Martedì 11 Novembre 2014 Quotidianodipuglia.it
Due indagati e l’accusa di tentata estorsione per il rapporto di lavoro troncato con la biologa leccese al terzo mese di gravidanza. La storia è quella diventata un caso nazionale dopo il servizio andato in onda mercoledì scorso nella trasmissione “Le Iene”. La denuncia presentata in Procura nell’estate 2013 dalla 32enne Roberta Martignago (con l’avvocato Stefano Leuzzi) ha dato il via all’inchiesta che si è chiusa il 25 settembre scorso con l’avviso di conclusione delle indagini a firma del pubblico ministero Roberta Licci.
Gli indagati sono l’amministratore e il capo area dell’azienda farmaceutica “Lo.Li Pharma” di Roma: ora devono difendersi dalle accuse di essere ricorsi alle minacce per ottenere un “ingiusto profitto”. E, cioè, il denaro che avrebbero dovuto versare per garantirle le tutele previdenziali previste per la lavoratrice in stato di gravidanza. Le minacce sarebbero consistite nel richiedere la restituzione quei quasi 8.000 euro di anticipi sulle provvigioni per gli anni 2011-2013 per convincere la Martignago a presentare le dimissioni quando un anno e mezzo fa li informò di attendere un bambino.
Non se ne fece nulla e la biologa salentina si rivolse all’autorità giudiziaria con l’esposto. Sotto accusa sono Roberto Smargiassi e Daniele Scafora, rispettivamente 37 e 53 anni. Il primo è l’amministatore della “Lo.Li Pharma” ed è di Roma, l’altro è il capo area ed è di Napoli. Gli indagati sembrano intenzionati a voler mettere al corrente il magistrato delle loro verità senza attendere l’eventuale processo: appena messi al corrente dell’esistenza e delle conclusioni dell’inchiesta, hanno chiesto entrambi di essere interrogati alla presenza degli avvocati difensori Fulvio Pedone, Carlo Schiuma, Gioacomo Tutinelli e Rodolfo Capozzi.
I dialoghi avuti con la Martignano in cinque telefonate hanno, infine, costituito il cardine delle accuse. Tutte registrate dalla ex dipendente e tutte contenute nel dvd consegnato in Procura. Sia Smargiassi che Scafora le avrebbero consigliato vivamente di dare le dimissioni una volta messi al corrente dello stato di gravidanza. Diversamente, avrebbero rescisso il contratto di agente di vendita di prodotti farmaceutici nella provincia di Lecce. E – ironia della sorte – un prodotto per la fertilità. Cosa che, poi, fecero, perché intanto la Martignago non si dimise. E con una lettera le intimarono anche di restituire quasi 8mila euro di anticipi delle provvigioni.
Resta il nodo delle motivazioni del licenziamento. «Perché incinta», ha sempre sostenuto la biologa leccese anche davanti alle telecamere del programma “Le Iene”. Per altre ragioni, invece, sostengono dalla azienda farmaceutica: «La biologa è stata licenziata perché il rapporto di lavoro era diventato improduttivo».
Ma trattandosi di una collaboratrice esterna con partita Iva, alla Martignago spettavano, comunque, le stesse tutele previdenziale ed assistenziali previste nei rapporti di lavoro subordinato e chiarite del codice civile? Sì: a questa conclusione è arrivata l’inchiesta condotta dal pubblico ministero Licci con la sezione di polizia della Procura. Perché – dice l’accusa – il rapporto fra la biologa salentina e la “Lo.Li Pharma” si è protratto con continuità per due anni e mezzo, con una retibuzione mensile fissa composta da un minimo garantito, le provvigioni e l’anticipo di quest’ultime. Questioni che saranno affrontate anche dal giudice del lavoro.
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Licenziata perché incinta, la precisazione
In merito alla vicenda della biologa leccese”licenziata perché incinta” e dell’inchiesta aperta successivamente dalla Procura, riceviamo e pubblichiamo la rettifica chiesta dall’avvocato Rodolfo Capozzi, degale del dottor Roberto Smargiassi, dipendente della società Lo.Li pharma.Il mio assistito riscontrava incidentalmente, solo pochi giorni orsono l’articolo intitolato: «Licenziata perchè incinta, il caso a ”Le iene”. Ora indagati due dirigenti», ove è dato leggere, in riferimento alla vicenda relativa a un presunto tentitivo di estorsione ai danni della sig.ra Roberta Martignago attualmente all’attenzione della Procura della Repubblica di Lecce: «gli indagati sono l’amministratore e il capo dell’azienda farmaceutica ”Lo.Li.Pharma” di Roma… sotto accusa sono Roberto Smargiassi e Daniele Scafora, rispettivamente 37 e 53 anni. Il primo è l’amministratore della ”Lo.Li Pharma” ed è di Roma».
Ancora, nel suddetto articolo è dato leggersi che ”sia Smargiassiche Scafora le avrebbero consigliato (alla sig.ra Martignago, ndr) vivamente di dare le dimissioni una volta messi al corrente dello stato di gravidanza. Diversamente, avrebbero rescisso il contratto di agente di vendita di prodotti farnaceutici nella provincia di Lecce… cosa che, poi, fecero, perchè intanto la Martignago non si dimise. E con una lettera le intimarono anche di restituire quasi 8mila euro di anticipi delle provvigioni».
Ebbene, premesso che il mio patrocinato vada considerato esente da qualsivoglia responsabilità nell’ambito della summenzionata vicenda penale, non risponde a verità che egli sia «amministratore della ”Lo.Li. Pharma”», essendo solo dipendente della stessa Società a responsabilità limitata (a differenza della sig.ra Martignago), inquadrato nell’ufficio amministrativo, senza rivestire alcuna posizione apicale.
Non corrisponde, altresì, a verità che il mio cliente abbia «consigliato vivamente di dare le dimissioni» la sig.ra Martignago, invero procacciatrice d’affare della ”Lo.Li.Pharma S.r.l.” succitata, «una volta (messo al corrente) dello stato di gravidanza» in capo alla suddetta procacciatrice, per la quale – invece – appalesava sempre massimo rispetto e delicato tatto. E’ pure destituita di fondamento l’ulteriore circostanza per cui il mio assistito avrebbe «rescisso il contratto di agente di vendita (ovvero di procacciatrice di affari, ndr) di prodotti farmaceutici» e di avere intimato con lettera alla Sig.ra Martignago «di resistuire quasi 8mila euro di anticipi delle provvigioni».
A riguardo preme sottolineare come il mio cliente: non abbia mai «consigliato vivamente di dare le dimissioni» la Sig.ra Martignago, la quale, essendo legata alla Società da un rapporto contrattuale di procacciamento d’affari, non avrebbe potuto neanche rassegnarle, considerato che le dimissioni richiedano un rapporto di lavoro subordinato, invero insussistente; Non aveva all’epoca (e non ha tuttora) alcun poter di firma nell’ambito delle mansioni svolte nell’ambito della sopra citata Società, e comunque non redigeva nè sottoscriveva nè inoltrava le – pure più che legittime – missive a cui sopra si fa riferimento alla Sig.ra Martignago.