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Il farmaco italiano in salute all’estero

Franco Sarcina

MILANO

Dati in controtendenza sì, ma con dei distinguo e delle precisazioni che bisogna fare per non incorrere in errori o in un facile ottimismo. L’industria del farmaco nazionale, se da una parte è cresciuta nel febbraio del 2012 rispetto allo stesso periodo dell’armo precedente del 5,8% (6,5% il dato grezzo, non corretto per effetto del calendario), a fronte di un calo generale del fatturato industriale dell’1,5% (dato grezzo -14%), risente tuttavia molto delle differenze fra l’andamento sul mercato interno e le esportazioni.

Infatti, il dato complessivo è la sintesi di due tendenze molto diverse: se da una parte il fatturato dell’export è salito "a doppia cifra" anno su anno (+22,9%), dall’altra quello realizzato all’interno dei confini del nostro Paese si è fermato ad un modestissimo +0,3%. I numeri, se estendiamo il dato al bimestre gennaio-febbraio 2012, sono ancora più espliciti: il fatturato complessivo è cresciuto del 4,5%, ma con un +17,7% ottenuto all’estero e un dato addirittura negativo per quanto riguarda il mercato interno: -0,3%.

L’andamento del mercato interno, inoltre, è stato influenzato da un calo medio dei prezzi del 3,9% a febbraio rispetto a 12 mesi prima per il totale dei medicinali, riduzione che invece a marzo ha toccato i 15,3% (dati Farmindustria). La differenza è palese anche quando si va a considerare gli ordinativi, sempre relativi al mese di febbraio 2012 rispetto ad un armo addietro: qui, a fronte di un dato complessivo per l’industria che vede un vistoso calo a due cifre (-13,2%), il comparto farmaceutico è andato decisamente meglio, attestandosi complessivamente su +6,6%. Ma la differenza fra gli ordini acquisiti sul mercato nazionale e quelli fuori Italia, anche in questo caso, è molto vistosa: rispettivamente +0,3% e +21,9 per cento. Come si spiegano questi numeri?

Secondo Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria, «si tratta di cifre sì positive, ma la crescita è dovuta esclusivamente alle esportazioni. Nel nostro settore, quando lo Stato comprime la spesa sanitaria, ne risentiamo subito. Per esempio, la manovra di luglio dell’anno scorso ha comportato un ripiano da parte nostra delle spese ospedaliere». Scaccabarozzi accenna qui al fatto che le vendite farmaceutiche devono rimanere a un rapporto stabilito a priori rispetto all’intera spesa sanitaria. Per la farmaceutica ospedaliera questo limite è fissato al 2,4%.  «Se i segnali sul mercato inter

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