Il verbale di conciliazione è inoppugnabile nella cessione di ramo di azienda

Le rinunce o le transazioni aventi ad oggetto i diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili, secondo la legge o i contratti collettivi nazionali, non sono valide. Tuttavia, come chiarito dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 20418 depositata il 29 luglio 2019, detta invalidità incontra un limite nella sottoscrizione da parte di datore di lavoro e dipendenti di un verbale di conciliazione in sede sindacale, nel quale oltre a definire i profili economici e giuridici della vicenda si rinunci a future impugnazioni per motivi sostanziali nonché procedurali.

Una società, operante nel settore farmaceutico la MSD Italia, trasferiva ad un’altra impresa, la X Pharma, un proprio ramo d’azienda ed in sede sindacale sottoscriveva con i dipendenti interessati un verbale di conciliazione. In detto documento, i lavoratori espressamente rinunciavano a qualsiasi pretesa collegata al pregresso rapporto di lavoro con la società cedente, a fronte della percezione di somme a titolo rispettivamente di retribuzione pari a 19 mensilità e di transazione novativa. In questi termini, gli stessi, prestavano quindi il proprio consenso all’operazione aziendale, escludendo ogni opposizione sul punto.

In seguito però alcuni dipendenti impugnavano innanzi al Tribunale il trasferimento dell’azienda in quanto lo ritenevano una mera simulazione, chiedevano quindi, l’accertamento dell’inefficacia, con conseguente ripristino del rapporto di lavoro con la datrice di lavoro originaria, a cui veniva proposta una domanda di risarcimento del danno.  (IPSOA 29/07/2019)

Ritenevano inoltre nulla la cessione per illiceità della causa, del motivo e dell’oggetto e la mancanza dei requisiti, il ramo d’azienda poi oggetto del trasferimento non rappresenta un’entità economica con propria identità, come vuole la normativa.

La Corte ha rilevato che “risulta ostativa alle pretese rivendicate dai lavoratori nel presente giudizio la sottoscrizione di verbale di conciliazione in sede sindacale, che presenta, a norma dell’art. 2113 c.c., caratteri di sostanziale inoppugnabilità“, avendo, i lavoratori, percepito, a fronte della rinuncia a qualsiasi pretesa collegata al pregresso rapporto di lavoro, una somma corrispondente a 19 mensilità di retribuzione, oltre una ulteriore somma netta a titolo di transazione novativa, ed aggiungendo che “In forza di tale transazione, dunque, i lavoratori non hanno alcun titolo giuridico per far valere nei confronti della società cedente vizi quali quelli denunciati, attinenti a rapporti tra cedente e cessionario ed a comportamenti del cessionario, poiché con la società cedente è intervenuta una transazione e poiché la società cessionaria non è parte in causa nel presente giudizio’.

Considerato che questa Corte ha ripetutamente affermato che l’efficacia novativa della transazione presuppone una situazione di oggettiva incompatibilità tra il rapporto preesistente e quello originato dall’accordo transattivo, in virtù della quale le obbligazioni reciprocamente assunte dalle parti devono ritenersi oggettivamente diverse da quelle preesistenti, il ricorso va pertanto rigettato.

notizie correlate: Cassazione Ordinanza Sez. L Num. 20419 Anno 2019


Nota: Il Verbale di Conciliazione è un accordo tra datore di lavoro e dipendente in una sede sindacale alla presenza di un conciliatore. Nel verbale il lavoratore accetta le condizioni aziendali, per es. un incentivo all’esodo, e dichiara di rinunciare, come in effetti rinuncia, a qualsiasi ulteriore azione sia in sede sindacale che in sede giudiziaria presente e futura nei confronti dell’azienda. Con la sottoscrizione del verbale pertanto ogni ulteriore valutazione e richiesta in merito al rapporto di lavoro oggetto della controversia è preclusa.

Non sempre la contrattazione collettiva stabilisce le modalità procedurali e, sovente, le conciliazioni, già scritte in tutti i contenuti (anche con elementi del tutto estranei alla effettiva controversia) vengono sottoposte ai lavoratori interessati, davanti al conciliatore sindacale che limita la propria parte ad una funzione prettamente “notarile” chiedendo all’interessato se è d’accordo. Il verbale certifica che, se la rinuncia o la transazione del dipendente avviene in sede sindacale, l’atto non è impugnabile. Infatti, il Legislatore «presume» che il sindacato tuteli il lavoratore e che il conciliatore sindacale difenda gli interessi della parte debole.

La Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che la partecipazione del sindacato deve essere effettiva in sede di conciliazione cioè l’assistenza prestata dai rappresentati sindacali deve essere reale, consentendo al lavoratore di sapere a quale diritto rinunzia ed in che misura. Se il rappresentante dei lavoratori in sede di conciliazione sindacale illustra i diritti a cui il lavoratore sta rinunciando e le perdite che ne potranno derivare e quindi il lavoratore è pienamente conscio di ciò che sta firmando, la conciliazione è efficace e non può essere impugnata ed a nulla rileva se c’è una sproporzione tra le concessioni reciprocamente fatte tra le partiIl lavoratore può essere assistito da un proprio legale.

Il rappresentante sindacale “richiede il pagamento di una somma a titolo di mera liberalità”. Il Datore “concede la detta maggior somma a titolo di mera liberalità” e, definitivamente, offre ai fini di cui sopra la somma concordata. In sostanza il sindacato percepisce una “certa somma” per ogni lavoratore che sottoscrive il verbale (cioè che viene licenziato). 

Fac-simile Verbale di transazione e di conciliazione in sede sindacale

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