Cari colleghi, ho letto con curiosità l’articolo pubblicato dal giornale online www.ilcapoluogo.com dell’Aquila dal titolo "Il presidente di Farmindustria Sergio Dompé licenzia i terremotati".
La notizia è stata pubblicata su tale giornale riprendendo una nota della UGL e cosa ancor più strana non dai sindacati della Triplice. Non vi nascondo che leggendo l’articolo il mio sdegno è cresciuto oltre misura anche perché ricordo ancora le immagini televisive del dopo terremoto in quel 25 Giugno 2009 durante il quale alla presenza, tra gli altri, del Presidente del Consiglio Berlusconi, della Presidente di Confindustria Marcegaglia, della Presidente della Provincia e del Sindaco dell’Aquila Cialente, il Presidente di Farmindustria Dottor Dompè effettuò bei discorsi di solidarietà e sostegno del territorio durante l’assemblea pubblica di Farmindustria e durante la trasmissione Porta a Porta.
Scoprire ora invece che questo teatrino televisivo e mediatico era solo di facciata indubbiamente permette di vedere di quale pasta siano i cosiddetti manager del settore farmaceutico.
Alcuni passaggi sono veramente illuminanti e non bisognano di alcun commento.
“E’ bene ricordare che l’azienda si è insediata a L’Aquila nel 1993 usufruendo dei finanziamenti per le aree del mezzogiorno e oggi questa operazione di ristrutturazione, che sta provocando la perdita di molti posti di lavoro, passa completamente inosservata dalla nostra classe politica. L’operazione è stata abilmente spalmata in più anni e ogni step della stessa registra un calo di forza lavoro.
La cosa non desta scalpore perché 5 persone per volta non richiamano l’attenzione dei nostri politici, ma il risultato è che una delle più grandi risorse di questa città ci sta abbandonando e nessuno dice nulla".
"La Dompé ha iniziato un processo di ristrutturazione, che, nel giro degli ultimi 3 anni ha decimato il centro ricerche dell’Aquila portandolo quasi alla chiusura. Prima del sisma è stato chiuso il reparto di Farmacologia e servizi. Dopo il terremoto il reparto dei chimici, in esilio forzato per l’inagibilità dei laboratori, ha rischiato di non rientrare a L’Aquila in quanto l’azienda voleva sottoscrivere un accordo con una società di Milano che avrebbe riassorbito il personale.”
Penso che sia chiara la politica farmaceutica in Italia. Si arriva in contesto, se ne succhiano tutte le energie vitali e poi quando viene il momento vero di essere imprenditori, ci si scorda del passato,di quanto si è avuto e amici come prima. Insomma “Mazziati e Cornuti” come si dice a Napoli. E ci stupiamo poi che la GSK voglia chiudere ?
Se i primi a dare esempi negativi sono gli industriali italiani ed i vertici di Farmindustria quali altri politiche possono sviluppare in Italia le Multinazionali ?
Occorre un mea culpa istituzionale,non si possono gettare al vento migliaia di euro senza la sicurezza di un ritorno occupazionale,di ricerca e sviluppo in Italia. E’ giusto che anche le istituzioni che gestiscono i soldi della comunità vedano oltre la punta del loro naso. Altrimenti,quei bei soldoni e tutti quelle belle agevolazioni alle industrie farmaceutiche potrebbero essere gestite in maniera diversa e forse anche in maniera più produttiva agevolando ad esempio la formazione di aziende cooperativistiche di isf ora disoccupati o alleggerendo le tasse degli italiani colpiti sia dal sisma c
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