«Un farmacista dovrebbe lavorare presso ogni centro di medicina generale, per poter offrire la propria esperienza nella consulenza farmacologica e per essere da supporto ai pazienti, togliendo pressione a medici e famiglie».
Quella che appare come una possibile indicazione per una più articolata rete di assistenza territoriale, di cui in Italia si parla ormai da molti anni, sembra di prossima applicazione nel Regno Unito: si tratta infatti del proposito dichiarato congiuntamente dalla Royal pharmaceutical society (Rps) e dal Royal College of General Practitioners (Rcgp), le associazioni rappresentative rispettivamente dei farmacisti e dei medici di medicina generale britannici.
I farmacisti sarebbero dunque parte integrante del team di specialisti deputati a garantire le cure primarie sul territorio, particolarmente rilevanti per la presa in carico delle cronicità. Secondo un piano presentato nei giorni scorsi a Londra, in un summit congiunto di Rps e Rcgp, proprio i farmacisti dovrebbero costituire una sorta di raccordo tra gli studi medici e le cure domiciliari.
L’intenzione è di migliorare l’erogazione delle cure al paziente e la sua sicurezza, riducendo anche i tempi d’attesa – che in Gran Bretagna possono essere lunghi – per ottenere un appuntamento con il medico di medicina generale. Si prevede che i consulti di questi ultimi saliranno quest’anno a ben 370 milioni, 70 milioni in più rispetto a soli cinque anni fa, a causa di una popolazione che invecchia e comprende sempre più pazienti con condizioni complesse e che richiedono trattamenti a lungo termine.
«Non si tratta di avere un locale farmacia presso gli studi medici – precisa la presidente di Rcgp Maureen Baker – ma di utilizzare appieno le competenze cliniche dei farmacisti per aiutare i pazienti e i medici di base sovraccarichi di lavoro». David Branford, presidente dell’English pharmacy board della Rps, descrive la proposta come una delle classiche soluzioni che si rivelano vincenti per tutti gli attori in gioco, sottolineando il fatto che i farmacisti potranno aiutare i medici a ridurre gli errori nelle prescrizioni e i pazienti ad assumere i farmaci in modo corretto.