Nel dicembre 2014 viene fatta una proposta di legge atta a modificare il decreto Balduzzi, che introduce di fatto la figura dell’infermiere di famiglia. Si tratta di una norma che propone il pieno riconoscimento della professione infermieristica come figura di riferimento per lo sviluppo e il potenziamento dei servizi territoriali di assistenza domiciliare, al fine di salvaguardare lo stato di salute dei cittadini.
Infermiere di famiglia, il futuro dell’assistenza
di Andrea Ferretti – Nurse 24.it
La prima stesura del “The family health nurse – Context, conceptual framework and curriculum1” è stata prodotta dall’ufficio regionale Oms per l’Europa di Copenaghen nel gennaio del 2000. In questo documento viene per la prima volta descritta la figura dell’infermiere di famiglia, ovvero quel professionista sanitario che si concentra sulla salute della famiglia, intesa come nucleo familiare, e in particolare è il responsabile delle cure domiciliari, vale a dire dell’insieme di tutti quei trattamenti medici, infermieristici e riabilitativi al fine di stabilizzare il quadro clinico e rendere migliore la qualità di vita.
Chi è l’infermiere di famiglia, ruolo e competenze
L’infermiere di famiglia non è il community nurse, cioè l’infermiere di comunità con il quale spesso viene scambiato. L’Oms ha elaborato il profilo di questa nuova figura solo un anno dopo e lo ha individuato come colui che agisce per il benessere della comunità, quindi in uno spazio di azione diverso da quello di famiglia, indirizzandolo alle scuole, alle comunità per psichiatrici e comunque in un ambito prettamente extra-ospedaliero, ma non domiciliare.
Da quando l’Oms elaborò questa figura ci sono voluti sei anni per avere il riconoscimento dell’area specialistica come sanità pubblica (legge 43/2006) e quindi la nascita dei primi master. Solo nel 2012, con il decreto Balduzzi si è assistito a una riorganizzazione, a livello nazionale, nell’ambito delle cure primarie, ambito domiciliare e territoriale proponendo poliambulatori distrettuali che, con adeguata turnazione del personale, forniscono un servizio 24 ore su 24.
Nel dicembre 2014 viene fatta una proposta di legge atta a modificare il decreto Balduzzi, che introduce di fatto la figura dell’infermiere di famiglia. Si tratta di una norma che propone il pieno riconoscimento della professione infermieristica come figura di riferimento per lo sviluppo e il potenziamento dei servizi territoriali di assistenza domiciliare, al fine di salvaguardare lo stato di salute dei cittadini. E qui ci siamo fermati.
Nel mondo, per esempi in Uk e Usa, le figure di specializzazione infermieristica si sono già ben delineate e introdotte nel modello sanitario, tra cui chiaramente l’infermiere di famiglia.
L’infermiere di famiglia in Uk
In Uk l’infermiere di famiglia viene associato a un’unica specializzazione, ovvero il public healty nurse, un tipo di infermiere che lavora in grandi gruppi e comunità ed effettua tutti quegli interventi educativi, relazionali e pratici che riguardano il mantenimento e il supporto della salute. Esiste poi un’altra figura sovrapponibile, che è quella del generalist nurse: esegue gli stessi compiti, ma svolti in una comunità più ristretta e sempre uguale di persone, (come appunto il medico di famiglia) ed è perciò molto più vicina alla definizione dell’Oms di infermiere di famiglia. Lo stipendio medio varia dalle 31.000 alle 41.000 sterline annue, esclusi bonus, e sono figure ricercate per ogni ospedale.
L’infermiere di famiglia negli Usa
In Usa, la situazione è più specifica: dopo aver acquisito il bachelor in nursing (l’equivalente della nostra laurea triennale), si deve prendere il master in nursing della durata di due anni, partecipando a corsi di indirizzamento al family care; dopodiché si consegue l’esame abilitante (Board certification in family practice through the American nurses credentialing center of the American academy of nurse practitioners) e si diventa family nurse practitioner. Si tratta di una figura professionale che solitamente agisce sotto la supervisione di un medico (in alcuni Stati americani agisce senza medico, data la loro penuria in Usa) ed è deputata, al “care” e al “cure” dello stato di salute della famiglia, fornendo interventi educativi e di supporto nell’assistenza sanitaria in tutte le sue fasi.
Il nurse practitioner può inoltre effettuare diagnosi sulle malattie, prescrivere alcuni tipi di farmaci ed eseguire la terapia, nonché prescrivere esami di routine, test di laboratorio ed esami diagnostici in autonomia. Secondo alcune università americane, si può guadagnare annualmente dai 60.000 agli 80.000 dollari.
L’infermiere di famiglia in Italia, l’esperienza della Lombardia
In Italia, la prima (e unica) regione a introdurre sul territorio l’infermiere di famiglia è stata la Lombardia, a Varese, dove nel 2014 nasce il primo ambulatorio di infermieri di famiglia. Nei due anni successivi, vi è stata l’implementazione di altri tre distretti (Luino, Busto Arsizio, Desio e Biandronno in collaborazione con l’ambulatorio di Cerea (Verona), insieme per il progetto Globalcareitalia) che agiscono in un raggio di dieci chilometri ciascuno, offrendo una rete territoriale in grado di raggiungere tutta l’utenza.
Abbiamo intervistato la responsabile di questo servizio, Maria Rosa Genio.
Come è nata l’idea di questo ambulatorio?
Questo ambulatorio è nato da un’indagine di mercato fatta tra il 2008 e il 2011. Ai tempi lavoravo nell’Assistenza domiciliare integrata (Adi) e mi sono accorta di quanto frammentario fosse il servizio sanitario erogato, che tutelava solo un piccolo target di utenti tralasciando una grossissima fetta. Molto spesso si parla di tutela della fragilità riferendosi ad anziani e disabili, ma per me la fragilità è rappresentata anche dalla condizione economica che una famiglia giovane può vivere. Quanti padri di famiglia hanno perso il lavoro e non possono permettersi le cure? Fosse anche la semplice somministrazione di un’iniezione. Quanti non hanno un riferimento territoriale col quale potersi confrontare? Perché non vanno dal medico di famiglia, ma poi quando la situazione diventa ingestibile vanno a intasare il Pronto soccorso?
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Su quale modello professionale si basa e come si svolge il vostro lavoro?
Il modello operativo da me implementato è fondato sulla figura del generalist nurse anglosassone e si comporta esattamente come la versione infermieristica del medico di famiglia. Quotidianamente, prima dell’apertura dell’ambulatorio, andiamo al domicilio degli utenti che ne fanno richiesta dando un ordine di priorità alle attività: prima i prelievi, poi le terapie, per ultimo tutto il resto (per esempio le medicazioni). Le consulenze sono una componente fondamentale per la riuscita di una adeguata presa in carico. Interveniamo anche per organizzare strutturalmente il domicilio in occasione di una dimissione pianificata, ci rechiamo in ospedale o presso le strutture prima della dimissione allo scopo di prendere le consegne dal personale ospedaliero e accordarci riguardo la migliore soluzione da adottare per garantire la continuità assistenziale. Inoltre, collaboriamo sistematicamente con la guardia medica che ci interpella per evitare ricorsi al Pronto soccorso, lì dove la situazione è gestibile e risolvibile a domicilio (riposizionamenti di sondino nasogastrico, globi vescicali, broncoaspirazioni, medicazioni saltate, disidratazione ecc…)
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Da chi è composta la vostra équipe?
La nostra è un’équipe multidisciplinare costituita da Oss, infermieri, fisioterapisti e medici specialisti. La richiesta arriva sempre all’infermiere, che da buon case-manager valuta e gestisce il percorso da attivare facendo intervenire tutte le figure necessarie al recupero del concetto di salute. Questo modus operandi, rappresenta il nostro progetto che abbiamo chiamato global care Italia in capo alla nostra associazione Maya
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Qual è la risposta dell’utenza in merito al vostro servizio?
Ai nostri 600 assistiti permanenti facciamo periodicamente delle valutazioni di andamento, che loro apprezzano moltissimo, perché si sentono dignitosamente e umanamente considerati in un mondo dove il tempo scorre velocemente e molto spesso ci si sente solo dei numeri
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Esistono altre realtà italiane come la vostra?
Non esistono altre realtà italiane, di mia conoscenza, che si adoperano con la stessa filosofia, se non quelle legate a noi in partnership presenti a Lunio, Busto Arsizio e Verona. Di ambulatori infermieristici in Italia ce ne sono tanti, pubblici e privati, specializzati in determinati settori o meno, ma svolgere l’attività di infermiere di famiglia aderente al concetto Oms è tutt’altra cosa. Anzi occhio a quelle realtà che per mero business stanno facendo diventare l’infermiere di famiglia una vera e propria moda! Questo nuoce fortemente all’utente finale del servizio, che non comprende la differenza e potrebbe anche sminuire il valore dell’infermiere di famiglia
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1- The family health nurse – Context, conceptual framework and curriculum