Nella gestione della sanità italiana sono state soprattutto le donne a lasciare un segno, spesso affrontando questioni spinose e di non facile soluzione. La prima fu Tina Anselmi. che fu tra i firmatari della legge che creò (1978) il Servizio sanitario nazionale; poi fu la volta di Maria Pia Garavaglia, cui toccò la gestione del dopo-farmacopoli; quindi arrivò Rosy Bindi con la regionalizzazione, l’aziendalizzazione e un’ennesima riforma sanitaria: il suo mandato ministeriale, complice il suo forte carattere che le fruttò il titoto di “Lady di ferro”, non fu esente da polemiche potitiche e forti prese di posizione contrarie alle innovazioni da parte dei sindacati medici. Ora, sulla poltrona di Lungotevere Ripa è arrivata la quarta Signora, Livia Turco, 51 anni, diessina e già ministro delle Pari opportunità nei passati governo Prodi, D’Alema e Amato. I nodi che dovrà sciogliere sono tanti e, probabilmente, pochi invidiano il suo incarico. Il Ssn, riconosciuto come modello valido di assistenza anche dall’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), annaspa per carenza di finanziamenti, tanto che la situazione della sanità pubblica italiana è vicina a un punto di rottura. In più la devolution regionale ha tolto poteri al governo centrale a favore delle decisioni delle singole regioni. Inoltre molti contratti del settore attendono il rinnovo e a livello territoriale, complici le deospedalizzazioni precoci, mancano strutture adeguate. Da ogni parte sono arrivate a Livia Turco suggerimenti e auguri di buon lavoro. Ne ha certamente bisogno.
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