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Menarini rivede i piani strategici

Silvia Pieraccini

FIRENZE

La strada è imboccata, e appare difficile che Menarini possa tornare indietro: la prima azienda farmaceutica nazionale, 3.027 milioni di ricavi consolidati 2011 (per il 66,7% all’estero) e 16mila dipendenti di cui 3.200 in Italia, si prepara a rivedere le strategie produttive nel nostro paese, che oggi accoglie il più importante polo manifatturiero del gruppo (cinque impianti tra Toscana, Lombardia e Abruzzo) insieme con la Germania (dove possiede l’azienda Berlin-Chemie).

Lo scenario che si va delineando è il licenziamento di mille dipendenti (impiegati, operai, informatori scientifici, in gran parte concentrati in Toscana), già annunciato nei mesi scorsi (si veda Il Sole 24 Ore del 14 ottobre 2012) e congelato, per la seconda volta su richiesta delle istituzioni, fino a fine gennaio inizio febbraio prossimo.

Il motivo è legato alla norma introdotta dalla manovra sulla spending review, che ha imposto ai medici di indicare nella ricetta il principio attivo del medicinale, favorendo dunque il ricorso ai farmaci generici; e ha relegato l’indicazione del farmaco di marca, vincolante per il farmacista, solo ai casi in cui nella ricetta sia inserita adeguata motivazione. La norma, spiega il direttore generale di Menarini Domenico Simone, ha già portato una consistente perdita di fatturato per il gruppo familiare fiorentino che fa capo alla famiglia Aleotti: -25% di ricavi realizzati in Italia nel periodo agosto-novembre, cioè da quando è entrata in vigore la contestata disciplina, solo parzialmente modificata dalla legge 221/2012 del 17 dicembre scorso.

È la chiara dimostrazione – sottolinea Simone – che la norma sta trasferendo, per legge, quote di fatturato dalle aziende farmaceutiche che investono in ricerca e sviluppo, impiegano migliaia di persone e esportano gran parte del fatturato, alle aziende produttrici di generici, che non fanno alcun investimento in ricerca e, in Italia, occupano appena 830 persone». «E tutto questo senza alcun vantaggio per le casse dello Stato», sibila il direttore generale. Che prevede uno scenario destinato solo a peggiorare: «La prospettiva è di andare verso un drastico ridimensionamento del fatturato che Menarini realizza in Italia. E se noi perdiamo il mercato nazionale, diventa antieconomico continuare a produrre qui». Per questo il gruppo farmaceutico intende confermare i mille esuberi.

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