Roma, 13 novembre – La speranza di vita in Italia è fra le più alte dell’area dell’Ocse. I tassi di obesità sono bassi (ma alti fra gli adolescenti), mentre il consumo di alcolici, la percentuale di fumatori abituali e l’inquinamento atmosferico presentano dati molto prossimi alla media dei Paesi Ocse. L’accesso alle cure è garantito universalmente e l’assistenza è di buona qualità, ma permangono troppe differenze nell’accesso e nel trattamento di cittadini tra le varie Regioni e si prescrivono troppi antibiotici. Tutto questo, con una spesa sanitaria che nel nostro Paese è lievemente inferiore alla media Ocse.
A volerlo sintetizzare in poche battute, è questo il quadro che emerge dal rapporto Health at Glance 2017 dell’Ocse, l’organismo internazionale per lo sviluppo e la cooperazione economica, pubblicato il 10 novembre scorso per offrire i più recenti dati e trend comparabili sulla performance e i risultati dei sistemi sanitari dei vari Paesi, rapporto che quest’anno presenta una serie di nuovi indicatori, specialmente sui fattori di rischio per la salute.
I dati relativi al sistema sanitario italiano sono, al solito, un mix di luci e ombre. Da una parte, infatti, siamo quarti assoluti al mondo per aspettativa di vita (con 82,6 anni) e riusciamo a offrire una copertura universale per la salute a tutti i cittadini, addirittura a costi inferiori a quelli della media Ocse (3400 dollari pro capite, contro la media di 4000) del nostro Paese, con un’incidenza della spesa sanitaria sul Pil pari all’8,9%, in perfetta linea con il 9% Ocse.
Dall’altra, però, “destano ancora grande preoccupazione”, come scrive l’Ocse, le diseguaglianze nell’accesso e qualità dei trattamenti tra le varie Regioni. Pur riconoscendo gli sforzi compiuti, in un contesto di pesanti vincoli di bilancio dovuti alla crisi finanziaria, per realizzare una riforma in grado di mantenere e migliorare l’offerta sanitaria, il rapporto non può non esprimere – alla luce dei dati – “preoccupazione rispetto alla capacità delle singole Regioni di assicurare la fornitura dei servizi ampliati. Malgrado la copertura universale, le Regioni meridionali sono storicamente meno in grado di fornire l’assistenza adeguata come definita al livello nazionale”. Un gap, rileva l’Ocse, che permane e contribuisce a un “ampliamento delle disparità”.
Rilievi critici sono anche avanzati, se non sul “quanto”, sul “come” l’Italia spende per la salute. L’Ocse sottolinea infatti che va migliorata l’efficacia in materia di spesa sanitaria, fornendo anche una serie di precisi rilievi. Il primo riguarda l’introduzione dei generici, voce che vede l’Italia nel gruppo dei peggiori, con un’incidenza degli equivalenti sul consumo totale di farmaci pari all’8% in valori e al 19% in volume. Dati decisamente insufficienti se rapportati a quelli di altri Paesi, nonostante gli sforzi condotti per aumentarne la quota. Secondo l’Ocse, l’invito ai medici a indicare ai pazienti il principio attivo del medicinale prescritto in luogo del marchio può contribuire a facilitare il passaggio alle medicine generiche, così come una politica di incentivi da riconoscere a medici e farmacisti.
Sempre tra le ombre va annoverata l’eccesso di prescrizioni antibiotiche (con effetti negativi, peraltro, sulla spesa), che a giudizio dell’Ocse deve essere assolutamente ridotto: l’Italia è infatti al quarto posto tra i Paesi che prescrivono più antibiotici, situazione che male si accorda con la necessità di mettere in campo strategie efficaci di prevenzione alla resistenza antimicrobica.
Nel capitolo “luci”, invece, il rapporto dell’Ocse evidenzia il basso livello di obesità che si registra nel nostro Paese (10,3% di obesi nella popolazione adulta), ma lancia un warning sull’aumento della “ciccia” tra gli adolescenti.
Per quanto riguarda altri fattori di rischio presi in considerazione dal rapporto, come il fumo o il consumo di alcool tra gli adulti, il nostro Paese è più o meno in linea con le medie Ocse.
Per la ministra della salute Beatrice Lorenzin, quella che emerge da Healt at Glance 2017 è una valutazione complessivamente positiva della sanità italiana, che non può che essere accolta con soddisfazione: “L’Ocse evidenzia come il nostro Paese si conferma ai vertici mondiali per l’aspettativa di vita, rimarca come siano buoni gli indicatori di salute sulle principali patologie e sottolinea l’elevata qualità delle cure che ogni giorno vengono offerte ai nostri cittadini” ha sottolineato la titolare del dicastero, che ha anche subito colto l’occasione per ricordare i risultati raggiunti dalla sua azione di governo su alcuni dei temi indicati dal rapporto Ocse.
“Penso prima di tutto all’invecchiamento della popolazione, un tema che abbraccia il futuro della nostra società e su cui come ministro della Salute ho messo in campo misure e risorse ingenti, penso alle numerose prestazioni introdotte con nuovi Lea (che erano vecchi di 16 anni), al Piano nazionale demenze, al Piano cronicità e ai fondi per i farmaci innovativi e oncologici. Tutte misure che hanno disegnato le strategie per intercettare e soddisfare i nuovi bisogni di salute di una popolazione sempre più anziana” ha puntigliosamente rivendicato Lorenzin, che non ha mancato di rispondere al rilievo relativo alla performance negativa del nostro Paese in materia di prescrizione antibiotica. La ministra si autoassolve, affermando che “una settimana fa è stato varato un innovativo Piano d’azione con misure specifiche (che coinvolgono tutti gli attori: dalle strutture ospedaliere, ai medici, fino ai pazienti) per evitare gli abusi, incentivare la ricerca e soprattutto spingere ad un utilizzo più appropriato degli antibiotici, una freccia preziosa contro le infezioni che non possiamo permetterci di vedere spuntata”.
Per quanto concerne “l’annosa questione delle disuguaglianze regionali, aumentate dopo la riforma del Titolo V della costituzione del 2001”, Lorenzin ha ricordato i tentativi compiuti per coinvolgere le Regioni (“nei limiti delle competenze del ministero”) con il Patto per la Salute prima e poi con la creazione della task force degli ispettori, con i Piani di efficientamento degli ospedali e con l’introduzione di nuovi criteri di selezione dei manager puntando su qualità ed esperienza e non su meri fattori discrezionali. “Ora l’auspicio è quello che nei prossimi cinque anni, insieme alle Regioni, si possa raggiungere tutti insieme l’obiettivo di avere cure uniformi su tutto il territorio nazionale”.
“Le questioni da risolvere – ha concluso la ministra – sono ancora molte ma è innegabile come in questi anni si siano fatte molte riforme (come non se ne facevano da anni) che hanno gettato le basi per rendere il nostro Ssn sempre più efficiente e sostenibile anche nel futuro. Ora dobbiamo consolidare il lavoro fatto e il giudizio positivo emerso dall’Ocse, così come le criticità, ci deve far ben sperare anche per il domani della nostra sanità”.