I dipendenti non ci stanno, hanno incrociato le braccia e bloccato l’ingresso dell’azienda di via Europa. Per molti di loro è impossibile spostare l’intera famiglia, vorrebbe dire abbandonare il lavoro in un momento in cui l’intero tessuto industriale è in piena crisi. ?Ma soprattutto, sindacati e lavoratori, non capiscono la strategia della proprietà (che conta sei stabilimenti in tutta Italia con un totale di 3.400 dipendenti). «L’azienda non è in crisi economica – spiega Maurizio Ferrari della Femca-Cisl -. L’anno scorso ci sono stati utili per 176 milioni di euro e il settore farmaceutico non è sofferenza. La scelta di delocalizzare è soltanto per una questione di utili. In questa maniera, però, ne fanno le spese i lavoratori e il tessuto sociale di un territorio come quello varesino che è in forte crisi». ?
«La proprietà ha fatto questa scelta solo per motivi economici – continua Ermanno Donghi della Cgil -. Non ha senso questo spostamento, soprattutto se si considera che nella presentazione del piano
Ferrari, inoltre, affronta anche un tema etico: «L’azienda ha fatto anche un patto coi lavoratori in passato, non deve ragionare solo da un punto di vista economico e di utile. Il valore di un’impresa non si basa solo su questo ma sull’impatto sociale che la stessa porta, sul benessere dei suoi lavoratori».
La situazione è ora in una fase di stallo. Dopo lo sciopero i lavoratori torneranno in azienda e i sindacati hanno chiesto un incontro con il ministero per costringere la proprietà, una multinazionale francese, a rivedere il piano. «Abbiamo anche chiesto alla Provincia di intervenire – concludono i sindacati -, perchè la situazione varesina è a rischio e questa situazione alla Sanofi può essere evitata, le ricadute sul territorio sarebbero drammatiche, anche per l’indotto».
I tempi per sono comunque lunghi perchè per spostare la produzione di un farmaco ci vogliono dei tempi burocra