La farmacéutica Novartis donará 130 millones de dosis de droga contra la malaria si se confirma que es efectiva contra el coronavirus
La donazione dipenderà dai risultati di numerosi studi attualmente in corso per determinare l’utilità dell’idrossiclorochina nella lotta contro la malattia. Diverse aziende del settore hanno fatto annunci simili
Infobae – Sábado 21 de Marzo de 2020
La società farmaceutica svizzera Novartis ha annunciato venerdì che donerà sufficienti dosi di idrossiclorochina, un farmaco antimalarico, per curare diversi milioni di pazienti nella lotta contro il coronavirus. La decisione è
subordinata alla conferma che sia in grado di prevenire o mitigare la gravità della malattia.
Non ci sono ancora vaccini o trattamenti approvati per la malattia, ma attualmente l’Università del Minnesota, negli Stati Uniti, sta sviluppando un test su 1.500 persone per confermare se l’idrossiclorochina può prevenire o ridurre la gravità del COVID- 9.
Inoltre, altri due studi stanno studiando il farmaco usato contro la pressione arteriosa losartan come possibile trattamento per COVID- 19.
Novartis produce il farmaco antimalarico, che viene anche utilizzato per il trattamento del lupus e dell’artrite reumatoide, negli Stati Uniti. Il suo piano è di donare 130 milioni di dosi del farmaco, e per questo è in trattative per ampliare il suo uso contro il coronavirus con l’autorità regolatoria degli stati Uniti, la Food and Drug Administratiom. “Novartis sostiene gli sforzi delle sperimentazioni cliniche in corso e valuterà le esigenze di ulteriori sperimentazioni cliniche”, ha dichiarato la società in una nota.
“Novartis sostiene gli sforzi delle sperimentazioni cliniche in corso e valuterà le esigenze di ulteriori sperimentazioni cliniche”, ha dichiarato la società in una nota. La società svizzera ha in magazzino 50 milioni di dosi e spera di produrne altri 80 milioni entro la fine di maggio per la sua donazione. Le donazioni possono essere sufficienti per trattare diversi milioni di pazienti, a seconda del numero di dosi richieste.
Nel frattempo, l’American Society of Health System Pharmacists (ASHP) ha aggiunto l’idrossiclorochina al suo elenco di farmaci carenti questa settimana. Quattro degli otto produttori del farmaco hanno scorte limitate. La società farmaceutica Bayer AG ha anche affermato che ha donato al governo degli Stati Uniti tre milioni di compresse di Resochin, simile all’idrossiclorochina, per un possibile uso contro il coronavirus.
Mylan NV ha anche affermato giovedì che stava aumentando la produzione del farmaco e spera di essere in grado di iniziare a fornirlo più ampiamente a metà aprile. Hanno riferito che con le materie prime a portata di mano, è possibile produrre 50 milioni di compresse per curare potenzialmente più di 1,5 milioni di pazienti.
Infine, Teva Pharmaceuticals Industries Ltd. ha dichiarato giovedì che donerà più di sei milioni di dosi di compresse di idrossiclorochina solfato.
Il nuovo coronavirus ha causato finora almeno 11.129 decessi in tutto il mondo da quando è apparso a dicembre, secondo un bilancio stabilito dall’AFP sulla base di fonti ufficiali, questo venerdì alle 9:00 GMT. Dall’inizio dell’epidemia, sono stati registrati oltre 258.930 casi di contagio in 6 paesi o territori.
Fonte delle informazioni da Reuters e AFP
Coronavirus: come si è arrivati alla sperimentazione della Clorochina
Il Chinese Clinical Trial Registry ha annunciato nelle scorse settimane l’avvio di una sperimentazione clinica con clorochina, un antimalarico dimostratosi efficace in vitro e su modelli animali contro numerosi virus tra cui il coronavirus della SARS, e del lopinavir/r, una combinazione di due farmaci precedentemente usata con successo contro un altro tipo di virus (HIV) ed utilizzata precedentemente durante l’epidemia di SARS che colpì la Cina nel 2003, e i primi risultati per quanto riguarda il primo farmaco sembrano incoraggianti, tanto che secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa cinese Xinhua gli esperti cinesi lo inseriranno nelle prossime linee guida per il trattamento del virus.
L’idea di usare la clorochina contro il coronavirus della SARS fu lanciata da Andrea Savarino, ora ricercatore dell’Istituto Superiore di Sanità, nel 2003 attraverso la rivista scientifica Lancet Infectious Diseases. L’ipotesi si basava su un’analisi della letteratura da cui si evinceva un effetto antivirale ad ampio spettro della clorochina. Inoltre quest’ipotesi teneva conto delle proprietà immunomodulanti del farmaco, usato talvolta con successo nel trattamento dell’artrite reumatoide.
L’anno successivo, dopo che l’epidemia di SARS si fu esaurita, il gruppo di Marc Van Ranst della Katholieke Universiteit Leuven (Belgio) dimostrò gli effetti inibitori della clorochina in vitro sul coronavirus della SARS. L’effetto fu poi confermato indipendentemente da altri gruppi di ricerca.
Nel 2009 sempre il gruppo del Prof. Van Ranst mostrò l’efficacia in vivo della clorochina, su un modello animale (topi infettati con un altro coronavirus). Il lopinavir/r fu saggiato empiricamente in pazienti con SARS da VCC Cheng et al. del Queen Mary Hospital di Hong Kong durante l’epidemia del 2003, i quali riportarono qualche beneficio nei pazienti trattati.
Questo farmaco appartiene alla categoria degli inibitori della proteasi di HIV, un enzima fondamentale per il taglio finale delle varie componenti virali. Il fatto che in seguito fosse stato dimostrato inibire anche una proteasi del virus della SARS fu piuttosto stupefacente, perché la proteasi di HIV e quelle dei coronavirus non condividono somiglianze strutturali.
L’idea di usare la clorochina in combinazione con lopinavir e ritornavir contro il coronavirus della SARS fu lanciata per la prima volta sempre da Savarino nel 2005, basandosi su osservazioni da lui precedentemente effettuate in cellule infettate con un virus di una famiglia diversa (HIV).
Il principio è che la clorochina mostra un effetto antivirale sinergistico con il lopinavir, a causa del fatto che i due farmaci somministrati insieme bloccano alcune pompe come la glicoproteina P, che attraversano la membrana delle cellule e che estrudono dalla cellula il lopinavir. Questo effetto permetterebbe una migliore penetrazione del farmaco nei tessuti. Dato che queste pompe di membrana sono ubiquitarie nei tessuti, si ipotizzò che questo effetto potesse anche sussistere nelle cellule che sono bersaglio dei Coronavirus.
La scorsa settimana è stato annunciato che la clorochina ed il ritonavir (una delle due componenti di lopinavir/r) hanno un effetto inibitorio sul nuovo coronavirus nCoV 2019, che condivide con il virus della SARS circa l’80% del genoma.
“Invito tutti alla massima cautela,” dichiara Andrea Savarino, “perché spesso effetti osservati in vitro ed in modelli animali non si rivelano poi riproducibili quando traslati all’uomo, e anche se i primi risultati sui pazienti sembrano positivi ci vorrà tempo per avere un’indicazione definitiva. Il sito web dove è stata annunciata la sperimentazione clinica purtroppo non riporta il dosaggio di clorochina cui verranno sottoposti i pazienti. Sulla base di una pregressa analisi della letteratura, raccomanderei un dosaggio di 500 mg al giorno di clorochina. Dosaggi inferiori di clorochina, almeno quando somministrata in monoterapia hanno una bassa probabilità di esercitare effetti antivirali ed immunomodulatori significativi, come emerge da precedenti analisi della letteratura“.
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Centro Studi Fedaiisf – Dossier COVID-19