Roma – Sembra un periodo decisamente sfavorevole per le sperimentazioni dei farmaci: negli ultimi giorni ben quattro molecole molto promettenti sono state abbandonate perché poco efficaci o con effetti collaterali troppo grandi, a conferma della grande difficoltà nel passare dal laboratorio al letto del paziente.
L’ultima compagnia in ordine di tempo a dover abbandonare uno studio clinico è la Amgen, che pochi giorni fa ha annunciato l’interruzione della “fase 3” della sperimentazione di un farmaco per il tumore al pancreas in fase metastatica. Il Ganitumab, questo il nome del prodotto, «non ha mostrato effetti collaterali particolari», si legge in un comunicato della compagnia, ma non è stato in grado di migliorare la prognosi dei pazienti: «Dieci anni fa si pensava che farmaci come questo, che colpiscono un ormone chiamato fattore di crescita insulino simile, fossero la novità più interessante in oncologia – ha spiegato Leonard Saltz, ricercatore del Memorial Sloan-Kettering Cancer Center al New York Times – Ma di almeno 11 compagnie che avevano molecole simili a questa in sviluppo nessuna ha avuto risultati positivi».
Prima della Amgen erano state le compagnie Johnson&Johnson e Pfizer, all’inizio della scorsa settimana, a interrompere i test sul Bapineuzumab, un farmaco sviluppato congiuntamente che doveva fermare lo sviluppo dell’alzheimer in pazienti che avevano una forma lieve o moderata della malattia: anche in questo caso, a fare prendere la decisione sono stati gli scarsi risultati, anche se una sperimentazione su pazienti che invece non hanno ancora la malattia dovrebbe lo stesso avere luogo.
Pochi giorni dopo era stata la Merck ad annunciare che, per non meglio precisati «motivi economici>, lo sviluppo di un farmaco contro il colesterolo era stato interrotto.
A inaugurare questo “agosto nero” della ricerca, però, era stata la settimana prima la Britsol-Myers-Squibb, un’altra multinazionale farmaceutica, che aveva annunciato lo stop alla sperimentazione di un farmaco per la cura dell’epatite C: in questo caso non è stata la scarsa efficacia a fare prendere la decisione, ma il fatto che almeno uno dei pazienti sottoposti al trattamento ha avuto un problema c