Morte neonata, Aaroi-Emac: riduzioni di spesa hanno la meglio sulla sicurezza. C’è un accanimento contro il posto letto, considerato solo un fattore economico. L’obiettivo che non viene dichiarato, ma nemmeno nascosto, è quello di andare a ridurre gli organici negli ospedali.
Nuovi standard ospedalieri, sforbiciata a tremila posti letto
Dopo gli ultimi rilievi del Consiglio di Stato il regolamento sui nuovi standard ospedalieri, sul quale Governo e Regioni avevano raggiunto l’accordo lo scorso agosto, è stato trasmesso per la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Con l’applicazione delle nuove norme, il primo importante effetto sarà quello di una sforbiciata di 3.000 posti letto, in base ai nuovi standard del 3 per mille per i malati acuti e dello 0,7 per mille per la lungodegenza e riabilitazione.
In tutto in Italia, secondo i dati Istat, ci sono 210.406 posti letto (quelli pubblici e quelli privati accreditati). «Gli standard non sono solo i tagli – spiega a DoctorNews33 il presidente della Cimo, Riccardo Cassi – ma una riorganizzazione della reta ospedaliera. Si riducono i posti per gli acuti ma si potenzierebbero quelli per i post-acuzia. Il rischio è che le regioni si adoperino per ridurre i posti letti per acuti, senza creare sul territorio le strutture alternative. Mentre l’ospedale ha già un modello consolidato, le altre strutture vanno inventate. Continua a finire tutto negli ospedali per acuti, quando invece se si organizzasse seriamente un’alternativa, chi non ha necessità di cure acute andrebbe altrove a costi minori per lo Stato».
Gli ospedali, come spiega appunto Cassi, saranno divisi infatti in tre livelli a seconda della complessità della loro organizzazione e nasceranno le reti ospedaliere per le grandi patologie come l’infarto e l’ictus, ma anche per le malattie rare, l’oncologia e la pediatria. «Il progetto – conclude il presidente Cimo – va in linea con quella che è l’evoluzione della medicina e quindi ha senso concentrare in un determinato numero di ospedali le cure per determinate patologie acute e invece creare, per evitare che gli ospedali per acuti siano pieni di cronici, altre strutture sul territorio. Ma il problema è che non si conoscono le capacità delle regioni di recepire tutto questo in tempi brevi».
Sull’annunciato riassetto ospedaliero, mostra qualche perplessità in più il segretario nazionale dell’Anaao Assomed, Costantino Troise. «Quello dei tagli – dichiara – è un trend cominciato negli ultimi anni e che ha fatto sparire dalla scena già 71mila posti letto negli ultimi dieci anni. E come se ciò non bastasse, si prevede un taglio di altri 3000 posti. C’è un accanimento contro il posto letto, considerato solo un fattore economico. Ma dal punto di vista dei risparmi è difficile capire come la riduzione del posto letto in sé, possa generare un risparmio di qualche tipo. L’obiettivo che non viene dichiarato, ma nemmeno nascosto, è quello di andare a ridurre gli organici negli ospedali.
Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti, nei pronto soccorsi delle grandi città senza distinzione tra nord e sud, dove i posti letto non sono scomparsi ma sostituiti da posti barelle quando va bene, trasformando il pronto soccorso da reparto di urgenza a reparto di degenza insicuro, inappropriato e molto spesso indecente. Proseguire per questa via e poi commuoversi e indignarsi per le conseguenze, mi pare fortemente ipocrita».
E sulla questione delle due reti previste, Troise aggiunge: «Oggi quello che è sicuro è che si taglia, quello che verrà dopo è tutto da verificare. Troppo spesso si pensa di essere dei geni, quando invece si improvvisa senza una vera programmazione. Al più grande ammortizzatore che c’è in questo Paese, l’ospedale, viene praticata una “ospedalectomia” senza pensare fattivamente a delle alternative reali». Rossella Gemma – Martedì, 17 Febbraio 2015 – Doctor33
Morte neonata, Aaroi-Emac: riduzioni di spesa hanno la meglio sulla sicurezza
«Tragedie come quella accaduta a Catania, nell’ipotesi che si dovesse accertare, eventualmente, che essa sia dipesa anche o addirittura solo da fattori organizzativi, potrebbero verificarsi anche a Roma come a Milano, perché oggi, da nord a sud, in particolare in ambito sanitario, quello che ha il budget più critico, gli equilibri tra Governo Centrale, Governi Regionali, e Amministrazioni Locali (comprese quelle delle Aziende Sanitarie ed Ospedaliere) non consentono di dar corso ad alcuna vera riforma sistematica, in quanto, ormai da diversi anni, le riduzioni di spesa hanno la meglio sulla sicurezza: se non si ammette quest’evidenza, qualunque approccio al problema è inutile».
Lo sottolinea un comunicato del presidente di Aaroi-Emac Alessandro Vergallo che si oppone alla «caccia alle streghe» scatenata dalla vicenda di cronaca di Catania dove una neonata ha perso la vita subito dopo la nascita, durante il tragitto in ambulanza tra Catania e Ragusa alla ricerca di un posto in Rianimazione e all’ «indice accusatorio» puntato contro le «vittime sacrificali da mettere alla gogna» ossia i medici.
«Vi sono state proclamazioni improvvide, – precisa ancora Vergallo – da cui è trasparsa una velata presunzione di colpevolezza dei medici coinvolti nella tragica vicenda. Del resto, i medici, nell’intero nostro Paese e non solo in Sicilia, sono ormai talmente rassegnati a dover essere i capri espiatori di ogni caso di presunta malasanità, ormai ridotta con troppa e sospetta faciloneria a malamedicina, da non tentare quasi più di opporre resistenza a gogne mediatiche di ogni genere, alle quali sono sistematicamente condannati ancor prima di un processo nelle sedi competenti.
Ci troviamo, da tempo e nell’intero Paese, – prosegue Vergallo – di fronte ad una carenza insostenibile di posti-letto salvavita, di cui peraltro, proprio in Sicilia, va dato atto che con il DA 14/01/2015 «Riqualificazione e rifunzionalizzazione della rete ospedaliera territoriale», pubblicato sulla G.U.R.S. risalente al 23 Gennaio u. s., si dispone specificamente che «le Aziende Sanitarie attivino i posti letto di Rianimazione previsti dalla programmazione regionale e non ancora attivati. Pertanto, – conclude il Presidente dell’Aaroi-Emac – è indispensabile che almeno in tutti gli Ospedali, pubblici e privati, dotati di punto nascita, sia sempre presente un Anestesista Rianimatore in servizio di guardia anestesiologica separata dalla guardia rianimatoria, h24, 7 giorni su 7, 365 giorni all’anno, in modo che sia evitato il rischio che debbano correre precipitosamente in sala operatoria o in sala parto l’Anestesista in servizio di pronta disponibilità da casa, oppure, forse peggio, il Rianimatore in servizio presso l’Unità di degenza costituita dalla Rianimazione, che deve abbandonare i pazienti degenti in Rianimazione, dove è più che mai evidente la necessità della continuità assistenziale». Marco Malagutti – Martedì, 17 Febbraio 2015 – Doctor33
«Ci hanno chiesto di tagliare anche gli esami del sangue»
Un medico in prima linea: così i costi condizionano la sanità. Daniele Coen «Veniamo valutati sul raggiungimento del budget e il rispetto dei limiti di spesa»
«Ormai ci viene chiesto anche di ridurre del 5% gli esami di laboratorio». Claudio Mariani, 59 anni, fa parte della segreteria dell’associazione di categoria Anaao ed è un medico ospedaliero milanese. «Oggi l’attività quotidiana dei medici inizia a essere condizionata anche dai calcoli di tipo economico. Ma fino a che punto tutto ciò è compatibile con la salute dei pazienti?».
L’interrogativo nasce dopo il caso della clinica pediatrica De Marchi raccontato dal Corriere. Sotto Natale viene chiesto il ricovero di un bimbo egiziano con una grave malattia. I medici capiscono bene che servono cure particolarmente costose e che l’esito delle terapie è tutt’altro che scontato: e, visto che pochi giorni prima gli Uffici del Controllo di gestione e programmazione si erano raccomandati di non sforare il bilancio, viene fatta una riunione. I pediatri si interrogano: il bimbo va accettato? Il da farsi viene deciso per alzata di mano.
L’assessore alla Sanità Mario Mantovani è intervenuto con un monito: «Il diritto alle cure non ha prezzo». Ma in corsia i medici combattono una battaglia quotidiana contro i tagli e le pressioni (sempre più forti) a risparmiare. In questo contesto può succedere – come avvenuto in De Marchi – che il medico si fermi a riflettere sul costo di una cura. «Le risorse economiche a disposizione sono limitate. Per potere curare tutti bisogna fare delle scelte – spiega Daniele Coen, primario del Pronto soccorso di Niguarda -.
La difficoltà sta nel capire quando è giusto fermarsi. In questo senso è fondamentale la condivisione con i pazienti e lo sviluppo di linee guida scientifiche di riferimento». Nessuno nega le cure salvavita (alla fine anche alla De Marchi il bimbo è stato ricoverato). Ma c’è una terra dimezzo – fatta di esami da prescrivere, interventi chirurgici da mettere in calendario per un mese piuttosto che per un altro, ricoveri da fare, giornate di degenza da decidere – ormai sempre più condizionata dai problemi economici.
«I vertici ospedalieri hanno iniziato con il chiedere di fare attenzione ai giorni di ricovero, poi alla produzione in termini di fatturato, quindi hanno ridotto i posti letto a disposizione – continua Claudio Mariani Il turnover è bloccato. E oggi tra gli obiettivi che determinano il nostro premio di produzione compare anche quello di ridurre i costi. È l’effetto dei drastici tagli alla Sanità».
Sottolinea Coen: «Siamo stimolati al risparmio di continuo. Veniamo valutati sul raggiungimento del budget e la nostra credibilità nei confronti dei vertici ospedalieri è condizionata dalla capacità a rispettare i limiti di spesa. Ma ciascuno di noi è ben consapevole che alla fine deve fare solo il meglio per il paziente». Medici-equilibristi. E così, nella relazione inviata dal Policlinico-De Marchi alla Regione, si legge: «In reparto si era discusso del caso clinico e delle possibili implicazioni economiche in relazione al fatto che erano stati superati i limiti di spesa indicati nella scheda di budget».
Simona Ravizza – 17/02/2015 – IL CORRIERE DELLA SERA Ed. Milano