di ALBERTO STATERA
Gli scandali dell’era berlusconiana si affastellano nelle procure e nelle cronache giorno dopo giorno in una teoria ininterrotta nella quale i più grandi tendono a oscurarne altri non meno cupi. Dagli appalti per i grandi eventi e il G8 della Protezione civile di Bertolaso alla P3 di Bisignani, dalle nomine pilotate fino alla Finmeccanica di Guarguaglini, non ce ne è uno che non veda in qualche modo seduto nella cabina di regia del serial o quantomeno nel ruolo di guest star, l’uomo che in questi giorni è stato fregiato, a destra e a manca, delle insegne di eroe della Repubblica italiana.
Candidato a tutto dopo la caduta del suo boss e ancora in pista per la presidenza della Repubblica dopo Napolitano o, perlomeno, a uno scranno di senatore a vita, Gianni Letta è stato l’uomo più a lungo applaudito nella seduta alla Camera per la fiducia al governo Monti, quando il neopremier lo ha citato per manifestargli la gratitudine sua e dell’Italia.
Si sa che alla realpolitik si devono pagare dei prezzi e che Letta rischiava di diventare il sasso nell’ingranaggio dell’esecutivo di emergenza, ma le ovazioni dai banchi di sinistra e soprattutto da quelli del Pd sono state paradossalmente persino più calorose di quelle scontate dai banchi di destra.
Per chi ancora non sapesse come funziona il SistemaLetta e per evitare che gli ignari lo scoprano soltanto dopo interi lustri, come è avvenuto con Berlusconi, sarà allora utile ricapitolare brevemente i passaggi di uno di quegli scandali che restano un po’ sottotraccia anche per la timidezza della stampa, dopo il racconto dettagliato che ne ha fatto "L’Espresso".
Prende il nome dalla Menarini, prima casa farmaceutica italiana e fra le più grandi del mondo, appartenente alla famiglia di Alberto Aleotti, accusato dalla magistratura di una truffa ultraventennale ai danni del Servizio sanitario nazionale per aver gonfiato i costi dei principi attivi acquistati all’estero, ottenendo in Italia prezzi di vendita dei medicinali più alti e accumulando immensi capitali offshore: almeno 860 milioni, di cui 575 finiti in 900 conti correnti sparsi per il mondo.
Il meccanismo rischia di incepparsi quando le regioni optano per i farmaci generici al posto di quelli brevettati. A questo punto Aleotti, che nel 2008 ha finanziato la campagna elettorale di 54 candidati del Pdl, promuove un emendamento che salva la Menarini dai tagli delle regioni, utilizzando tutta la sua potenza di fuoco, a cominciare da Maria Angiolillo, tenutaria a pagamento fino alla morte del salotto romano dove si è compiuta per decenni la commistione opaca tra affari e politica.
Nonostante l’appoggio di una sfilza di ministri, da Scajola a Sacconi, tutto si blocca alla Ragioneria dello Stato, probabilmente per volontà di Tremonti. E’ a questo punto che scende in campo Gianni Letta, per il quale la Angiolillo era come la Madonna Pellegrina, che in una telefonata promette ad Alberto Aleotti che farà fare ulteriori pressioni da Berlusc