Caso denunciato da un paziente oncologico appena dimesso Il prodotto equivalente arriva a 296 euro, l’altro “solo” a 129
16 novembre 2014 – GAZZETTA DI MODENA
Equivalente, o generico che dir si voglia, può costare più della medicina originale? Teoricamente no, ma quello che si sono trovate davanti alcune farmacie modenesi dice l’esatto contrario. Motivo? Lo dovrà spiegare la Regione che si occupa dell’acquisto su area vasta (quindi non solo per Modena) dei farmaci ospedalieri, cioè quelli che vengono forniti soltanto attraverso le strutture di ricovero e per i quali le farmacie fungono semplicemente da tramite.
Il caso specifico, infatti, denunciato da un cittadino modenese, riguarda un principio attivo, il bicalutamide, che gli è stato prescritto per una terapia oncologica al termine del suo ricovero in ospedale. Così il paziente, una volta dimesso, si è recato nella sua farmacia di fiducia con la ricetta in mano. Alla classica domanda che ormai ci si sente rivolgere sempre più spesso, “vuole l’originale o l’equivalente?”, l’uomo si è affidato al farmacista che ha iniziato a notare alcune incongruenze sui prezzi.
Il bicalutamide Teva, medicinale equivalente dal dosaggio di 150mg in confezione da 28 compresse, disponibile nei nostri ospedali e mutuabile – le farmacie sono in grado di averlo in mezza giornata per poi consegnarlo al cliente – risulta costare 296,82 euro. Fin qui nulla di strano – non deve ingannare la cifra elevata perché ci sono medicine che, soprattutto per determinate patologie, raggiungono prezzi ragguardevoli – almeno fino al momento del confronto.
Il farmaco originale, infatti, il Casodex, è in carico al servizio sanitario ad un costo di 129,84 euro, meno della metà dell’altro. E poco importa che non sia mutuabile. Un altro originale, il Safedex, sale a 239,57 euro, sempre tanto ma comunque meno dell’equivalente a disposizione dei cittadini modenesi che purtroppo ne hanno bisogno. Come è possibile che a parità di principio attivo, di dosaggio e numero di compresse il generico costi un terzo in più e addirittura in un caso più del doppio? Sono queste le domande alle quali dovrà rispondere la Regione.
Un farmaco generico è la copia di un farmaco di marca presente sul mercato da anni e non più coperto da brevetto. Contiene lo stesso principio attivo, nella stessa quantità. Ne condivide forma farmaceutica, via di somministrazione, dosaggio. Inoltre è un bioequivalente del medicinale di riferimento, vale a dire, come scrive l’Agenzia italiana del farmaco, con la stessa dose i profili di concentrazione nel sangue dei due medicinali rispetto al tempo «sono così simili che è improbabile che possano produrre differenze rilevanti negli effetti di efficacia e sicurezza».
E allora come può accadere tutto ciò? C’è da augurarsi che ci sia stato un errore, o che la Regione lo abbia pagato una cifra ben diversa e decisamente inferiore a quella riportata sulle schermate contabili delle farmacie, inferiore anche al farmaco originale. Sarà sicuramente stato merito di un appalto virtuoso gestito in una logica di area vasta (che mette insieme, cioè, più ospedali di più province) o di una particolare promozione che ha portato alla scelta di questo farmaco. Per chiarezza va detto che il paziente in questione è esente dal pagamento, ma comunque quelle medicine sono a carico della collettività che, se potesse risparmiare, con quei soldi destinati alla sanità farebbe altro visti i tagli imminenti annunciati dai palazzi di Bologna.