Leggendo quanto sta accadendo nel settore farmaceutico si ha la sensazione netta di un momento particolarmente difficile dello stesso, di un momento cruciale di passaggio da un vecchio sistema ad uno nuovo e sconosciuto e per tale motivo mille domande sorgono spontanee alla fine di ogni notizia letta.
– Ma quando finirà questa mattanza degli isf ?
– Quale è il numero di isf che ogni azienda ritiene congrua secondo la propria visione manageriale ?
– Quali sono le future politiche farmaindustriali ?
Tutte domande lecite e alla quale però non si ottiene mai alcuna risposta ufficiale dalle aziende e dal loro management. Insomma per ovvi motivi si evitano di dare certe risposte scomode e magari anche problematiche e si va avanti nel silenzio e nell’incertezza.
La cosa anomala è che molti colleghi neanche si pongono certi problemi, preferiscono vivere alla giornata crogiolandosi nella loro "ignoranza" .
Proverò a delineare alcuni possibili scenari.
Il Mercato Italiano rappresenta ancora una realtà interessante (è ancora il 5 – 6 ° mercato mondiale) e quindi molte aziende per motivazioni diverse continuano ad essere presenti. Quello che differenzia le varie realtà aziendali sono le dimensioni delle aziende, la percentuale di fatturato effettuato in Italia e quello estero e la filosofia aziendale o di vecchio stampo oppure quella arrembante delle aziende quotate in borsa. Le aziende italiane mantengono ancora un numero importante di isf alla caccia probabile di quote di mercato da strappare a chi sta smobilitando, oppure semplicemente per lo spostamento prescrittivo da una azienda presente ad una assente o disinteressata a certi mercati.
Le multinazionali invece sembrano aver iniziato un percorso diverso. Hanno puntato ad un numero inferiore di isf, decimando di fatto le proprie linee e puntano ad una targhettizzazione esasperata dei medici, cercando di ottenere il massimo fatturato possibile da un numero estremamente basso di medici visitati. Comunque sia ,lo scenario futuro sembra prevedere ulteriori tagli occupazionali sia nelle aziende italiane finora immuni che in quelle multinazionali.
Non è mia intenzione effettuare critiche alle scelte di tutte queste aziende, ma comunque pur comprendendone la necessità di adeguarsi ad un diverso scenario non si riesce comunque a rispondere alle domande prima citate.
Se qualcuno volesse illuminarci sarebbe cosa gradita
Leandro Puliti
08.04.2010
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