L’industria del farmaco equivalente riconosce un grande merito alle farmacie, e cioè quello di aver ‘educato’ negli ultimi anni i cittadini ad un acquisto consapevole. Un esempio, questo, di vera farmacia dei servizi. “Come aziende produttrici degli equivalenti – ha spiegato Enrique Häusermann, Presidente di Assogenerici, nella rubrica ‘Il caffè di Federfarma’ – non abbiamo mai fatto mistero del rapporto di fiducia che ci lega alle farmacie, perché grazie ad esse i farmaci equivalenti hanno avuto modo di farsi conoscere e apprezzare da parte dei pazienti.
Il farmacista ha un ruolo fondamentale ad esempio in tema di aderenza terapeutica, non solo perché la farmacia è presente capillarmente su tutto il territorio nazionale ma anche, e soprattutto, per il particolare rapporto di fiducia che il professionista instaura giorno dopo giorno con gli assistiti”. Di pari passo col discorso sui generici, va quello sui farmaci biosimilari e la loro possibile vendita all’interno delle farmacie.
“Non vedo perché si debba aprioristicamente vietare che determinate categorie di farmaci siano distribuite anche in farmacia – precisa ancora il Presidente di Assogenerici – E’ difficile prevedere se in futuro vi sarà un numero più ampio di farmaci biosimilari nelle farmacie, certamente dipenderà molto dalla tipologia di ambiente di prescrizione e somministrazione”.
Ma è sul recente pre-accordo per l’autonomia firmato dal Governo Gentiloni con Veneto, Emilia Romagna e Lombardia, e che andrà portato a termine nella prossima legislatura, che Häusermann fa delle ulteriori precisazioni. Nello specifico, in merito al capitolo che rimanda alle Regioni, previo assenso di Aifa, la facoltà di adottare decisioni basate sull’equivalenza terapeutica tra medicinali con princìpi attivi diversi.
“L’equivalenza terapeutica tra principi attivi – spiega – è una materia estremamente delicata, poiché rimane essenziale, a nostro avviso, che siano i criteri scientifici a guidare le scelte in questo campo e non quelli economici. Ci sono aree terapeutiche dove le semplificazioni in materie di equivalenza terapeutica rischiano di sottrarre strumenti di cura ai sanitari e quindi ai pazienti. Noi riteniamo che la centralità dell’Agenzia del Farmaco in questo campo vada in tutti i modi salvaguardata. Non possiamo immaginare che queste valutazioni siano rimesse alle singole regioni”.
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Nota: I margini delle farmacie, sui medicinali concedibili a carico del SSN, sono fissati (legge n. 662/96, modificata dalla legge n. 122/2010) nella misura del 30,35% lordi (la quota di spettanza teorica è ridotta dallo sconto articolato per fasce di prezzo che le farmacie stesse sono tenute a concedere obbligatoriamente al SSN, il margine delle farmacie è regressivo, diminuisce cioè percentualmente all’aumentare del prezzo del farmaco).
Sui farmaci equivalenti una quota pari all’8% del margine dell’industria è ridistribuita tra grossisti e farmacia secondo le regole di mercato.
A decorrere dal 1° Gennaio 2005, lo sconto dovuto dalle farmacie al Ssn non trova più applicazione su “specialità o generici che abbiano un prezzo corrispondente a quello di rimborso” o prezzo di riferimento (Legge n. 326 del 24 Novembre 2003). La modifica aspirava a creare maggiori incentivi alla commercializzazione dei prodotti equivalenti più economici tra gli off-patent.
E’ accaduto però che i maggiori ricavi ottenibili dalla farmacia grazie alla rimozione dello sconto obbligatorio dovuto al Ssn si sono dimostrati inferiori ai maggiori ricavi ottenibili tramite gli extra sconti riconosciuti dal produttore, e in alcuni casi anche dal grossista, alla farmacia su prodotti equivalenti e più costosi
Nell’intervallo di prezzo in cui si concentrano le vendite di prodotti di fascia “A”, restava la convenienza alla commercializzazione del prodotto off‐patent più costoso (presumibilmente un originator off‐patent o un suo vecchio licenziatario), da ricondurre al fatto che in questo caso più risorse complessive sono disponibili per la loro suddivisione tra produttore, grossista e farmacia.
La prassi di alcuni produttori di contrattare il riconoscimento alle farmacie di margini di ricavo più ampi (extra sconti) rispetto a quelli fissati per legge, come strumento di incentivazione alla commercializzazione dei propri prodotti di fascia “A” è però stata proibita per legge.
Una contrattazione quindi di fatto in contrasto con la legge e attraverso cui il produttore, a parità di prezzo al consumo, rinuncia a quote del proprio margine di ricavo a favore del distributore al dettaglio. Una simile prassi è invalsa anche nei rapporti tra grossista è farmacia.
Oltre a configurarsi come contra legem, la prassi degli extra sconti si presta ad amplificare il noto effetto distorsivo che margini di ricavo in percentuale del prezzo generano sugli incentivi della distribuzione (in particolare delle farmacie) a canalizzare al consumo i prodotti più costosi, sia in termini di prezzo per unità di prodotto sia in termini di packaging.
La disposizione sui margini non riguarda i medicinali di fascia C, a totale carico del cittadino. L’unica disposizione normativa applicabile a tali medicinali deve essere rintracciata nell’articolo 13 del R.D. 3.3.1927. che prevedeva il diritto del farmacista ad un margine non inferiore al 25% del prezzo al pubblico.
In sostanza il maggior margine di ricavo del generico risulta un incentivo alla vendita dello stesso.