Il futuro dell’informazione scientifica indipendente? La personalizzazione dei contenuti in base alla maggiore o minore "sensibilità" del medico per una prescrizione appropriata anche in termini economici. Ne è convinto Andrea Messori, vicepresidente della Sifo (Società italiana farmacia ospedaliera): tra gli argomenti di dibattito al congresso nazionale della società scientifica, ospitato a Cagliari la settimana scorsa, c’era anche l’informazione di fonte "pubblica", quella assicurata dai farmacisti ospedalieri. «L’obiettivo» spiega Messori «è quello di fornire ai medici studi e articoli scientifici nei quali il tema appropriatezza non è disgiunto da quello relativo ai costi». Iniziative di informazione scientifica indipendente sono attualmente in corso sia a livello nazionale sia in alcune regioni, come Toscana ed Emilia Romagna, ma devono fare i conti con un’insufficienza di fondi quasi cronica: «Tiriamo avanti con quello che arriva dal contributo del 5% sulle spese promozionali delle aziende» prosegue Messori «ma lo dividiamo con la ricerca indipendente e quindi dobbiamo farci bastare quello che rimane. I nostri concorrenti, ossia le industrie, dispongono invece di budget ben più consistenti per sostenere la propria informazione». Di qui l’idea di accrescere la qualità più che la quantità dell’informazione "pubblica": «I medici hanno bisogno di questo tipo di aggiornamento » sottolinea il vicepresidente della Sifo «perché abitualmente non ricevono dati relativi al peso economico di una molecola rispetto alle altre della stessa classe o di una particolare tecnica diagnostica. Porre paletti burocratici all’informazione di fonte aziendale, come in passato hanno fatto alcune regioni, dà risultati incerti. Né ha senso incrementare le iniziative indipendenti, perché di informazione se ne fa già troppa, a prescindere da dove arriva. La vera sfida è quella di puntare sull’informazione personalizzata». In altri termini, a ognuno l’aggiornamento di cui ha bisogno. «Ci sono medici» conferma Messori «che prescrivono il 95% di generici e altri, magari nel paese vicino, che non superano il 35%. Ai primi basterebbe un feedback che confermasse la bontà della loro strategia prescrittiva, ai secondi invece si potrebbe rivolgere un’informazione intensificata e indirizzata a responsabilizzarli sul peso economico delle loro scelte».
DoctorNews – 14 ottobre 2010