Il recente «Convegno: “Gestione dell’Informatore Scientifico LOW PERFORMER”», organizzato dalla Lupi & Associati, si basa sul presupposto della natura commerciale dell’ISF. Del resto non può essere altrimenti dato che vogliono acquisire laute remunerazioni dalle aziende che ricorrono alle loro consulenze. Questo convegno tratta il tema di come “rieducare” l’ISF che “non vende”
A sostegno di questa tesi gli illustri professionisti sostengono che l’opinione che l’ISF ha diritto a essere valutato solo in base al proprio inquadramento e profilo professionale (e quindi solo con riferimento alla qualità del servizio di informazione scientifica), e non in base all’andamento del mercato è poco coerente con il quadro normativo che disciplina la figura dell’ISF. Secondo loro, dall’analisi attenta delle norme di legge (D.Lgs. 219/06) emerge che se è vero che l’informazione scientifica deve favorire l’uso razionale del medicinale, è altrettanto vero che essa è intesa soprattutto a promuovere la prescrizione, la vendita e il consumo dello stesso. La conferma viene anche dal CCNL Chimico-farmaceutico che, nel definire le figure professionali di riferimento, notoriamente colloca gli informatori scientifici a diretto riporto dell’area funzionale marketing/commerciale/vendite nella persona dell’Area manager che, per definizione, ha il compito di assicurare il raggiungimento degli obiettivi di vendita.
È vero che l’attività degli ISF è inserita al Titolo VIII del D.Lgs. 219/06 che riguarda la pubblicità, ma gli esimi professionisti citano solo ciò che a loro conviene e che vogliono dimostrare. L’art. 114 per esempio indica le parti dell’informazione scientifica che sono regolamentate. E lo stesso art. 114 indica che “tutti gli elementi della pubblicità di un medicinale devono essere conformi alle informazioni che figurano nel riassunto delle caratteristiche del prodotto”
L’art. 119 precisa che “l’informazione scientifica presso gli operatori sanitari deve essere realizzata nel rispetto dei criteri e delle linee guida adottate dall’AIFA, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano”.
Dirimente poi è l’art. 122 in cui si afferma “Gli informatori scientifici devono riferire al servizio scientifico di cui all’articolo 126, dal quale essi dipendono, ed al responsabile del servizio di farmacovigilanza di cui al comma 4 dell’articolo 130, tutte le informazioni sugli effetti indesiderati dei medicinali. Le aziende titolari di AIC assicurano il costante aggiornamento della formazione tecnica e scientifica degli informatori scientifici”. La legge non parla certo di tecniche di vendita o di merketing come nel CCNL è previsto per il training tecnico/scientifico o per il Product Manager (PM) che coordina la realizzazione delle iniziative pubblicitarie e promozionali alla rete esterna (ISF).
All’art. 123 si dice anche che “è vietato concedere, offrire o promettere premi, vantaggi pecuniari o in natura, salvo che siano di valore trascurabile”.
L’art. 126 sottolinea che “Ogni impresa titolare dell’AIC di medicinali deve essere dotata di un servizio scientifico incaricato dell’informazione sui medicinali che immette sul mercato. Il Servizio scientifico deve essere indipendente dal Servizio marketing dell’impresa farmaceutica e verifica che gli informatori scientifici alle proprie dipendenze sono in possesso di una formazione adeguata e rispettino gli obblighi imposti dal presente decreto”. Non ci pare ci siano dei dubbi in merito.
Gli illustri avvocati di parte dimenticano poi il parere di AIFA espresso dall’ex Direttore Martini o la sentenza della Cassazione (che fa giurisprudenza), Sezione lavoro – sentenza 15 settembre 2014 n. 19394 – in cui si afferma che l’ISF non è un agente di commercio e che è esclusa per l’ISF la “promozione di vendite” e la cui attività “non è quella di promuovere contratti” seppure indirettamente.
Pertanto è vero che l’informazione scientifica è inserita nel D.Lgs. 219 nel titolo che riguarda la pubblicità, ma proprio per specificarne i limiti e ricondurla al suo significato originario cioè far conoscere al pubblico (nel nostro caso a chi prescrive e dispensa farmaci), in sostanza per vietare la promozione alle vendite. Ed è altrettanto vero che l’informatore scientifico nel CCNL è inserito nell’area funzionale del marketing, ma è un evidente errore del CCNL dato che la legge, che ha più valore di un contratto, esclude categoricamente e chiaramente l’ISF dal marketing, tanto è vero che quasi tutti i regolamenti regionali escludono e vietano l’affiancamento all’ISF di un funzionario del marketing, come un capo area.
Gli stessi sindacati cominciano a capire il tragico errore del CCNL che, probabilmente credendo di incrementare le assunzioni, ha invece provocato 15000 licenziamenti di ISF per riassumere qualche migliaio di ISF come agenti di commercio o comunque con contratti commerciali. Il recente inserimento dell’ISF come probabile corruttore nel codice anticorruzione dell’ANAC ed i recenti penalizzanti e aberranti regolamenti d’accesso negli ospedali dell’Emilia-Romagna derivano tutti da queste storture.
La reale natura dell’ISF, pertanto, è scientifica, egli è appunto informatore scientifico, come previsto dal D.L. 30.12.1992 n. 541 e del successivo D.Lgs. 219/06 che lo ha inglobato.
Poi, mancando i controlli, le aziende fanno quello che vogliono, finché non sono chiamate in giudizio.
L’introduzione poi del cosiddetto “Jobs Act” non aiuta. La pressione “commerciale” sull’ISF alla vendita può essere insistente e coercitiva Si possono assoldare investigatori privati per far seguire il dipendente e sindacare ogni suo minuto lavorativo; le auto aziendali sono munite di dispositivi di geolocalizzazione che danno la posizione dell’auto h24; iPhone e iPad, ormai comunissimi strumenti aziendali, sono costantemente geolocalizzati. Il demansionamento e il trasferimento per “low performance” (come lo chiamano loro) sono normali strumenti di gestione delle “risorse umane”… E soprattutto il licenziamento finalmente senza regole, senza umanità, senza tutele né economiche né legali.
Come uscire dal pasticcio e dall’illegalità provocata da un CCNL siffatto? Una via potrebbe essere una sanatoria che fotografi lo stato attuale che salvaguardi le posizioni lavorative in essere e non penalizzi nessuno. Nel nuovo CCNL vanno inserite le nuove figure che operano e non sono debitamente considerate, come i KAM o i MSL. Nel contempo occorre, d’ora in poi, attuare la legge con gli opportuni controlli, chi ha farmaci da prescrizione dovrà essere necessariamente inquadrato secondo la legge, altrimenti l’ISF è destinato all’estinzione.
È una proposta, ovviamente. Possono essercene altre altrettanto valide. Sarà opportuno aprire un franco dibattito per condividere una posizione condivisa da portare al tavolo della trattativa per il rinnovo del CCNL.
Redazione – 10/07/2017
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Nota: L’informazione sui medicinali da prescrizione non può essere pubblicità ma informazione. Riporto alcuni stralci di una sentenza della Corte di Giustizia Europea nella causa C‑530/20 del 22 dicembre 2022.
Art. 113 del D.Lgs 219/06 (attuazione dell’art. 86 della Direttiva Europea)
L’articolo 86, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 (Art. 113 D.Lgs.219/06) dice che la nozione di «pubblicità dei medicinali», ai sensi di tale disposizione, comprende qualsiasi azione d’informazione, di ricerca della clientela o di incitamento, intesa a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di un determinato medicinale o di medicinali indeterminati.
Dal dettato dell’articolo 86, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 risulta che la finalità del messaggio costituisce la caratteristica essenziale della nozione di «pubblicità dei medicinali» ai sensi di tale disposizione, e l’elemento determinante per distinguere la pubblicità dalla mera informazione. Laddove il messaggio sia inteso a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali, si tratta di pubblicità ai sensi di tale direttiva. Al contrario, un’indicazione meramente informativa senza intenti promozionali non rientra nelle disposizioni di detta direttiva relative alla pubblicità dei medicinali (sentenza del 5 maggio 2011, MSD Sharp & Dohme, C‑316/09, EU:C:2011:275, punti 31 e 32).
Le finalità perseguite dalla direttiva 2001/83, risulta che essa ha come obiettivo essenziale quello di assicurare la tutela della sanità pubblica.
La Corte ha già avuto modo di dichiarare che la pubblicità dei medicinali può nuocere alla salute pubblica. Occorre infatti sottolineare il carattere del tutto particolare dei medicinali, che si distinguono sostanzialmente dalle altre merci per via dei loro effetti terapeutici.
Orbene, l’obiettivo essenziale di assicurare la tutela della sanità pubblica sarebbe in larga parte compromesso se l’articolo 86, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 fosse interpretato nel senso che un’azione di informazione, di ricerca della clientela o di incitamento, intesa a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali senza fare riferimento a un determinato medicinale non rientri nella nozione di «pubblicità dei medicinali», ai sensi di tale disposizione, e non sia, pertanto, soggetta ai divieti, alle condizioni e alle restrizioni previste da tale direttiva in materia di pubblicità.