori, commessi, consulenti commerciali, operatori di call center.
Come si diceva è un contratto di lavoro subordinato svolto negli orari prestabiliti e nei locali aziendali, ed un contratto di lavoro autonomo, svolto all’esterno dell’azienda, gestito secondo i propri orari e secondo la propria organizzazione, sempre nell’ovvio rispetto di quanto previsto nel contratto di mandato o nel contratto di agenzia.
Le aziende cercano di creare dei meccanismi retributivi che “seguano” la produttività: “se i tuoi risultati sono buoni ti pago di più, se non sono buoni ti pago di meno”. Detta in altri termini le aziende cercano di trasformare il lavoro il più possibile in un “costo variabile”
Dal bisogno di contemperare il bisogno del lavoro come costo variabile (“ti pago solo se sei produttivo”) e il bisogno del lavoro come impegno responsabile di persone ben formate e motivate nasce l’ultima rivoluzione silenziosa del mercato del lavoro italiano: il contratto ibrido