Nel 2001 il patrimonio riferibile al patron di Menarini, Alberto Aleotti, depositato nella banca Lgt del Liechtenstein era secondo solo a quello del principe. Lo ha raccontato Pier Franco Riva, avvocato d’affari, ascoltato a Firenze durante l’udienza preliminare per il procedimento sulla gestione della casa farmaceutica. Riva, che è uno dei 12 imputati, ha spiegato che aveva ricevuto da Aleotti l’incarico di "proteggere" il patrimonio. L’avvocato non ha quantificato quello depositato alla Lgt, ma ha raccontato che all’epoca rappresentava il 10% di quello complessivo della banca.
Tempo dopo, ha aggiunto, Aleotti ha dirottato 700 milioni di franchi svizzeri, gran parte in contanti, dalla Lgt ad altri istituti; poi li ha scudati. Proprio alla luce dell’ammontare del deposito, ha aggiunto Riva, la banca Lgt chiese una ‘lettera di conforto’ sulla provenienza del denaro: Aleotti e il figlio spiegarono che era riferibile al ramo estero dell’azienda. Fra l’altro Riva ha raccontato che, alla nascita del primo nipote, Aleotti dette vita a una fondazione per la gestione di un miliardo di lire di cui il bambino avrebbe potuto disporre al compimento dei 30 anni. Fra gli imputati ci sono i figli di Aleotti, Giovanni e Lucia, accusati di riciclaggio.
La posizione di Alberto, 90 anni, accusato di truffa, è stata sospesa per le sue condizioni di salute. Per i pm di Firenze, che hanno coordinato le indagini dei carabinieri del nas, grazie a una serie di fatturazioni fra società fittizie, dagli anni Ottanta la Menarini avrebbe gonfiato il prezzo dei principi attivi e quindi dei farmaci, con un danno da 860 milioni di euro al Sistema sanitario nazionale.
18 aprile 2013 – gonews.it