Il risultato è emerso da un sondaggio condotto in 67 paesi per verificare la percezione dell’opinione pubblica su sicurezza ed efficacia dei vaccini. Ben sei paesi europei si piazzano tra i dieci più scettici del mondo, mentre i più fiduciosi sono i paesi del Sudest asiatico
12 settembre 2016 – Le Scienze
Grandi risultati sono stati ottenuti anche con malattie come morbillo, pertosse ed epatite B, di cui è stata ridotta fortemente l’incidenza, tanto da creare, soprattutto in Occidente, un movimento di opinione secondo cui il rischio di malattia e di morte sarebbe ormai talmente basso da non giustificare i rischi spesso ingigantiti da voci non controllate che non hanno fondamento scientifico. L’effetto paradossale è che malattie evitabili sono tornate a colpire con una virulenza inattesa.
Emblematico è il caso del morbillo, malattia con una mortalità limitata allo 0,1-0,2 per cento dei soggetti colpiti, ma che può arrivare al dieci per cento nei bambini denutriti. Prima che si rendesse disponibile il vaccino a partire dagli anni sessanta, ciò significava globalmente 7-8 milioni di decessi infantili ogni anno. Proprio grazie alla diffusione dei vaccini, queste cifre di mortalità si sono molto ridotte col passare dei decenni: circa 630.000 nel 1990 e 158.000 nel 2011. Eppure nel 2015 si è verificata un’epidemia negli Stati Uniti in una popolazione con una immunità ridotta proprio a seguito di campagne di opinione contrarie alle vaccinazioni. Risultato: una donna morta per l’infezione.
Questi fenomeni hanno così riproposto all’attenzione delle autorità sanitarie di tutto il mondo la necessità di mantenere un’adeguata copertura vaccinale per le malattie evitabili. Per ottenerla, tuttavia, è necessario
l’accordo di una parte significativa della popolazione. Il problema attuale è che una parte dell’opinione pubblica si dichiara diffidente, se non apertamente contraria, nei confronti dei vaccini, per motivi di sicurezza.
La sorpresa è che la vecchia Europa piazza ben sette nazioni – Francia, Russia, Grecia, Armenia, Ucraina, Slovenia e Bosnia-Erzegovina – nella classifica delle dieci più scettiche. Oltralpe, la percentuale di interpellati che non è d’accordo sul fatto che i vaccini siano sicuri arriva al 41 per cento, in Bosnia-Erzegovina al 36 per cento, in Russia al 28 per cento e in Mongolia al 27 per cento, mentre la media globale è del 12 per cento.
L’Italia si colloca decisamente dalla parte degli scettici: il 20 per cento circa non è d’accordo sul fatto che i vaccini siano sicuri, il 17,6 per cento che siano efficaci, il 14 per cento che siano importanti. Il 17 per cento circa infine li ritiene contrari al proprio credo religioso. Quest’ultimo problema è particolarmente sentito in un paese a maggioranza buddista come la Mongolia, con una percentuale di contrari che supera il 46 per cento.
I dati disaggregati che riguardano le risposte alle singole domande dimostrano come sia variegata l’opinione pubblica. I francesi, nonostante le perplessità sulla sicurezza dei vaccini sembrano persuasi nella maggior parte dei casi della loro importanza sanitaria. In Bosnia-Erzegovina, invece, il 27,3 per cento del campione ha espresso un’opinione negativa anche sulla loro efficacia. In Russia, inoltre, il 17 per cento degli intervistati non ritiene che i vaccini siano importanti per i bambini.
Ma quali sono le ragioni di un così vasto fronte di scettici nei confronti dei vaccini? Oltre all’inesistente collegamento tra vaccini e autismo, che ha preso piede anche nel nostro paese pur essendo infondato dal punto di vista scientifico, gli autori riportano altri esempi di credenze diffusesi nell’opinione pubblica localmente. La Francia, per esempio, ha mostrato grande preoccupazione per l’ipotesi di una correlazione tra vaccino contro l’epatite B e insorgenza di sclerosi multipla, e per i possibili effetti collaterali, come l’astenia, nelle donne vaccinate contro il papilloma virus.
I risultati dello studio, sono un importante passo avanti nella conoscenza delle resistenze dell’opinione pubblica nei confronti dei vaccini, fondamentale a sua volta per poter programmare a livello nazionale le campagne vaccinali.
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