Il provvedimento ha lo scopo di adottare “disposizioni urgenti in materia sanitaria”, cioè non è né un progetto né un programma, meno che mai un piano. Oggi, come dice Fassari, serve, al contrario, disperatamente una strategia che sia tale
31 AGO – Pochi giorni fa in un post, “Bindi contro Bindi”, sul mio blog su il Fatto Quotidiano, sostenevo che ai tagli lineari avremmo potuto contro-proporre, a saldi invariati, altre politiche senza necessariamente sfasciare il sistema pubblico, ma che per farlo avremmo dovuto mettere mano ad un nuovo pensiero riformatore dal momento che quello vecchio degli anni 80/90 si era prosciugato come un pozzo nel deserto.
Il dramma della sanità, che mi ostino a denunciare ormai da anni, è “il riformista che non c’è ”per cui i suoi problemi diventano praticamente irrisolvibili pur essendo anche tecnicamente del tutto risolvibili . E’ il proverbiale problema “del manico”. Fassari su questo giornale con puntualità ed equilibrio ha messo a nudo le insufficenze e purtroppo le inconsistenze del decreto legge Balduzzi definendolo senza anima e senza strategia. Praticamente un bluff, cioè “una mano senza carte in mano” in una partita tragica del paese con il mazziere che ha mangiato la foglia e che per non sapere né leggere e né scrivere ha messo la sanità pubblica in liquidazione.
Il decreto Balduzzi,in questo momento in fase di riscrittura, è la dimostrazione di come i problemi del “riformista che non c’è” siano i veri problemi della sanità di questo paese. Sono gli stessi che vedo nei provvedimenti presi ieri dalla Toscana sulla compartecipazione alla spesa, e che mi aspetto di vedere nelle future misure che le Regioni adotteranno per compensare la riduzione dei finanziamenti. Meno tutele e più tasse.
Nel merito delle disposizioni del decreto Balduzzi rimando all’articolo puntuale di Fassari. Mi limiterei a mostrare con pochi esempi come questa proposta sia la migliore dimostrazione del “riformista che non c’è”.
Il decreto ha lo scopo di adottare “disposizioni urgenti in materia sanitaria”, cioè non è né un progetto né un programma, meno che mai un piano. Esso continua una pratica legislativa che dagli anni ‘80 ad oggi non abbiamo mai smess