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ISF e lo stress da sala d’attesa

Gli ISF nella loro attività devono affrontare varie situazioni stressogene, interne all’azienda per cui lavorano, ed esterne. All’interno dell’azienda possono essere oggetto di azioni sempre più pressanti (e illegali) di portare “risultati” di vendita, ad un controllo (sempre illegale) di un capo area che può anche essere asfissiante e che dipende da un settore che niente ha a che vedere con l’informazione scientifica. Devono sottostare ad analisi di dati vendita di natura statistica e non reale su cui non hanno nessuna possibilità di verifica e da cui dipende il loro futuro lavorativo. E per poter portare risultati si richiede loro di aumentare la media visite sui medici.

E qui subentra un altro aspetto critico che l’ISF deve affrontare: la sala d’aspetto del medico. È questo aspetto che affrontiamo in queste note.

È sempre più diffusa la mancanza di rispetto verso chi lavora. A seconda del servizio in questione, clienti, utenti, pazienti, studenti e relativi genitori finiscono per aumentare lo stress lavorativo con la loro scortesia.

Se chiediamo a un infermiere, a un assistente sociale, a un medico che fa le guardie serali o a un insegnante o a un Informatore Scientifico se è capitato loro di subire durante il lavoro atti di scortesia e maleducazione, commenti offensivi e talvolta minacciosi da parte dei pazienti, è molto facile ottenere risposte affermative. Non solo: emergono anche grande preoccupazione e insoddisfazione per il progressivo peggioramento del loro lavoro, che in larga parte è basato su rapporti interpersonali.

Del resto, negli ambulatori medici, nelle ambulanze, nei servizi sociali, nei servizi pubblici “di sportello” e nel mondo della scuola (a partire persino da quella primaria) ormai quotidianamente sono denunciati dalla stampa episodi di maleducazione, arroganza e mancanza di rispetto da parte di clienti, utenti, pazienti, studenti e rispettivi genitori.

Situazioni spiacevoli che spesso evolvono in conflitti, aggressioni verbali e addirittura in gravi forme di violenza fisica. Anche le nuove tecnologie comunicative tendono a favorire tali modalità di scambio irrispettoso tra professionista e utente, trasformando qualsiasi eventuale piccolo incidente in un’occasione di messa alla gogna del tutto ingiustificata.

Siamo di fronte all’inciviltà sul posto di lavoro, intesa come una deformazione dell’interazione professionale, caratterizzata da scorrettezze, villania, arroganza. Esse esprimono una sostanziale assenza di rispetto per il lavoro degli altri e un’incapacità di decentrarsi nella relazione con un professionista che eroga la propria prestazione in un contesto organizzativo non sempre facilitante e ottimale.

L’inciviltà si manifesta con forme di disprezzo ingiuste, insolenti o scortesi, nell’intento, non sempre consapevole, di danneggiare il lavoratore violando le regole della convivenza civile e del rispetto professionale. Esempi di inciviltà degli utenti includono: fare commenti sgradevoli e umiliativi sull’operatore, interromperlo e alzare la voce mentre cerca di dare una risposta, minare la sua credibilità di fronte agli altri anche con atteggiamenti non verbali, rivolgere minacce in forma più o meno obliqua.

Da notare che questo genere di inciviltà, derivante anche dalla pretesa di essere serviti subito senza rispettare le regole, si focalizza soprattutto su operatori che si ritiene ricoprano posizioni di minore potere sociale ed è molto comune nei lavori di front-office.

Si deve parlare di “inciviltà lavorativa” solo quando i vari comportamenti scorretti e i maltrattamenti si presentano con una intensità bassa. Il loro grado di intensità, cioè, li differenzia dai 3 sbocchi possibili della pericolosa escaletion simmetrica  (rigida e crescente contrapposizione) di una interazione distorta tra operatore e utente: 1)- l’aggressione verbale, che è diretta esplicitamente verso l’obiettivo di ferire l’interlocutore; 2)- la violenza vera e propria, corrispondente a una forma di aggressività fisica spesso grave e incontrollabile; 3)- i comportamenti contro-produttivi dell’utente dovuti alla frustrazione per qualche esito insoddisfacente del rapporto con i servizi e che si esprimono, per esempio, con danneggiamenti di oggetti, furti o con reclami menzogneri e rifiuto di collaborare.

La crescente diffusione dell’inciviltà lavorativa è motivo di preoccupazione per una serie di possibili conseguenze deleterie per le persone e l’organizzazione. La ricerca psicologica ha mostrato che l’inciviltà costituisce uno stressor sociale giornaliero (social daily hassle). Esso, seppure di piccola portata unitaria (modesti fastidi, irritazioni e sconforti momentaneo), si accumula progressivamente, provocando gravi effetti negativi sul benessere psicofisico del lavoratore. In particolare, la componente emotiva del burnout – esaurimento emotivo psicofisico connesso a sentimenti di impotenza, “intrappolamento” e talvolta disperazione – sembra essere la più colpita, determinando anche forte insoddisfazione lavorativa e interferenze sull’impegno e il livello delle prestazioni.

Dal punto di vista organizzativo, le conseguenze più temute riguardano la crescita dell’assenteismo e delle richieste di cambio del lavoro e lo sviluppo di un clima psicosociale sfavorevole alla cooperazione. Soprattutto è stato segnalato l’abbassamento della qualità del servizio.

Come reagire alle provocazioni. Domandatevi se si stratta di un punto fondamentale o futile, se la provocazione è intenzionale o casuale, se puoi cambiare la situazione. Una degenerazione della discussione non conviene per ovvi motivi. Di fronte ad una provocazione o una frase che ci ferisce, siamo tentati a scalare e colpire a nostra volta ma questo porterà ad una strada senza uscita dove voi stessi sarete ancora più colpiti emotivamente. “Rispondere, invece di reagire” vuol dire assumere il controllo della situazione, non dare soddisfazione alla persona che avete davanti. Il reagire senza pensare è perdente in partenza. Occorre essere freddi e lucidi. Chiedetevi poi “perché queste persone sono così difficili?” e scoprirete che è in realtà in loro una maschera per nascondere le loro insicurezze. Provate a vederle sotto un’altra luce e proverete compassione nei loro confronti. Scegliendo di rispondere in maniera empatica e non aggressiva ad una persona sgradevole farete un regalo a voi stessi prima di tutto. Facile a dirsi …

Inoltre nei corsi di formazione che le aziende predispongono per gli ISF dovrebbe essere prevista anche un’adeguata formazione sia per la prevenzione che per la gestione della violenza. La formazione dovrebbe prevedere anche l’insegnamento di tecniche per la prevenzione e la gestione dello stress dei lavoratori.

Ispirato ai lavori di Guido Serchielli Professore in Psicologia del lavoro

Notizie correlate: Giovanni Leoni: “Aggressione ai sanitari un fenomeno sociale”

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Redazione Fedaisf

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