Sul numero 200 del magazine AboutPharma, a cura di Stefano Di Marzio, viene pubblicata un’intervista al Prof. Vincenzo Salvatore, docente di diritto dell’Unione europea all’Università dell’Insubria, leader del Focus Team Healthcare Life Sciences dello studio legale Bonelli Erede. (L’intervista integrale è disponibile al link pubblicato sopra)
Secondo il professore ” non abbiamo norme che specificamente disciplinano la divulgazione di informazioni ai pazienti da parte di aziende farmaceutiche, sia dal punto di vista proattivo, a iniziativa del titolare della Aic, sia dal punto di vista reattivo in risposta a domande che i singoli cittadini possono rivolgere alle aziende”.
Qualcuno diceva, aggiunge il professore: “se dobbiamo sottoporre le informazioni che le aziende farmaceutiche forniscono ai cittadini a una valutazione preventiva violiamo il diritto alla libertà di informazione costituzionalmente garantito. Se invece non lo facciamo rischiamo che vengano divulgate informazioni non veritiere o fuorvianti”. Oggi credo che i tempi siano maturi, anche perché viviamo sì nella società dell’informazione ma anche in quella della disinformazione. E siccome è in fase di gestazione un processo di riforma di tutta la legislazione farmaceutica in ambito europeo, credo che sia giunto il momento per introdurre norme che disciplinino anche questo ambito.
La competenza a disciplinare l’esercizio del diritto all’informazione, prosegue il prof. Salvatore, anche in ambito della salute è degli Stati membri. Nel momento in cui questi dovessero intervenire, ci sarebbe eventualmente un’esigenza di coordinamento europeo per assicurare che i princìpi fondamentali enunciati vengano rispettati
Inoltre, prosegue il professore: Chi più dell’azienda farmaceutica è in grado di fornire informazioni scientificamente accurate sui propri farmaci? Chiaro che queste, sia proattivamente sia reattivamente, non possono avere carattere promozionale e devono essere corrispondenti alle caratteristiche del prodotto indicate nel Rcp e nel foglietto illustrativo. Le aziende farmaceutiche, in quanto fonte “autentica” di informazioni rilevanti devono quindi avere la possibilità di intervenire in maniera qualificata assolvendo un compito importante a cui le stesse tengono per la salute dei pazienti. Insomma, credo che a queste condizioni sia anche un dovere civico da parte di chi produce e commercializza farmaci.
L’intervista si conclude con queste due ultime domande:
Per quanto detto finora ci sono margini per modificare il decreto 219?
Secondo me sì anche perché il decreto legislativo 219 del 2006 è un atto di recepimento di una direttiva dell’Unione europea, la 2001/83 che è il Codice del farmaco. Visto che lo stiamo modificando in Europa bisognerà adeguare anche la norma di recepimento.
Concretamente, su questo tema chi dovrebbe attivarsi? Vengono in mente le associazioni di categoria, da Efpia a Farmindustria. Ci sono altri soggetti che sarebbe opportuno si pronunciassero?
Da un lato le associazioni dei pazienti, che sono i soggetti maggiormente interessati ad avere informazioni accurate e puntuali sui farmaci che vengono commercializzati. Dall’altro, in rappresentanza degli Stati membri, i ministeri della Salute. Perché è un loro interesse istituzionale che le informazioni divulgate e relative ai medicinali siano precise, accurate e coerenti.