La riduzione delle disuguaglianze, sociali e territoriali, è uno dei principi cardine del nostro welfare sanitario. Ma anche i vincoli di finanza pubblica hanno acquisito nel corso degli anni sempre maggiore importanza, fino a stabilire che i volumi di assistenza erogati debbano essere compatibili con le risorse assegnate.
La dinamica della sopravvivenza, tra il 2005 e il 2016, dimostra che tali divari sono persistenti, in particolare Campania, Calabria, Sicilia, Sardegna, Molise, Basilicata, Lazio, Valle d’Aosta e Piemonte restano costantemente al di sotto della media nazionale. Tra queste la Campania, la Calabria e la Sicilia peggiorano addirittura la loro posizione nel corso degli anni. Per contro, quasi tutte le regioni del Nord, insieme ad Abruzzo e Puglia, sperimentano, stabilmente, una aspettativa di vita al di sopra della media nazionale (cfr Graf.1).
Scendendo nel dettaglio territoriale, il dato sulla sopravvivenza mette in luce l’enorme svantaggio delle province di Caserta e Napoli che hanno una speranza di vita di oltre 2 anni inferiore a quella nazionale, seguite da Caltanissetta e Siracusa che palesano uno svantaggio di sopravvivenza di 1,6 e 1,4 anni rispettivamente. Le Province più longeve sono quelle di Firenze, con 84,1 anni di aspettativa di vita, 1,3 anni in più della media nazionale, seguite da Monza e Treviso con poco più di un anno di vantaggio su un italiano medio.
Non meno gravi i divari sociali di sopravvivenza, in Italia, un cittadino può sperare di vivere 77 anni se ha un livello di istruzione basso e 82 anni se possiede almeno una laurea; tra le donne il divario è minore, ma pur sempre significativo: 83 anni per le meno istruite, circa 86 per le laureate.
Anche le condizioni di salute, legate alla presenza di cronicità, denunciano sensibili differenze sociali, nella classe di età 25-44 anni la prevalenza di persone con almeno una cronica grave è pari al 5,8% tra coloro che hanno un titolo di studio basso e al 3,2% tra i laureati. Tale gap aumenta con l’età, nella classe 45-64 anni, è il 23,2% tra le persone con la licenza elementare e l’11,5% tra i laureati.
I divari di salute sono particolarmente preoccupanti quando sono cosi legati allo status sociale, poiché i fattori economici e culturali influenzano direttamente gli stili di vita e condizionano la salute delle future generazioni.
Alle disuguaglianze di salute si affiancano quelle di accesso all’assistenza sanitaria pubblica, si tratta delle rinunce, da parte dei cittadini, alle cure o prestazioni sanitarie a
In conclusione, è opinione dell’Osservatorio che il quadro presentato, più che un reale problema di sostenibilità economica3, rappresenti un elemento di preoccupazione per la sostenibilità politica del nostro Servizio sanitario nazionale, poiché i persistenti divari sociali che lo caratterizzano potrebbero far vacillare il principio di solidarietà che ispira il nostro welfare, contrapponendo gli interesse delle fasce di popolazione insofferenti per la crescente pressione fiscale, a quelli delle fasce sociali più deboli che sperimentano peggiori condizioni di salute e difficoltà di accesso alle cure pubbliche. Per questi motivi sarebbe auspicabile rivedere i criteri di esenzione dalla compartecipazione alla spesa sanitaria e di accesso alle cure e intensificare gli sforzi per combattere l’elevata evasione fiscale che attanaglia il nostro Paese e mina la sostenibilità dell’intero sistema di welfare state.
Estratto da “Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane”
Marini (ACOI), divario Nord-Sud inaccettabile Ssn va riformato
È indispensabile ridurre il divario Nord-Sud e standardizzare il livello e la qualità delle prestazioni sanitarie nelle regioni. I dati dell’Osservatorio Nazionale della Salute nelle Regioni Italiane certificano quanto Acoi segnala da anni: l’esistenza di venti, anzi ventuno,
Sarebbe determinante e ne stiamo discutendo da anni, riformare il Titolo V della Costituzione, maggiore causa di sprechi e inefficienze, di mancata crescita e standardizzazione dell’accesso alle cure su tutto il territorio.
Auspichiamo che il nuovo governo e il nuovo parlamento rispondano all’alert inviato dai pazienti, dalle società scientifiche, dalle professioni sanitarie, facilitando finalmente un percorso virtuoso che permetta alla nostra sanità di essere sostenibile, ai nostri professionisti di formarsi e crescere correttamente e ai pazienti di avere un corretto accesso alle cure a tutte le latitudini del nostro territorio”.
Lo afferma il presidente Acoi (Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani) Pierluigi Marini.