La Giornata Parlamentare del 4 febbraio 2021
Draghi sale da Mattarella e accetta l’incarico con riserva
Quattro priorità: vincere la pandemia, completare la campagna vaccinale, offrire risposte ai problemi dei cittadini e rilanciare il Paese. Un metodo: dialogocon i partiti e le forze sociali. E infine uno strumento, la potenza di fuoco messa a disposizione dall’Europa, per ricostruire l’Italia dalle macerie della più grave recessione della sua storia. Sono da poco passate le 13.30 quando Mario Draghi annuncia dal Quirinale di aver accettato l’incarico, con riserva,offerto da Sergio Mattarella per formare un nuovo governo e in poche frasi disegna il manifesto per l’esecutivo che, se arriverà il via libera delle forze politiche, potrebbe nascere a breve. Draghi non minimizza ma nemmeno drammatizza, usa toni distesi, ripete per due volte la parola ‘fiducia’, condivide il richiamo all’unità invocato da Mattarella. “Il Presidente della Repubblica ha ricordato la grave crisi sanitaria con i suoi gravi effetti sulla vita delle persone, sull’economia e sulla società. La consapevolezza dell’emergenza richiede risposte all’altezza della situazione”, premette. La pandemia è ancora il nemico, la campagna di vaccinazione procede lenta, la crisi economica stringe e quella sociale, senza interventi seri, è già annunciata. Ma “abbiamo a disposizione le risorse straordinarie della Ue, abbiamo l’opportunità di fare molto per il nostro Paese con uno sguardo attento al futuro delle giovani generazioni e al rafforzamento della coesione sociale”, continua l’ex numero uno di Francoforte che mescola realismo e speranza, rispetto per i partiti e le forze sociali, attenzione ai giovani e alla tenuta sociale.
Poi l’appello alle forze politiche: “Con grande rispetto mi rivolgerò innanzitutto al Parlamento, espressione della volontà popolare”, dice ai partiti, divisi, provati da settimane di veleni e usciti ancora più indeboliti da una crisi senza sbocco. “Sono fiducioso che dal confronto con i partiti e i gruppi parlamentari e dal dialogo con le forze sociali emerga unità la capacità di dare una risposta responsabile e positiva all’appello del Presidente della Repubblica”, rassicura Draghi. Dopo il Quirinale, come da prassi, Draghi va da Roberto Fico ed Elisabetta Casellati, presidenti di Camera e Senato. Poi, con un gesto molto meno consueto anzi assolutamente unico, il presidente incaricato è andato a palazzo Chigi a trovare il suo predecessore Giuseppe Conte, con cui ha avuto un faccia a faccia di un’ora e un quarto. Poi ancora a Montecitorio per concordare i dettagli logistici delle consultazioni. Da oggi l’ex presidente della Bce inizierà gli incontri con le forze politiche, a partire dal primo pomeriggio, per poi tornare al Quirinale, sciogliere la riserva, giurare e presentarsi alle Camere per chiedere la fiducia.
Draghi punta a governo di tecnici ma è pressing per i politici
Il programma c’è, dettato dalle emergenze del Paese. La sfida è il rilancio dell’economia e l’uscita dalla pandemia e Mario Draghi è persuaso che troverà in Parlamento l’unità necessaria ad affrontarle. Dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha avuto carta bianca e tutto il tempo necessario a formare il suo governo. Ma se c’è chi ipotizza il giuramento già nel fine settimana, c’è anche chi non esclude servano due giri di consultazioni per comporre il difficile intreccio tra maggioranza parlamentare e formazione della squadra di ministri. L’ex presidente della Bce avrebbe in mente un Cdm composto da tecnici di alto profilo ma il pressing dei partiti della ex maggioranza è fortissimo perché sia tecnico-politico, sul modello Ciampi: solo così, fanno sapere i pentastellati più dialoganti che ipotizzano anche un ingresso diretto dei leader politici, il M5S potrebbe dire di sì. A verbale lascia la dichiarazione pronunciata al Quirinale, che è già un programma politico, ma nulla di più, non un a margine, non un tweet. Dalle consultazioni con i partiti, che potrebbero essere affiancate da colloqui con i rappresentanti delle parti sociali, emergerà la sua maggioranza. Di sicuro, sottolineano al Quirinale, sarà il governo di Draghi, non quello di Mattarella: il presidente della Repubblica, che con la sua decisione di affidare subito l’incarico avrebbe spiazzato tutti, non gli ha dettato paletti, non gli ha indicato un perimetro. Sarà l’ex governatore e presidente della Bce a valutare quale sarà la formula in grado di dargli una maggioranza ampia e unitaria.
Una squadra di tecnici di alto profilo sarebbe la scelta in grado di garantire a Draghi la più ampia autonomia e anche, in ipotesi, il sostegno più ampio, se la Lega rompesse gli indugi e virasse verso l’astensione. Ma il nodo è il M5S, che conta quasi 300 parlamentari: la condizione che alcuni big pentastellati considerano irrinunciabile per farli virare sul voto di fiducia, è un governo politico, con Draghi premier e dentro ministri politici. È lo schema cui lavora anche il Pd: si ipotizzano conferme per nomi come Dario Franceschini, Lorenzo Guerini, Francesco Boccia, e la parte dialogante di Leu. Una delle ipotesi è che entrino i leader, dall’uscente Conte agli esteri a Luigi Di Maio, per il resto si parla anche di Andrea Orlando e Roberto Speranza. La controindicazione è che la maggioranza in Parlamento sarebbe quella potenziale dell’ultimo governo Conte (con defezione di una piccola parte del M5S) e a quel punto è infatti difficile che possa entrare anche Forza Italia. La “maggioranza Ursula” da Leu a Fi sarebbe più facile per gli azzurri se i politici restassero fuori dal governo, almeno fuori dalle caselle di ministri. Un governo tecnico, secondo fonti di centrodestra, potrebbe spingere a una forma di sostegno (magari con astensione) anche della Lega, dov’è forte la pressione dei draghiani come Giancarlo Giorgetti. Draghi sarà in ogni caso un premier pesante ma una squadra di non politici gli darebbe più libertà di manovra e autonomia rispetto ai partiti; di sicuro dovrebbero essere affidati a tecnici ministeri cruciali come l’Economia, dove dovrebbe arrivare un nome di fiducia di Draghi come Daniele Franco, mentre Roberto Gualtieri potrebbe correre da sindaco di Roma. Alla Giustizia si parla di Marta Cartabia e Paola Severino, all’Interno potrebbe essere confermata Luciana Lamorgese.
Il Pd cerca l’unità su Draghi e rilancia l’alleanza con M5S e Leu
Convergere, per responsabilità, su Mario Draghi ma non rompere l’alleanza con il Movimento 5 stelle e Leu. È questa la partita che il Pd, fallito il tentativo di dar vita al Conte ter, intende giocare. La linea, all’interno della war room del Nazareno è chiara e inizia a tratteggiarla Andrea Orlando: vanno evitati “gli errori del passato”, dice riferendosi al Governo tecnico guidato da Mario Monti che costò caro ai Dem, “Non basta dire c’è Draghi, viva Draghi”, spiega, serve piuttosto “una convergenza sul programma” e, in ogni caso, non dipende tutto dal Pd, che in Senato “pesa per l’11%”. La decisione verrà presa “anche in relazione a quello che fanno le altre forze politiche”, Nicola Zingaretti lo dice chiaro: con l’incarico a Mario Draghi “si apre una fase nuova”, che può portare il Paese “fuori dall’incertezza”; in ogni caso, però, “non bisogna perdere la forza e le potenzialità” del “patrimonio unitario” costruito con M5Se Leu che rappresenta “l’unica alternativa” alla vittoria della destra.
Di qui la scelta di incontrare gli alleati, per cercare una convergenza possibile: per i Dem non sarebbe affatto facile dire sì a un Governo Draghi se il M5S alla fine decidesse di votare contro, soprattutto se la golden share sulla nascita del nuovo esecutivo l’avesse il centrodestra e i voti della Lega fossero determinanti. Dopo l’incontro, in realtà, le posizioni restano distanti, anche se Zingaretti registra la “positiva disponibilità di voler tenere aperta una prospettiva politica unitaria”. La mediazione è comunque in atto e Dario Franceschini si spende in prima persona: “Dico agli amici dei Cinque stelle: attenti, di fronte a problemi ancora più gravi, a non rovesciare le parti; attenti, di fronte a un richiamo come quello di Mattarella e alla disponibilità di una personalità come Draghi a non produrre un esito paradossale: la maggioranza che si spacca e la destra disponibile per senso di responsabilità”, avverte, dicendosi convinto del fatto che lo stesso Giuseppe Conte sarà “il primo e il più convinto sostenitore” del premier incaricato.
Il M5S tenta una manovra antiscissione: il governo Draghi dovrà essere politico
I vertici del Movimento 5 Stelle, in una giornata cruciale non solo per la loro posizione sul governo Mario Draghi ma anche per il loro futuro, provano a serrare i ranghi almeno fino alle consultazioni: “Se siamo compatti siamo determinanti”, è il mantra che circola tra i pentastellati. Ma l’atmosfera è tesissima e, sottovoce, si manifesta qualche malumore per la scelta solitaria del presidente Mattarella. La conduzione di Vito Crimi delle trattative per il Conte-ter è nel mirino e il futuro politico di Giuseppe Conte è un rebus che ora i Cinque Stelle vorrebbero sciogliere. La linea del premier dimissionario per ora resta un mistero, ma il destino e la posizione del capo del Governo uscente, tuttavia, sono in qualche modo determinanti, anche perché Beppe Grillo a qualche ministro del M5S avrebbe ribadito la necessità che il Movimento sia leale all’uomo scelto per Palazzo Chigi. L’avvocato del popolo, che avrebbe avuto anche contatti con il Quirinale, difficilmente parlerà fino alla conclusione delle consultazioni sciogliendo il nodo della sua linea; in molti affermano che la tentazione dell’ingresso in politica c’è, ma dove e come? Nell’assemblea fiume dei gruppi parlamentari del M5S a prevalere, per ora, è la linea del governo politico, l’unica che riesca garantire una labile compattezza, in nome della quale Crimi evoca perfino il voto su Rousseau.
La scissione è dietro l’angolo ma, al momento, non dovrebbe portare numeri molto corposi a favore di Draghi. Da “Parole Guerriere” ai governisti fino, ovviamente, ai “descamisados” guidati da Alessandro Di Battista, c’è un filo rosso che punta, innanzitutto, a far contare la propria forza numerica nelle Camere. Il resto, tuttavia, è avvolto nella nebbia, a cominciare dal futuro stesso del Movimento, sulla cui leadership pende l’ombra di una dicotomia tra Luigi Di Maio e lo stesso Giuseppe Conte. La confusione cresce se si pensa al bivio, legato a doppio filo con la posizione su Draghi, che attende il M5S: quello di un’alleanza organica con Pd e Leu o quello di correre da soli. A prevalere sembra la prima opzione e l’incontro dei vertici dei tre partiti dell’ex maggioranza è accolto con soddisfazione tra i pentastellati: “Stringiamo l’alleanza ed escludiamo definitamente Matteo Renzi”, è la linea che filtra da diverse fonti parlamentari del Movimento. Ma, se il Pd appoggiasse Draghi e il M5S no, non sarebbe facile tenere insieme la coalizione; di più, Alessandro Di Battista, inevitabilmente, tornerebbe nell’agone pentastellato da protagonista.
Al Senato
A causa dell’apertura della crisi di Governo, nella giornata di oggi e per tutto il resto della settimana l’Assemblea del Senato non si riunirà e sarà convocata a domicilio. Per quanto riguarda le Commissioni, la Bilancio, in sede riunita con la Politiche dell’UE, nell’ambito dell’esame del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ascolterà il vice ministro dell’economia e delle finanze Antonio Misiani, i rappresentanti di Abi, Confindustria, Cnel, Assonime, Istat e Svimez.
Alla Camera
A causa dell’apertura della crisi di Governo, nella giornata di oggi e per tutto il resto della settimana l’Aula della Camera non si riunirà e sarà convocata a domicilio. Per quanto riguarda le Commissioni, la Affari Costituzionali, con la Bilancio, esaminerà il cosiddetto decreto proroga termini. La Esteri con la Politiche dell’Ue, ascolterà l’Ambasciatore del Portogallo in Italia Pedro Nuno Bártolo sulle priorità del semestre di Presidenza portoghese del Consiglio dell’Unione europea (gennaio – giugno 2021). La Bilancio svolgerà le audizioni sulla Proposta di Piano Nazionale di ripresa e resilienza. Nello specifico, con la Trasporti ascolterà i rappresentanti di Rete Ferroviaria Italiana (RFI), con l’Ambiente il Commissario straordinario per la ricostruzione del sisma 2016 Giovanni Legnini e rappresentanti delle Regioni del Centro Italia colpite dal sisma del 2016, di Anas, ANCE, Re Mind Filiera Immobiliare, Confedilizia e Alleanza Italiana Sviluppo Sostenibile (ASVISS). La Ambiente con la Trasporti proseguirà le audizioni sul decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per l’individuazione degli interventi infrastrutturali. La Trasporti svolgerà diverse audizioni sul Recovery paln, così come anche la Lavoro. NOMOS