Angelos Papadimitriou, ateniese, classe 1966, è entrato nell’élite dei top-manager dopo un master in business administration ad Harvard e dopo un brillante tirocinio negli Stati Uniti, in Spagna e in Italia. Dal giugno 2005 è presidente e amministratore delegato di GlaxoSmithKline SpA, assumendo in seguito, per il colosso farmaceutico GSK, la guida di tutto il Sud Europa. Vicepresidente di Confindustria Verona, dal 21 maggio è anche nella squadra del presidente nazionale Emma Marcegaglia in rappresentanza degli investitori esteri. In Confindustria da Verona a Roma. Che significato ha questo suo «viaggio»? La presenza di un rappresentante degli investitori esteri nel Comitato di presidenza di Confindustria, voluta dal presidente Emma Marcegaglia, vuole sottolineare l’importanza per la crescita economica dell’Italia degli investimenti in generale e dunque anche degli investimenti da parte delle aziende estere. In secondo luogo, questa presenza vuole costituire una finestra di Confindustria aperta sulla globalizzazione. Dobbiamo raccordarci come grandi aziende estere operanti in Italia con le grandi aziende italiane per capire come affrontare insieme i problemi del sistema e farci tutti insieme ambasciatori, in un’ottica costruttiva, di un’immagine positiva di questo Paese, perché questo è un interesse comune. Lavoreremo in questa direzione secondo gli obiettivi concreti che emergeranno nei prossimi mesi, dopo le prime riunioni del Comitato appena nominato. Questo è in linea, rappresenta lo sviluppo di quanto si è fatto e si sta facendo in Confindustria qui a Verona, nella squadra del presidente Gian Luca Rana di cui mi onoro di far parte. A Verona, sotto la leadership di Rana, si sta facendo un lavoro che reputo ottimo per la città e anche per Confindustria. Quali sono i problemi di un’azienda straniera in Italia? Il primo problema che incontriamo è la burocrazia, la complessità del sistema. Ma è un problema di tutti, delle imprese, non delle multinazionali. I nostri sono i medesimi problemi degli imprenditori italiani. Così anche le cose positive, che in Italia esistono, sono comuni a tutte le imprese. Il credito d’imposta per la ricerca, le misure del nuovo governo sul mercato del lavoro sono tra queste. Vorrei sottolineare in generale che nonostante le note difficoltà del sistema, il 75 per cento delle aziende estere è contento di avere investito e di operare in Italia, come ha mostrato il recente convegno di Verona "Attrazione Italia". La principale ragione è la competenza dei dipendenti e dei collaboratori italiani. Qui il lavoratore è innovativo, è flessibile, ha cultura, è dedicato, è produttivo. Lei cosa pensa della globalizzazione? La globalizzazione è un fenomeno in atto, la cui corsa non si può fermare. Il problema è la conformità delle regole, le regole uguali per tutti: dall’ambiente alla concorrenza alla sicurezza. Globalizzazione non deve significare assenza di regole, immunità di alcuni Paesi rispetto ad altri. Noi su questo terreno siamo forti come Europa, possiamo dare l’esempio e far sentire una voce autorevole. La globalizzazione è una grande opportunità per l’Italia e ha già provocato qui il fenomeno della nascita e del successo di numerose piccole aziende multinazionali, che hanno conquistato con dinamismo competenze e riconoscimento. Ovvio che vadano fatti certi conti interni al Paese: il peso delle pratiche burocratiche va snellito, è uno zaino che deve diventare più leggero. E poi bisogna investire sulle risorse umane. Sono le persone che globalizzano, che conquistano nuovi mercati. E non pensiamo che nella globalizzazione l’elemento vincente siano i costi bassi, le produz