Parere favorevole, ma con sei osservazioni. Il ripiano degli sforamenti dei tetti di spesa a carico delle farmaceutiche tra le principali criticità segnalate. Pesano incertezza sugli importi e contenziosi con le aziende
La controversa partita del payback farmaceutico crea non pochi problemi alle Regioni. Per le troppe incertezze e per i 600 milioni di euro di entrate in meno. A dirlo è la Commissione Igiene e Sanità del Senato che, nella seduta di ieri, ha reso una parere favorevole al ddl Bilancio 2018, ma con alcune osservazioni.
I conti non tornano
Secondo i senatori della 12esima Commissione, l’articolo 41 della manovra “determina un disallineamento – al momento solo relativamente al triennio 2013-2015 – tra le previsioni complessive dei bilanci regionali in materia e le somme che effettivamente si incasseranno, con una conseguente minore entrata, pari a circa 600 milioni di euro”. Finora le somme recuperate per il periodo 2013-2015 ammontano a 762 milioni per il tetto della spesa farmaceutica ospedaliera e 120 milioni per il tetto della territoriale. Un totale di 882 milioni, in gran parte oggetto di contenzioso e comunque lontano dalle richieste complessive formulate inizialmente dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa): quasi un miliardo e mezzo di euro. Secondo il Servizio Bilancio del Senato, con gli accordi transattivi Aifa-Aziende si potranno recuperare al massimo 930 milioni di euro. Una cifra che meriterebbe ulteriori approfondimenti secondo la Corte dei Conti.
Bilanci e incertezze
A complicare il quadro, l’assenza dei dati ufficiali sul payback 2016, oggetto di “espressa previsione” nel ddl Bilancio, ricorda la 12esima Commissione. “E’ doveroso sottolineare – si legge nel parere – che la tempistica prevista dal disegno di legge per la definizione e l’erogazione del payback farmaceutico rischia di creare problemi alle regioni nella definizione dei bilanci, stante l’incertezza circa l’entità delle risorse rinvenienti dal rimborso delle aziende farmaceutiche (a tutti gli effetti da considerare tra le entrate regionali)”.
La governance non è solo payback
I ritardi e gli errori relativi al payback farmaceutico confermano – secondo la Commissione – che “esso non può considerarsi lo strumento unico della governance farmaceutica”. C’è sicuramente un problema di compatibilità della spesa, scrivono i senatori ricorrendo a un esempio: un trattamento oncologico a fine anni ’90 costava circa 4mila euro, mentre nel 2014 il costo di un trattamento con i nuovi farmaci sfiora i 50mila. Ma c’è anche un “problema di misurazione della qualità, dell’efficacia e dell’equità della spesa, che peraltro il provvedimento in esame (ddl Bilancio, ndr) comincia ad affrontare, nonché un problema ulteriore di tempi di ingresso dei nuovi farmaci, che in Italia è stimato in 482 giorni”.
Non solo farmaceutica
Spostando lo sguardo verso il sistema sanitario nel suo complesso, il parere della Commissione affronta il nodo risorse. La spesa sanitaria pubblica “andrebbe rivista al rialzo nell’ottica di garantire l’uniforme e completo accesso ai vecchi e nuovi livelli di assistenza”, scrivono i senatori. A rendere necessario l’aumento sarebbero soprattutto tre fattori che incidono sui bilanci regionali. Uno è il payback, con i 600 milioni di entrate in meno. Un altro è il taglio di 604 milioni a carico delle Regioni a statuto ordinario per effetto della norma di salvaguardia della legge di stabilità 2017. Infine il rinnovo dei contratti, che grava sulle Regioni per un miliardo e 300 milioni, di cui solo una parte è già stata accantonata.
Oltre a questi problemi, scrive la Commissione, la legge di Bilancio dovrebbe affrontare il problema dei vincoli alle assunzioni ancora presenti nel Servizio sanitario nazionale (Ssn), quello dello status dei ricercatori del Ssn, quello del superticket, di cui si suggerisce l’abolizione.
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