La vicenda di Roberta Martignago è balzata agli onori della cronaca grazie al programma ‘Le Iene’. Nei prossimi giorni comincerà il processo penale nei confronti del legale rappresentante e del capo area dell’azienda farmaceutica presso cui lavorava.
La 34enne di Cavallino Roberta Martignago, assistita dall’avvocato Anna Lisi, otterrà 12 mensilità a titolo risarcitorio, corrispondenti al primo anno di vita del suo bambino. Roberta, dunque, non sarebbe stata mandata via dall’azienda poiché ritenuta “improduttiva”.
Ad ogni modo, siamo di fronte ad una sentenza “anomala” destinata a fare giurisprudenza, poiché riconosce la discriminazione in un rapporto di lavoro autonomo. In effetti, il giudice del lavoro ha ritenuto non sussistere la “subordinazione” nei confronti di una nota azienda farmaceutica. Sostiene la dr.ssa Gustapane nella sentenza “non emergono gli indici propri della subordinazione individuati dalla giurisprudenza nella sottoposizione alle direttive ed al potere disciplinare del datore di lavoro, nell’obbligo di rispettare orari di lavoro predeterminati, nella utilizzazione dei mezzi e dei locali dell’impresa, nell’assenza di rischio per l’impresa“.
Il giudice nella stessa sentenza ha evidenziato un aspetto altamente significativo. Ha richiamato l’articolo 27 del Decreto Legislativo n. 198/2006 (Codice delle Pari Opportunità) che recita al comma 1 “È vietata qualsiasi discriminazione per quanto riguarda l’accesso al lavoro, in forma subordinata, autonoma o in qualsiasi altra forma, compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione, nonché la promozione, indipendentemente dalle modalità di assunzione e qualunque sia il settore o il ramo di attività, a tutti i livelli di gerarchia professionale anche per quanto riguarda la creazione, la fornitura di attrezzature o l’ampliamento di un’impresa o l’avvio o l’ampliamento di ogni altra forma di attività autonoma”; comma 2: la discriminazione di cui al comma 1 è vietata anche se attuata: a) attraverso il riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia o di gravidanza” .
Il giudice ha ritenuto, quindi, di dovere accogliere la domanda di risarcimento del danno, quantificandola nell’ammontare delle somme ricevute dalla ricorrente a titolo di anticipi provvisionali per i primi mesi del 2013, cui vanno aggiunte undici mensilità, per un importo complessivo di 16.500 euro.
Secondo quanto raccontato dalla 34enne al noto programma, all’epoca dei fatti era incinta di tre mesi e lo avrebbe comunicato nel corso di una telefonata al proprio capo area, il quale inizialmente si sarebbe anche congratulato con lei per il lieto evento. La mattina dopo, però, l’avrebbe richiamata, dicendole che l’azienda sarebbe rimasta spiazzata da quella comunicazione; non solo, “rimproverandola” di non aver mostrato la giusta «sensibilità» nei confronti dei suoi datori di lavoro. Un’ora dopo, la 34enne avrebbe parlato nuovamente col suo referente che le avrebbe ripetuto quanto affermato nel corso della prima telefonata. Questa volta, però, Roberta registra assieme al proprio compagno, la conversazione.
Nel corso de “Le Iene”, i responsabili della società farmaceutica avrebbero motivato la “scelta” del licenziamento con lo “scarso rendimento” della Martignago. La donna avrebbe replicato che, appena sei mesi prima dell’interruzione del rapporto di lavoro, le era stato concesso un aumento, in modo da portare gli importi degli anticipi sulle provvigioni a un accettabile stipendio.
I vertici dell’azienda, infine, avrebbero sottolineato come nella Regione Puglia si registrasse nell’ultimo periodo in cui lavorava la 34enne leccese, un calo della produttività dell’azienda. Anche su questo punto la replica della Martignago non si è fatta attendere. La 34enne sostiene, che se è vero che in alcune provincie pugliesi si era registrato un “calo” dovuto peraltro alla mancanza di agenti di vendita, nella zona di Lecce dove era impiegata, si riscontrava invece una crescita.
Come sostenuto nell’udienza preliminare dal difensore di Roberta, il suo capo area D. S. le avrebbe concesso 24 ore per rimettere il mandato, quando seppe che era incinta. In caso contrario, le avrebbe chiesto la restituzione di tutti gli anticipi sulle provvigioni. Davanti alla “resistenza” della propria collaboratrice, l’8 luglio 2013 la società romana avrebbe inoltrato la comunicazione di recesso unilaterale e in data 22 dello stesso mese, le mandò la richiesta di poco meno di ottomila euro (7.884,54), a titolo di restituzione anticipi provvisionali per gli anni 2011/2013.
Nella stessa udienza, è stato, invece, assolto il dipendente R. S., difeso dall’avvocato Fulvio Pedone, giudicato con il rito abbreviato. Questi rispondeva dello stesso capo di accusa degli altri. Il processo per i due imputati rinviati a giudizio comincerà nei prossimi giorni dinanzi al giudice monocratico dr.ssa Bianca Todaro della prima sezione del tribunale di Lecce.
Autore: Angelo Centonze
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Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151 -“Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternita’ e della paternita’, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53” – pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 96 del 26 aprile 2001 – Supplemento Ordinario n. 93