Così com’è la distribuzione dei farmaci non convince il governo. Va riformata. E il punto di partenza sembra essere il disegno di legge che porta la firma Gasparri-Tomassini (Pdl). Un testo che la Grande distribuzione vede come fumo negli occhi. «La scusa è un riordino del sistema — spiega Camillo De Berardinis, amministratore delegato di Conad — in realtà dietro si nascondono interessi corporativi, quelli dei farmacisti». Il rischio è un ritorno al passato, prima delle lenzuolate di Bersani che nel 2006 ha liberalizzato la vendita dei farmaci da banco negli ipermercati. La denuncia arriva da tutte le associazioni della Grande distribuzione, ascoltate in Commissione Igiene al Senato il 21 ottobre. E il giudizio è netto: «Nessun ritorno al passato», perché a pagarne le conseguenze sarebbero i consumatori e l’occupazione. La legge Bersani ha creato 5.000 nuovi posti di lavoro, 2.900 punti vendita, 900 farmacisti assunti con contratto a tempo indeterminato. Non solo. Il temuto aumento del prezzo dei farmaci, paventato quando entrò in vigore la legge, non c’è stato. Al contrario secondo una ricerca della Nielsen il prezzo medio dei farmaci da banco è sceso del 20% e il più basso si trova negli ipermercati. Tant’è che anche le farmacie hanno dovuto adeguarsi e si sono riempite di sconti e offerte "tre per due", un tempo una rarità. Dunque più che di un ritorno al passato la Grande distribuzione chiede di «andare avanti su una riforma che ha dato ottimi risultati». E avanza alcune proposte: la vendita di medicinali generici senza la presenza del farmacista, l’inserimento di alcuni di fascia C (non rimborsabili dal Servizio sanitario), il commercio a distanza. Chiede soprattutto di avere voce in capito sulla discussione della riforma. C’è un altro passaggio del testo in Commissione che non convince affatto la Gdo: «Nel tentativo di non demolire la legge Bersani tout court – spiega un operatore del settore – si propone solo la vendita di confezioni con poche pillole» in ipermercati e parafarmacie. Un’idea che rischia di uccidere un mercato appena nato. «Certo perché si annullerebbe il risparmio – spiega De Berardinis – mentre le case farmaceutiche non sarebbero più interessate. Detto questo – conclude l’amministratore delegato di Conad – credo che il Paese abbia ben altre priorità da affrontare». I giochi però sono ancora aperti. «Mi è sembrato di capire – aggiunge l’ad di Conad – che anche nell’ambito della maggioranza ci siano dubbi e possibili aperture».
Barbara Ardù – – 3 Novembre 2010