Un brutto scherzo ai produttori di farmaci generici ma anche ai cittadini.
C’era un breve passaggio nella prima bozza della manovra che nelle versioni successive è scomparso. Prevedeva che i farmacisti ricevessero un incentivo dallo Stato, di 0,28 euro a scatola, per vendere i farmaci cosiddetti equivalenti al posto di quelli di marca con il brevetto scaduto (solo quando hanno un costo più alto). Quella indicazione è sparita nelle nuove versioni della manovra, sostituita con una quota premiale per i farmacisti di 0,1 centesimi (0,11 dal 2025) ma su tutti i farmaci a brevetto scaduto. cioè quelli generici e quelli di marca, qualunque sia il loro prezzo. Lo Stato spende la stessa cifra (si stimano circa 100 milioni di euro) ma adesso il beneficio non spinge a prescrivere i prodotti meno cari che funzionano nello stesso modo.
Le pressioni dell’industria
Non è chiaro di chi sia figlio il cambiamento ma dovrebbe essere nato al Mef, il ministero alla Salute non ha niente a che fare con la vicenda. Dietro ci sarebbero le pressioni di alcune industrie, prevalentemente italiane, che producono i farmaci di marca.
L’Italia è sempre il Paese europeo dove si usano meno generici ma nell’ultimo anno c’era stato un aumento del consumo, di circa il 3,8%, comunque più alto della crescita della spesa, all’1,4%.
L’incentivo scomparso
Per spingere i farmacisti a promuovere il generico ci sono varie norme, antiche e recenti. Da anni ormai si prevede un maggiore sconto per l’acquisto di questi medicinali alle farmacie e anche il non pagamento delle trattenute al sistema sanitario nazionale. L’idea di dare un premio sulle confezioni l’aveva avuta il ministro alla Salute del governo passato, Roberto Speranza e si prevedevano 0,12 euro a scatola. Gli effetti secondo gli osservatori si sarebbero visti nel tempo e sarebbero stati ovviamente più importanti con l’aumento previsto nell’ultima manovra poi stoppato dal Mef.
Il generico in Italia
La legge prevede che quando viene prescritto un farmaco a carico del sistema sanitario, lo Stato riconosca il prezzo di riferimento, cioè quello del medicinale generico, o equivalente. Se il cittadino vuole comunque il prodotto di marca paga la differenza, che a seconda delle molecole può andare da qualche decina di centesimi a diversi euro. Ebbene, gli italiani ogni anno spendono un po’ più di un miliardo di euro di tasca propria per pagare la differenza. Tra l’altro la spesa pro capite è più alta nelle Regioni dove ci sono più difficoltà economiche, quelle del Sud. La misura dell’incentivo serviva a invertire questa tendenza, magari lentamente, e a ridurre i consumi di farmaci di marca quando esiste la possibilità di usare il generico (come avviene appunto in tante regioni dove tra l’altro la sanità funziona meglio).
La rabbia dei produttori
L’associazione dei produttori di equivalenti, Egualia, ha scritto anche alla Conferenza delle Regioni per esprimere “grande preoccupazione sulle ripercussioni che tali misure andrebbero ad avere sul già limitato utilizzo dei farmaci equivalenti a livello nazionale”. Tra gli effetti della nuova misura ci sarebbe, indirettamente, “una riduzione della capacità concorrenziale delle imprese e, conseguentemente, un incremento di spesa per il SSN, un aumento del numero di cittadini che verseranno un differenziale di prezzo per avere un farmaco a marchio”.
Michele Bocci per NOTIZIEclik – 01 novembre 2023
Notizie correlate: Il farmaco generico in sostituzione di quello prescritto e la relativa responsabilità penale
Farmaci e farmacie. Remunerazione, distribuzione diretta e per conto, Iva: ecco tutte le novità
Nota:
L’art. 3, comma 130, l. n. 549 del 1995 ha previsto che un farmaco generico può ottenere la medesima classificazione dell’originator purché sia offerto un prezzo almeno del 20% inferiore a quello del farmaco originatore.
Con l’art. 7, d.l. 18 settembre 2001, n. 347 è entrato nel nostro ordinamento un nuovo sistema vincolato di rimborso del prezzo al pubblico dei farmaci di classe A, basato sul prezzo di riferimento per cui il Servizio sanitario nazionale rimborsa fino alla concorrenza del prezzo più basso del corrispondente prodotto disponibile sul mercato. A tal fine il farmacista, salvo eccezioni, è obbligato a sostituire il farmaco indicato in ricetta con quello equivalente in fascia di rimborso al prezzo più economico presente nello stesso canale distributivo.
Il ricorso alla contrattazione per i prezzi dei farmaci generici è previsto per l’ipotesi in cui l’Azienda produttrice indichi un prezzo non “conveniente”, ma resta fermo il ribasso di almeno il 20% rispetto al prezzo del farmaco originatore. Se è offerto ad un prezzo inferiore almeno del 20 % a quello della corrispondente specialità medicinale a base dello stesso principio attivo con uguale dosaggio e via di somministrazione, il medicinale generico otterrà la medesima classificazione del farmaco originator. (Consiglio Di Stato Sez. III – 27/11/2018, n.6716)