Il quotidiano il Giorno (QN) pubblica un articolo sulla protesta degli Informatori Scientifici “Valutati in base alle vendite”– Per gentile concessione riportiamo l’articolo.
Farmaci, protesta informatori: “Valutati in base alle vendite ma la scienza non è uno spot”
Lo sciopero alla Boehringer e le tensioni in altre aziende: “Strategie commerciali troppo spinte. Indietro di decenni, all’era dello scandalo Poggiolini”
La protesta è scoppiata nel colosso Boehringer Ingelheim, ma la battaglia riguarda anche altre case farmaceutiche, per strategie aziendali che rischierebbero di trasformare l’informazione scientifica “in mero spot pubblicitario”. Strategie che, secondo sindacati e l’associazione di categoria Federazione delle Associazioni Italiane degli Informatori Scientifici del Farmaco e del Parafarmaco (Fedaiisf), porterebbero a legare le valutazioni sull’operato dei professionisti ai dati di vendita nelle rispettive zone di competenza, con una virata commerciale.
Chi “piazza“ più prodotti in farmacie, studi e presidi sanitari, quindi, finirebbe per ottenere maggiori possibilità di carriera e promozioni, innescando una corsa ad aumentare le vendite in un settore che sta già macinando profitti record. “La preoccupazione è che la figura dell’informatore medico scientifico venga investita anche da funzioni legate alla vendita – spiega la Femca-Cisl Milano – cosa che oggi non è prevista dalla legge. Le aziende spingono da tempo per dare un volto anche commerciale a questa professione, che verrebbe snaturata. Tra l’altro stiamo parlando di profili che negli anni hanno subito drastici ridimensionamenti”.
Attualmente operano in Italia circa 10mila informatori assunti direttamente dalle aziende, e altri 12mila professionisti a partita Iva, già pagati con un fisso e con una provvigione basata sui risultati. Per questo si sono alzate le barricate di fronte all’iniziativa di Boehringer Ingelheim, colosso tedesco fondato quando correva l’anno 1885, che in Italia ha il quartier generale a Milano, nel nuovo distretto Symbiosis vicino all’ex scalo di Porta Romana. Nelle scorse settimane i circa 200 informatori, riuniti in assemblea, hanno approvato un pacchetto di otto ore di sciopero, e la mobilitazione sta andando avanti contro l’introduzione di una modalità di valutazione individuale legata al “raggiungimento di obiettivi aziendali strettamente correlati alle vendite”.
Un tentativo, secondo fonti sindacali, era già stato fatto sette anni fa, seguito da un passo indietro dell’azienda su un tema delicato, perché riguarda la salute e la ricerca scientifica, con presunte “forzature” di norme pensate per arginare pressioni commerciali e tenere separate figure e funzioni nell’interesse del paziente. I sindacati Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Uiltec a fine marzo hanno aperto lo stato d’agitazione in Angelini Pharma, in una vertenza che ha al centro pure “l’inserimento, anche se in forma indiretta, dell’analisi dei dati vendita in forma scritta nei criteri di valutazione” dell’informatore scientifico.
“Se la valutazione viene legata alla vendita della scatoletta, l’umana propensione alla sopravvivenza di questo professionista lo spingerebbe a ridurre l’informazione scientifica a banale pubblicità, alla stessa stregua di un detersivo, con buona pace per l’interesse pubblico, per il diritto costituzionale alla salute del cittadino e per la spesa sanitaria”, spiega Antonio Mazzarella presidente Fedaiisf. “Torneremmo indietro di decenni – prosegue – all’epoca dello scandalo Poggiolini”.
Il riferimento è a uno degli scandali degli anni di Tangentopoli, con le inchieste su mazzette nella sanità che hanno coinvolto l’allora direttore generale del servizio farmaceutico nazionale Duilio Poggiolini. L’attività degli informatori scientifici farmaceutici, spiega Mazzarella, “è regolamentata da direttive europee, attuate in Italia da decreti legislativi, ma anche da leggi e regolamenti regionali. Tutti indistintamente vietano l’attività di vendita”. Valutazioni legate alle vendite rischierebbero quindi di “stravolgere il concetto stesso di informazione scientifica trasformandola in mero spot pubblicitario”. L’associazione ribadisce quindi la richiesta di istituire un albo o un ordine professionale, riconoscendo che gli informatori “hanno un ruolo importante da svolgere nel fornire ai medici l’informazione sui farmaci, in quanto rappresentano l’anello di congiunzione tra la ricerca, la produzione industriale del farmaco e il medico che lo prescrive”, al di fuori da logiche commerciali.
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Nota di Redazione:
L’attività degli ISF è regolamentata da Direttive europee, attuate in Italia da Decreti legislativi (vedasi il D.Lgs 219/06), ma anche da leggi e regolamenti regionali. Tutti indistintamente vietano, all’informatore, l’attività di vendita. L’obiettivo di tali disposizioni si può riassumere da quanto affermato dall’ex DG di AIFA, Dr. Nicola Magrini: “è senz’altro quello di tutelare la salute, garantendo la libertà dei contenuti della informazione scientifica”.
Da qualche tempo, tuttavia, alcune aziende farmaceutiche inseriscono, anche se sono vietati, i dati vendita nella valutazione qualitativa dell’attività degli ISF, creando un conflitto di interessi inaccettabile. Il tentativo è quello di valutare la qualità dell’ISF sulla base di quante scatolette vengono vendute nalla zona di sua competenza.
Cosi facendo la finalità non è più l’informazione sul farmaco, ma la sua vendita. Se questo cambiamento è grave per i poco meno di 10 mila isf assunti con contratto nazionale dei chimici, lo è ancor di piu per gli oltre 12 mila informatori a “provvigione” (che non dovrebbero esistere e che noi di Fedaiisf definiamo “false partite Iva) per i quali diventa una questione di sopravvivenza.
Il risultato che tali aziende farmaceutiche vogliono ottenere non è solo screditare l’informatore scientifico nella sua funzione, ma soprattutto stravolgere il concetto stesso di informazione scientifica trasformandola in mero spot pubblicitario, con grave nocumento per la salute pubblica.
L’informazione sui farmaci aiuta il medico ad acquisire le conoscenze necessarie per scegliere fra i farmaci a disposizione ed effettuare una prescrizione consapevole, nel pieno rispetto dell’appropriatezza prescrittiva, nell’esclusivo interesse del paziente.
Se la valutazione dall’attività dell’informatore scientifico viene legata alla vendita della scatoletta, l’umana propensione alla sopravvivenza di questo professionista lo spingerebbe a ridurre l’informazione scientifica a semplice propaganda, banale pubblicità, alla stessa stregua di un detersivo, con buona pace per l’interesse pubblico, per il diritto costituzionale alla salute del cittadino e per la spesa sanitaria. Torneremmo indietro di alcuni decenni.
Bisogna invece riconoscere che gli ISF hanno un ruolo importante da svolgere nel fornire ai medici l’informazione sui farmaci, in quanto rappresentano l’anello di congiunzione tra la ricerca, la produzione industriale del farmaco e il medico che lo prescrive, per assicurare la corretta terapia necessaria al paziente.
Ma tutto questo deve essere fatto in modo chiaro, trasparente e senza alcuna percezione di conflitto di interessi e la loro funzione, come prescritto dalle leggi, deve essere tutelata. Motivo per cui la Federazione (FEDAIISF – Federazione delle Associazioni Italiane del Farmaco e Parafarmaco), da 60 anni si batte per il riconoscimento giuridico della professione con un albo o un ordine professionale. Questo semplice atto sarebbe una garanzia di eticità dell’operato dell’Informatore Scientifico. E in definitiva converrebbe enormemente alla credibilità delle aziende farmaceutiche, anche in termini di profitti.