«Comprensibile ampliare l’assistenza infermieristica per consentire un accesso più facile alle terapie, ma a patto che il paziente non perda il contatto con il medico di fiducia. L’infermiere dà il massimo non “al posto del medico”, ma se anche il medico è messo in grado di lavorare meglio, e di vedere il paziente ogni volta che occorre. Purtroppo se in Spagna come sento si sta scatenando una lotta tra professionisti vuol dire che qualcuno teme di lasciare spazi all’altro e questo non deve accadere».
Il responsabile dell’Area Farmaco della Società di Medicina generale-Simg Saffi Ettore Giustini in Toscana nel suo studio realizza un modello di Chronic care model con infermieri che hanno un ruolo nel gestire pazienti cronici. E sa della novità prevista nella Penisola Iberica dal 2009 ma solo adesso attivata dal governo di Mariano Rajoy: consentire agli infermieri laureati di prescrivere medicinali per la terapia del dolore, anticoagulanti, antistaminici, e soprattutto farmaci da banco che sfuggono al controllo del medico di famiglia.
L’equivalente ispanico della Fnomceo oggi parla di “grave rischio per la salute dei malati”. «Per intraprendere un passaggio del genere ci vogliono protocolli definiti, sia in corsia sia sul territorio. In Spagna ci sono, ma non è facile dire, specie ora e dall’Italia, se la valutazione infermieristica interferirà nella relazione di cura con il medico: questo è ciò che non deve succedere. In medicina generale – continua Giustini – gli infermieri professionali si occupano in particolare dei cronici, e della continuazione delle prescrizioni del mmg: va bene, a patto che i pazienti non sfuggano al medico di fiducia per mesi interi».
«Ogni 3-4 mesi -dettaglia Giustini – possono verificarsi piccoli grandi eventi, patologie concomitanti, effetti avversi, che giustificano una rivalutazione, e questa spetta al medico. Una terapia cronica dura 2 o 3 mesi ed è giusto che in questo arco di tempo possa essere anche l’infermiere a rivedere il paziente, riferendo al medico di famiglia di eventuali novità com’è nel chronic care model; tuttavia alla fine, poniamo, del secondo ciclo d’antipertensivo va ripristinato il contatto con il medico». Ma l’infermiere costa meno del medico.
Un disegno di legge delle regioni ipotizza di assumere in ospedale medici non specialisti con la paga di caposala. Per Giustini la prescrizione medica non si salva così: «Una cosa sono le abilità, un’altra le competenze. Le prime possono essere anche superiori a quelle del medico, si tratta di nozioni apprese su specifici ambiti d’intervento (esempio, l’anamnesi). Le competenze si maturano in anni di studi e sono un corpus di teoria e pratica che a noi medici consente di governare il paziente in situazioni di “amministrazione straordinaria”. Visitare, diagnosticare, prendere in carico la patologia, proporre la terapia, occuparci della concordance con il piano terapeutico, rivalutare i casi: questo è il nucleo della nostra attività. Invece la puntura, la prestazione di particolare impegno può farla anche l’infermiere, e nessuno ci toglie nulla».
Mauro Miserendino – Martedì, 28 Aprile 2015 – Farmacista33
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