Gli illustri avvocati Lorenzo Maratea e Maurizio Campagna replicano alla mia risposta,con un nuovo articolo si Quotidiano Sanità dal titolo “Informatore Scientifico del Farmaco. Perché è importante ‘ibridizzare’ la figura“.
Nella loro esposizione affermano che il Dr. Mazzarella non tenga conto di tre profili dell’ISF. Per primo citano l’art. 112 del D.Lgs. 219/06, ma l’articolo citato riguarda i prodotti omeopatici che non centrano nulla con il tema trattato. Probabilmente, per una svista, si riferiscono all’art. 113 che riguarda la definizione di pubblicità dei medicinali o molto più probabilmente, per un errore di battitura all’art. 122 in quanto, asseriscono, si parla di attività di “lavoro” degli ISF, senza alcuna qualificazione ulteriore.
In secondo luogo citano alcune sentenze di tribunali, la posizione assunta dalla Cassazione e da due sentenze di Corti di merito, una del 1985 e una del Trib. Milano, 30 dicembre 2015 che si sono pronunciate sulla autonomia del rapporto dell’informatore.
Terza citazione riguarda la prassi contrattuale a favore di un ISF-agente e di un ISF-procacciatore.
Affermano inoltre che la mia posizione “sarebbe condivisibile se la legge stabilisse a chiare lettere la necessaria natura subordinata dell’ISF, se univoca fosse la prassi contrattuale sviluppata dalle case farmaceutiche ed, infine, se consolidata fosse la giurisprudenza. Sfortunatamente, nessuna delle tre condizioni è oggettivamente presente. Da lì una proposta, la nostra, che, come tutte le proposte, non ambisce ad essere portatrice di verità, ma che sicuramente non sconta il limite di alcuna norma imperativa“.
L’ISF ibrido “avrebbe probabilmente il pregio di regolamentare in modo migliore l’attività che in molti casi viene svolta di fatto dagli ISF contemperando meglio la vocazione scientifica con il tratto commerciale che è proprio della propaganda, con positive ricadute anche sul piano della certezza dell’obbligazione contributiva“.
Ora è vero che l’art. 122 parla di lavoro, ma non senza alcuna qualificazione come asseriscono, parla di lavoro di Informatore Scientifica del Farmaco che deve essere alle dipendenze del servizio scientifico dell’azienda farmaceutica il quale deve essere indipendente dalla Direzione Marketing (art. 122 e 126). Dice proprio così la legge! Ancora una volta agli illustri avvocati è sfuggito questo particolare.
Parlano al secondo punto di Cassazione (?), di una sentenza di un Tribunale di Firenze del 1985, quando non c’era neanche il D.Lgs. 541, e di un tribunale milanese del 2015, dimenticando di citare la Cassazione con la sentenza 15 settembre 2014 n. 19394 in cui si dice testualmente che “va ricondotto ai canoni del lavoro subordinato il rapporto di colui che svolga prevalentemente l’attività di informatore medico-scientifico piuttosto che quella di agente di commercio“. Nessun accenno ai Regolamenti Regionali che impediscono di fatto proprio l’attività commerciale degli ISF
Terzo punto: la prassi. Che avrà anche valore dove non c’è una legge di merito, ma se c’è una legge deve essere “secondo legge”, non contra legem. Le prassi non costituiscono fonte di diritti e obblighi. Se la prassi è rubare nelle casse dello Stato, non è detto che sia ammissibile perché il “mariuolo” l’ha fatta franca.
Argomenti molto deboli che non rispondono ai nostri appunti. In sostanza affermano che la mia posizione è negatoria dell’esistenza del problema ISF. Noi non neghiamo affatto che esista il problema ISF, anzi facciamo di tutto per evidenziarlo. Solo che il suddetto problema non è quello che dicono loro e soprattutto non si risolve come dicono loro.
Il “problema ISF” è legato ad una questione etica, messa in discussione dall’aspetto contrattuale. Le aziende farmaceutiche producono e commercializzano un prodotto molto delicato, il farmaco appunto, rivolto al cittadino il quale lo usa in un momento particolare della sua vita, ossia quando non è in salute.
Con il D.Lgs 219/2006 il legislatore ha voluto responsabilizzare l’informatore scientifico riconoscendo in lui il delicato ruolo di congiunzione tra ricerca farmaceutica e medico il quale potrà scegliere con maggiore cognizione di causa il farmaco più utile per il suo paziente. In definitiva l’Informatore scientifico contribuisce a far rispettare il diritto alla salute del cittadino sancito dall’ART. 32 della Costituzione.
Se l’ISF è inquadrato commercialmente, e quindi pagato in percentuale alle scatole vendute, ha più interesse a fare volumi di vendita che portare al medico una giusta informazione sia sugli effetti benefici che sugli effetti collaterali del farmaco di sua pertinenza. Altro aspetto molto importante, e sempre sottovalutato, è la farmacovigilanza. L’ISF ha il compito, per legge e insieme al medico, di raccogliere le segnalazioni degli eventi avversi di cui ha notizia sia dal medico che, accidentalmente, nelle sale d’attesa dai pazienti. Se l’interesse di questo lavoratore è vendere, per quale motivo dovrebbe “rischiare” di gettare un’ombra sulla validità del prodotto che gli permette di mantenere una famiglia?
In conclusione, secondo il nostro modesto parere, l’ISF ibrido non solo non ha senso, ma si corre il rischio di renderlo dannoso per la comunità. Mentre, sempre secondo noi, un maggior rispetto della normativa vigente, ammesso che la si voglia interpretare nel modo corretto, permetterebbe all’ISF di aumentare la trasparenza in ambito sanitario ottenendo un altro effetto positivo che è il risparmio in quanto favorirebbe l’appropriatezza prescrittiva, tanto ricercata dagli amministratori della sanità.
Ci fa comunque piacere che ci sia, oggi, una maggiore attenzione sul tema “Informazione Scientifica”. Sarebbe stata più gradita anni fa quando si decise, per esigenze contingenti, di inquadrare questa figura professionale nel CCNL nell’ambito del marketing, creando la “prassi” di cui parlano gli esimi Avvocati. Ma non è mai troppo tardi per mettere riparo ai danni fatti.
Foggia, 13/09/2019
Dr. Antonio Mazzarella
Quotidiano sanità – 16 settembre 2019