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Le industrie farmaceutiche europee a congresso: “Siamo il traino per rilancio economia europea”

Il settore sembra godere di ottima salute, dando lavoro in maniera diretta ad oltre 707 mila persone. Dal 2000 al 2014 sono quasi raddoppiati gli investimenti nel settore R&D e la produzione totale. Numeri che candidano l’industria farmaceutica a giocare un ruolo di traino nella crescita economica del Vecchio Continente. IL RAPPORTO EFPIA

03 giugno 2015 – il Farmacista on line

03 GIU – Inizia oggi a Lussemburgo il meeting annuae dell’Efpia (European Federation of Pharmaceutical Industries and Associations. Fondata nel 1978, l’EFPIA comprende 33 associazioni nazionali di industrie farmaceutiche e le 40 principali compagnie farmaceutiche impegnate nella ricerca, sviluppo e produzione di prodotti medicinali per uso umano in Europa.

Grazie ai progressi scientifici e tecnologici, la ricerca delle industrie farmaceutiche sta entrando in un’era importante per lo sviluppo di nuovi farmaci. Molte le novità che si prospettano in un orizzonte temporale assai vicino: dalle possibilità offerte dalla medicina personalizzata, alle potenzialità derivanti dal poter analizzare in tempi brevi delle grandi moli di dati. La ricerca delle aziende farmaceutiche va dunque di pari passo al progresso della medicina moderna, apportandovi importanti contributi. Il suo scopo è quello di tradurre la ricerca in trattamenti, da rendere rapidamente fruibili e accessibili ai pazienti.

E grazie ai progressi della medicina e delle terapie i cittadini della Comunità Europea oggi hanno un’aspettativa di vita di 30 anni superiore rispetto al secolo scorso e a migliorare non è solo la durata ma anche la qualità della vita. A contribuire all’abbattimento della mortalità sono state le scoperte rivoluzionarie nel campo biofarmaceutico ma anche i piccoli, numerosi passi fatti in tutti gli altri settori. Progressi che hanno avuto ricadute determinanti soprattutto sui pazienti con HIV/AIDS, ma anche in alcuni contesti oncologici. Secondo dati dell’ufficio regionale per l’Europa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dello European Centre for Disease Prevention and Control , ad esempio, i decessi correlati all’HIV/AIDS sono passati dai 4001 del 2004, ai 997 del 2013.

Sul fronte cardiovascolare, i farmaci antipertensivi e anti-colesterolo hanno contribuito notevolmente all’abbattimento della mortalità, mentre molti tumori possono essere oggi efficacemente controllati, se non addirittura curati, grazie ai nuovi trattamenti ‘a target’.

A fronte di tanti successi tuttavia, rimangono ancora delle aree con grandi unmet needs, in particolare nel campo dell’Alzheimer, della sclerosi multipla, di molte forme tumorali e delle malattie rare.

L’industria farmaceutica costituisce una voce importante non solo nel panorama medico-scientifico, ma anche in quello economico, rappresentando uno dei settori high-tech dalle performance migliori in Europa.

Questo settore dà impiego a circa 707.000 persone in Europa (di cui 110.000 persone in Germania, 93.200 in Francia, 73.000 in Gran Bretagna e 62.300 in Italia). Numeri in netta crescita rispetto all’inizio del secolo, quando si contavano 534.882 addetti. A queste cifre, già ragguardevoli, va aggiunto un indotto che porta a moltiplicare per 3-4 volte il numero di lavoratori occupati in maniera diretta o indiretta nel settore. All’interno della cifra totale, risulta importante anche la crescita delle unità lavorative impiegate nel settore Ricerca e Sviluppo, passate da 88.397 (2000) a 116.000 (2014), un importante contributo contro la ‘fuga di cervelli’.

Quasi raddoppiati inoltre nello stesso periodo gli investimenti nel settore R&D, passati da 17.849 a 30.500 milioni di euro (nello stesso periodo negli USA sono passati da 21.364 a 41.104 milioni di euro), mentre la produzione totale è cresciuta da 125.301 a 220.000 milioni di euro.

Un settore dunque in eccellente salute, che può giocare un ruolo critico nel trainare la crescita del vecchio continente e nell’assicurare una buona competitività in un contesto di economia globale.

Le criticità. Non mancano tuttavia le criticità. Questo settore – denuncia l’EFPIA – è stato pesantemente colpito dalle misure di austerità fiscale, imposte dai governi della maggior parte delle nazioni europee a partire dal 2010. E la concorrenza intanto incalza, in particolare nei Paesi ad economia emergente, quali Brasile, Cina e India; fenomeno questo che sta facendo progressivamente migrare una serie di attività economiche e di ricerca dalla vecchia Europa a questi mercati in rapida crescita. Così, nel 2014, i mercati brasiliano e cinese hanno fatto registrare una crescita del 12,6% e dell’11,6% rispettivamente, rispetto ad una crescita media del mercato europeo di appena il 2,4%, mentre quello stelle e strisce si è attestato su un solido 12,5%.

Nel 2014, gli Stati Uniti detenevano il primato del 44,5% delle vendite mondiali del mercato farmaceutico, contro il 25,3% dell’Europa. Secondo dati IMS Health, inoltre nel periodo 2010-2014, il 57% delle vendite relative a nuovi farmaci lanciati sul mercato sono state registrate negli USA, contro appena il 25% dell’Europa e il 7% del Giappone.

Mercato parallelo. La frammentazione del mercato farmaceutico europeo ha prodotto un mercato parallelo molto florido. Questo non rappresenta un vantaggio né per i pazienti, né per la social security – tuona l’EFPIA – e depriva l’industria di risorse, potenzialmente utilizzabili per il settore R&D. Nel 2013 il valore del mercato parallelo veniva stimato nell’ordine dei 5.437 milioni di euro. Questo fenomeno è particolarmente rilevante in Danimarca e in Svezia dove rappresenta rispettivamente il 24,1% e il 21,3% delle vendite farmaceutiche totali.

Ricerca e sviluppo. L’arrivo di qualsiasi nuovo farmaco sul mercato europeo – ricordano le industrie farmaceutiche – è frutto di un percorso assai lungo, costoso e rischioso. In media, dal momento della sintesi di un nuovo principio attivo, al suo lancio sul mercato, trascorrono infatti 12-13 anni e il costo in R&D di una nuova entità chimica o biologica si aggira sui 1.172 milioni di euro.  Ai 10 anni di R&D, vanno aggiunti almeno 2-3  anni di procedure burocratico amministrative e in media solo 1-2 su 10.000 sostanze sintetizzate in laboratorio riescono a superare tutti gli step necessari per diventare un farmaco con dignità di mercato.
Nel periodo 2010-2014 l’Europa ha prodotto 73 nuove entità chimiche o biologiche, contro le 83 degli USA e le 29 del Giappone.
Protagonisti della R&D in Europa sono Germania (6.063 milioni di euro), Svizzera (5.048), Gran Bretagna (4.807) e Francia (4.789). L’Italia contribuisce con un investimento di 1.120 milioni di euro.
Secondo dati EUROSTAT, l’industria farmaceutica è il settore high tech col maggior valore aggiunto per persona impiegata, oltre ad essere il settore con il più elevato rapporto investimento in R&D/vendite.

Il mercato del farmaco. Il mercato mondiale del farmaco aveva nel 2014 un valore stimato intorno a 651.500 milioni di euro; sono gli Stati Uniti a detenerne la fetta più consistente (44,5%), distaccando notevolmente Europa (176.758 milioni di euro) e Giappone. I margini di distribuzione, in genere definiti dai governi locali e la percentuale di tasse sul valore aggiunto (VAT), differiscono in maniera significativa da una nazione all’altra in Europa. Si va dal 25% di VAT sui farmaci in Danimarca e Norvegia, allo 0% di Malta; Gran Bretagna e Svezia non tassano i farmaci etici ma impongono rispettivamente il 25 e il 20% di VAT sugli OTC. In media comunque almeno un terzo del prezzo al dettaglio di un farmaco va ai distributori (farmacisti e grossisti) e allo Stato.

I mercati del farmaco europei più interessanti sono la Germania e la Francia (rispettivamente 26.960 e 26.744 milioni di euro), seguiti dall’Italia con un mercato stimato intorno a 20.941 milioni di euro.

Generici. Il mercato dei generici è decisamente più frizzante nei nuovi Stati Membri UE, che storicamente hanno bassi livelli di protezione della proprietà intellettuale. Così i generici occupano il 54,8% del mercato polacco, il 45,9% di quello lituano e il 45% di quello croato. Importante lo share dei generici anche nel mercato italiano (41,5%). Le percentuali di mercato più basse si registrano invece in Svizzera (11,5%), Olanda (12,7%), Belgio (14,6%), Grecia (15,1%).

Import-export nel mercato del farmaco. I maggiori esportatori di farmaci sono la Germania (56.952 milioni di euro), la Svizzera (46.934 milioni di euro) e il Belgio (36.789 milioni di euro). Ad importare farmaci dagli altri Paesi sono soprattutto Germania (35.243 milioni di euro), Belgio (30.918 milioni di euro) e la Francia (22.418 milioni di Euro). L’Italia esporta farmaci per 18.777 milioni di euro e ne importa per 18.792 milioni di euro, con un sostanziale equilibrio della bilancia commerciale.

L’Europa esporta farmaci soprattutto in USA (30%) e Svizzera (10,9%), ma ne importa anche soprattutto dagli USA (37,8%), Svizzera (35,5%).

Farmaci e spesa sanitaria. I farmaci rappresentano solo una piccola parte della spesa sanitaria, in media il 16,9% in Europa. Ma nel caso di patologie costose, quali artrite reumatoide e tumori, i farmaci rappresentano meno del 10% della spesa totale per queste patologie e possono anzi generare risparmi, riducendo il numero delle giornate di ricovero e della spesa sanitaria a lungo termine. I farmaci innovativi infine, secondo le stime di Lichtenberg  (Lichtenberg, F: Pharmaceutical innovation and longevity growth in 30 developing OECD and high-income countries, 2000-2009; 2012), hanno contribuito ad aumentare l’aspettativa di vita di 1,74 anni, nel periodo compreso tra il 2000 e il 2009.

Maria Rita Montebelli

 

Redazione Fedaisf

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