Sono 115 (i più gravi) gli ammessi alle nuove terapie, con un costo di 5 milioni per l’azienda sanitaria
07 febbraio 2016 – TRENTINO CORRIERE DELLE ALPI
TRENTO. Sono un migliaio in provincia di Trento i pazienti malati di epatite C. Di questi solamente 115 sono stati ammessi alle nuove terapie con il farmaco anti-virale Sofosbuvir (o farmaci analoghi) per una spesa totale da parte dell’azienda sanitaria di circa 5 milioni di euro. La spesa pro capite è di circa 40 mila euro, inferiore al prezzo del farmaco stabilito per i privati (circa 70 mila euro). Gli altri – che non rispettano i parametri previsti dall’Agenzia italiana del farmaco per l’accesso alle terapie – sono in attesa che i prezzi si abbassino o che, in giugno, venga contrattato un nuovo programma con la casa farmaceutica che ha sviluppato il farmaco. E poi ci sono quelli che – come Mario Buffa – non vengono considerati sufficientemente gravi per avere accesso ad una terapia così costosa e hanno deciso di risolvere a modo proprio (procurandosi i farmaci all’estero) le proprie esigenze sanitarie. Per tutti non è prevista la possibilità di chiedere aiuto ad aziende sanitarie diverse da quella del proprio luogo di residenza.
A livello nazionale – come ha comunicato nei giorni scorsi l’Agenzia nazionale del farmaco – sono poco più di 30 mila i pazienti che sono stati curati con i nuovi farmaci, con l’obiettivo di arrivare a 50 mila e la speranza di aumentare il numero di pazienti in terapia grazie a nuovi accordi con le case farmaceutiche che producono questi farmaci. A livello italiano sono circa 300 mila i pazienti gravi che dovrebbero ricevere le cure, mentre sono circa 600 mila i malati di epatite C seguiti dai servizi sanitari. Ma la stima è di circa 1 milione di persone che sono venute a contatto con il virus e che per vari motivi non ne sono a conoscenza.
«Epatite C, sono guarito grazie all’India»
Mario Buffa, 45 anni, racconta la sua storia: «In Italia avrei dovuto pagare 70 mila euro, me la sono cavata con 700»
TRENTO. Mario Buffa, 45 anni, operaio forestale residente a Cinte Tesino, è guarito dall’epatite C con i farmaci che si è procurato in India spendendo 700 euro, invece dei circa 70 mila che servono in Italia per acquistare le nuove terapie sul mercato privato. «E che dovevo fare? Aspettare qualche anno, finché la mia situazione sarebbe divenuta abbastanza grave da avere i farmaci gratis? Non si vive bene sapendo che c’è un virus che lentamente ti rovina il fegato». Il Trentino ha raccontato la sua storia nell’agosto scorso, quando Mario Buffa era in terapia, chiamandolo “Marco” per tutelare la sua riservatezza. Ma ora che è guarito ha accettato di farsi intervistare, per raccontare come funziona il mercato dei farmaci, nella speranza di essere d’aiuto a qualcuno che ha lo stesso problema.
Mario Buffa, quando inizia questa vicenda?
Nella primavera di due anni fa. Mi sentivo debole, non sapevo perché. Alla fine dalle analisi del sangue è emerso che ero stato contagiato dal virus dell’epatite C, forse a causa di un intervento chirurgico.
Quindi che ha fatto?
Mi sono rivolto a un epatologo. Mi ero già documentato su internet ed ero convinto che mi avrebbero curato con i nuovi farmaci che non hanno effetti collaterali e garantiscono la guarigione in percentuali molto alte.
E invece?
E invece niente. Mi hanno proposto le terapie con i vecchi farmaci, che sono scarsamente efficaci e sono molto pesanti.
Le hanno spiegato perché?
Non rientravo nei parametri previsti per l’accesso a questi farmaci, che sono molto costosi. Insomma non ero “abbastanza grave”.
Quanto avrebbe dovuto aspettare prima di essere curato?
Quattro o cinque anni. A meno di un abbassamento dei prezzi.
E quindi è andato in India.
Esatto. Mi sono appoggiato a un sacerdote tibetano che vive in India che ha preso alcune informazioni e poi mi ha dato il via libera. Così ho preso cinque mesi di aspettativa, deciso a farmi curare in India. Mi sono rivolto a una clinica privata dove in poche ore mi hanno prescritto i farmaci che ho acquistato – poco dopo – in farmacia: 700 euro invece di 70 mila.
Poi è rientrato in Italia?
Sì. Mi sono fermato una ventina di giorni e poi sono tornato.
Nessun problema con i farmaci alla dogana?
No, solo in Germania mi hanno chiesto spiegazioni. Ho risposto la verità: “sono per uso personale” e non c’è stato nessun problema.
In agosto abbiamo raccontato questa storia sul Trentino. E in questi mesi abbiamo ricevuto centinaia di telefonate di persone a cui (con il suo permesso) abbiamo indicato il suo vero nome. Che è successo dopo?
Mi sono giunte tantissime richieste di informazioni e di aiuto da parte di persone che volevano seguire la stessa strada.
Le ha aiutate?
Ho raccontato la mia storia e ho fornito loro i contatti che avevo in India. So che alcuni pazienti hanno seguito il mio esempio. Qualcuno è andato in Egitto. In altre situazioni, purtroppo, non c’è stato il tempo, come un signore di Bari che è morto nei giorni scorsi.
Come si importano i farmaci dall’India all’Italia?
I malati hanno grandi aspettative su questi farmaci, la differenza di prezzo è spaventosa. Mi creda, chi ha bisogno di questi farmaci un modo lo trova.
I medici dicono che l’epatite C è una malattia che progredisce molto lentamente e che nelle sue condizioni fisiche aveva tutto il tempo di aspettare.
Quindi dovevo aspettare sperando di diventare grave per essere finalmente curato? No grazie, non è una bella vita quella di chi sa che c’è un virus che lentamente ti rovina il fegato. Io ho scelto una soluzione diversa.
All’ospedale Santa Chiara di Trento ha ricevuto assistenza?
I medici erano molto sorpresi quando mi sono presentato con i farmaci. Non era mai accaduto prima. Ma hanno accettato di seguirmi verificando i progressi della terapia attraverso le analisi del sangue. A una condizione.
Quale?
Mi hanno detto: Mario, devi assumerti la responsabilità di questa terapia in prima persona. E io l’ho fatto. Ora però so che non è più così: ci sono nuove difficoltà, problemi che non comprendo, servono liberatorie. So che ci sono pazienti che hanno incontrato resistenze. I farmaci ci sono, come è possibile che un medico non segua un malato?
Che conclusione trae da questa storia?
Che per la mia guarigione devo ringraziare il sistema sanitario dell’India
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