Prosegue il nostro viaggio attraverso le modifiche introdotte dal Jobs Act allo Statuto dei Lavoratori. Attenzione all’utilizzo che fate degli strumenti di lavoro, il grande fratello vi osserva. La domanda però rimane: tutto ciò in che maniera influisce sul problema della disoccupazione?
11 giugno 2015 – estetica-mente
Il decreto legislativo di “semplificazione degli adempimenti in materia di lavoro”, sul quale il Governo sta discutendo, apre ai controlli a distanza del lavoratore attraverso gli strumenti di lavoro, cioè pc, tablet e telefoni aziendali.
In pratica, per poter controllare gli strumenti tecnologici rilasciati in uso, non sarà più necessario procedere con accordi sindacali o attraverso l’ispettorato del lavoro, ma si chiede all’azienda un preciso documento di policy da consegnare ai dipendenti.
Ciò che farà discutere del provvedimento sulle semplificazioni è quindi l’aggiornamento dell’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori sui controlli a distanza. Tale norma, datata 1970, è stata emanata quindi in tempi e con riferimento a un contesto tecnologico e produttivo completamente diverso da quello contemporaneo.
L’attuale articolo 4 dello Statuto, infatti, vieta, o limita fortemente, l’uso di impianti audiovisivi o di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, che possono essere installati solo per ragioni di sicurezza o in rare altre eccezioni, sempre comunque previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o, in assenza, con l’autorizzazione dell’ispettorato del lavoro.
L’ipotesi su cui sta lavorando il governo è aggiornare l’articolo 4 distinguendo i controlli sugli impianti da quelli sugli strumenti di lavoro.
Resterebbe, a livello di principio generale, il divieto di controllo tramite impianti direttamente «finalizzati» alla vigilanza sulla prestazione di lavoro (le cosiddette telecamere che riprendono l’impiegato). Qui, però, si ammetterebbe una deroga: tranne il caso in cui, con un’autorizzazione sindacale o amministrativa, le telecamere servano per garantire la sicurezza.
Diventerebbero del tutto leciti, invece, i controlli sugli strumenti di lavoro, per i quali non sarebbero più richieste autorizzazioni di sorta.
Verrebbe inoltre chiarito che gli esiti di tali controlli, sia se ottenuti attraverso impianti o strumenti di lavoro, autorizzati o meno, si potranno utilizzare a tutti i fini, quindi anche per ricavarne informazioni potenzialmente rilevanti sul piano disciplinare.
Tradotto: Se il datore di lavoro vuole, per qualche misteriosissima ragione, indagare su di voi al fine di ricavare informazioni che possano dare adito a un richiamo disciplinare (e tutto ciò che ne consegue), beh, da oggi lo potrà fare senza dover chiedere autorizzazioni. Cosa cambia se il lavoratore è onesto? In teoria nulla, però è un dato di fatto che questa misura rappresenti un ulteriore erosione delle garanzie contrattuali del lavoratore.
Nel mio piccolo ritengo comunque che stia alla correttezza, all’onestà ed all’intelligenza di chi utilizza tali strumenti – che sono comunque di proprietà del datore di lavoro – non farne un uso improprio ed illecito e che sia giusto prevedere il divieto di un utilizzo non consono anche a livello disciplinare.
Tuttavia, mi chiedo ancora una volta se davvero il problema della disoccupazione e della crisi delle imprese possa venire risolto smantellando pezzo per pezzo lo Statuto dei Lavoratori, che, a quanto pare, sembra essere considerato l’origine di tutti i mali!
Notizia correlata: Lavoro. Jobs Act, il governo vara i nuovi decreti