«Disposta da un organo disciplinare come l’Ordine, ovvero in sede penale, la sanzione della sospensione investe sempre tutte le sfere d’attività del medico, anche il lavoro dipendente e in convenzione. Per un Pos che manca, si potrebbe arrivare a sguarnire un paese di un medico di famiglia, subordinando il diritto alla salute del residente alla necessità di incentivare la semplificazione amministrativa.
Un’impellenza che per inciso ha già danneggiato la nostra immagine: si tratta il Pos come uno strumento antievasione quale non è (ci sono vari modi per incentivare l’emersione), e si presume che chi non lo possiede vada colpito come fosse pari ai soggetti sospendibili sulla base del dpr 221/50. Su questi punti conto di sensibilizzare i colleghi ordinisti in Fnom».
Inoltre, la detrazione del costo delle prestazioni dall’imponibile reddituale inserita nel ddl è uno specchietto per allodole: quei costi sono già deducibili in quanto inerenti all’attività professionale. Per Di Lascio, «tutta la normativa sul Pos non semplifica nulla ma anzi complica la vita. Dal punto di vista giuridico, la sospensione ope legis del medico fino al 2009 era disposta in base al dpr sugli ordini per spaccio di stupefacenti, condanne a non meno di 2 anni di reclusione, interdizione dai pubblici uffici ed altre fattispecie di cui agli articoli 42 e 43 che delineano un soggetto pericoloso.
La legge Brunetta nel 2009 con la radiazione per chi redige i certificati di malattia senza visitare ha posto il problema di rivedere la legge sugli ordini. La revisione non c’è stata e questo ddl sanzionatorio sembra non porsi il problema di entrare in contrasto con la gestione del diritto alla salute. Se un convenzionato recidivo senza lettore fosse sospeso, l’intera attività soffrirebbe per una mancanza legata a incombenze imposte per una libera professione spesso residuale, da pochi euro annui.
Ma nel ddl ci sono pure lacune. Non si dice chi emette la sanzione: il Prefetto (o il Questore) o la Procura della Repubblica? Né si capisce per quanto tempo è comminata la sospensione. Credo -conclude Di Lascio – che noi medici abbiamo tempo e possibilità per avanzare le nostre considerazioni».