La questione è ritornata d’attualità con la proposta dell’Autorità garante della concorrenza sulla prescrizione del solo principio attivo. Una mossa per promuovere la prescrizione del generico, che ha visto la netta contrarietà di Farmindustria, il favore dei titolari di farmacia e, ovviamente, delle associazioni di consumatori. Le quali, almeno in un caso, quello del Movimento Consumatori, vorrebbero andare anche oltre: “La prescrizione per principio attivo può essere una soluzione, ma non può essere l’unica – ha detto Rossella Miracapillo, responsabile dell’Osservatorio farmaci e salute – Se il principio attivo prescritto non ha un generico corrispondente, infatti, lo sforzo risulta del tutto inutile. Diverso è allargare il concetto di genericità al gruppo terapeutico”.
Di fatto, però, la mancata crescita in Italia di questo segmento del mercato non può essere attribuita, secondo gli esperti del settore, soltanto a questo aspetto oppure a quella “cultura della specialità” di cui parlano le aziende produttrici. Pesa infatti molto la scarsa disponibilità di molecole candidate o, in altre parole, l’eccessiva lunghezza dei brevetti e una certa lentezza delle procedure da seguire per avviare la produzione di un generico. Questo è quanto emerso in un convegno milanese, organizzato dal Gruppo Scientifico Italiano Studi e Ricerche (GSISR): “Medicinali generici. Il punto della situazione alla luce del nuovo Codice Unico dei Farmaci”. In effetti il Codice unico, testo con il quale l’Italia recepisce direttive comunitarie ormai datate (si parla del 1993 e del 1994), viene a crearsi anche qui quell’iter preferenziale che rende più rapida la nascita del generico. La prima misura, per la quale si era spesa qualche tempo fa anche l’amministrazione statunitense, è la possibilità di avviare le procedure di registrazione prima della scadenza naturale del brevetto, anche due anni prima. Fino a oggi, tra l’attesa della scadenza e l’espletamento della pratiche, passavano da 1 a 2 anni prima dell’arrivo sul mercato del generico. Questa e le altre nuove disposizioni sono state illustrate dalla professoressa Paola Minghetti, della Facoltà di Farmacia,dell’ Università degli Studi di Milano. Disposizioni tra le quali rientra anche l’obbligo di “riportare il nome dell’azienda produttrice del farmaco equivalente accanto al nome del principio attivo, o comunque accanto al nome del farmaco. Questo perché il cittadino possa sempre identificare chi ha la responsabilità del medicinale, in caso di problemi. In Italia già succedeva per gran parte dei farmaci, anche se alcune confezioni, per esempio per alcune formulazioni di morfina, questa indicazione mancava”.
Quanto all’industria del settore, c’è attesa.”Lo scenario del farmaco sta mutando – ha detto Roberto Teruzzi, presidente di Assogenerici – sia perché il cittadino è sempre più informato, sia perché si è liberalizzata la vendita dei farmaci da banco nei supermercati. Inoltre il farmaco equivalente è abbastanza recente in Italia rispetto al nord Europa, perché nel nostro paese la normativa che dà una prima definizione compiuta al medicinale generico risale al 1996″. Per Teruzzi l’incontro è stato anche “un’opportunità di chiarire aspetti della qualità che caratterizzano il farmaco generico che non ha assolutamente nulla da invidiare alla specialità medicinale, dato che deve sottostare agli stessi controlli pubblici. Infine – conclude – ha già permesso un notevole risparmio sia al cittadino sia al Sistema sanitario nazionale, grazie ad un prezzo di vendita di circa il 40% inferiore”.
Di fatto, però, la mancata crescita in Italia di questo segmento del mercato non può essere attribuita, secondo gli esperti del settore, soltanto a questo aspetto oppure a quella “cultura della specialità” di cui parlano le aziende produttrici. Pesa infatti molto la scarsa disponibilità di molecole candidate o, in altre parole, l’eccessiva lunghezza dei brevetti e una certa lentezza delle procedure da seguire per avviare la produzione di un generico. Questo è quanto emerso in un convegno milanese, organizzato dal Gruppo Scientifico Italiano Studi e Ricerche (GSISR): “Medicinali generici. Il punto della situazione alla luce del nuovo Codice Unico dei Farmaci”. In effetti il Codice unico, testo con il quale l’Italia recepisce direttive comunitarie ormai datate (si parla del 1993 e del 1994), viene a crearsi anche qui quell’iter preferenziale che rende più rapida la nascita del generico. La prima misura, per la quale si era spesa qualche tempo fa anche l’amministrazione statunitense, è la possibilità di avviare le procedure di registrazione prima della scadenza naturale del brevetto, anche due anni prima. Fino a oggi, tra l’attesa della scadenza e l’espletamento della pratiche, passavano da 1 a 2 anni prima dell’arrivo sul mercato del generico. Questa e le altre nuove disposizioni sono state illustrate dalla professoressa Paola Minghetti, della Facoltà di Farmacia,dell’ Università degli Studi di Milano. Disposizioni tra le quali rientra anche l’obbligo di “riportare il nome dell’azienda produttrice del farmaco equivalente accanto al nome del principio attivo, o comunque accanto al nome del farmaco. Questo perché il cittadino possa sempre identificare chi ha la responsabilità del medicinale, in caso di problemi. In Italia già succedeva per gran parte dei farmaci, anche se alcune confezioni, per esempio per alcune formulazioni di morfina, questa indicazione mancava”.
Quanto all’industria del settore, c’è attesa.”Lo scenario del farmaco sta mutando – ha detto Roberto Teruzzi, presidente di Assogenerici – sia perché il cittadino è sempre più informato, sia perché si è liberalizzata la vendita dei farmaci da banco nei supermercati. Inoltre il farmaco equivalente è abbastanza recente in Italia rispetto al nord Europa, perché nel nostro paese la normativa che dà una prima definizione compiuta al medicinale generico risale al 1996″. Per Teruzzi l’incontro è stato anche “un’opportunità di chiarire aspetti della qualità che caratterizzano il farmaco generico che non ha assolutamente nulla da invidiare alla specialità medicinale, dato che deve sottostare agli stessi controlli pubblici. Infine – conclude – ha già permesso un notevole risparmio sia al cittadino sia al Sistema sanitario nazionale, grazie ad un prezzo di vendita di circa il 40% inferiore”.
Da farmacista33