Sotto osservazione la loro attività quando vi è la temporanea inibizione del distributore locale a compiere attività di compravendita. Le attività svolte dagli “informatori farmaceutici”, non integrano il presupposto per l’esistenza di una stabile organizzazione a prescindere dal loro effetto positivo sulle vendite.
di Stefano Simontacchi e Francesco Saverio Scandone, membri del Focus Team Healthcare e Life sciences di BonelliErede – 23 febbraio 2017 – Aboutpharma
Una tematica fiscale meritevole di attenzione è rappresentata dal rischio di stabile organizzazione in Italia di un soggetto estero del gruppo. L’Amministrazione finanziaria italiana (seguendo un trend esistente anche in altri paesi) ha in più occasioni contestato l’esistenza di una stabile organizzazione in Italia facendo leva, in particolare, su un approccio sostanzialistico dal quale deriva l’attribuzione al personale italiano del potere di vincolare il committente estero. Dalla contestazione di una stabile organizzazione deriva il reato di omessa dichiarazione (articolo 5 del D.Lgs. n. 74/2000), con i relativi problemi reputazionali per il gruppo nonché penali per le figure apicali a cui il reato è contestato.
Particolare enfasi, nel passato, è stata attribuita all’attività svolta dagli informatori farmaceutici quando vi è la temporanea inibizione del distributore locale a compiere attività di compravendita, legittimando a tali attività unicamente l’azienda produttrice o il detentore dell’autorizzazione europea (ad esempio, uso compassionevole). Tale attività, in virtù dell’orientamento sostanzialistico della Corte di Cassazione italiana (rimarcato nell’osservazione dell’Italia al commentario OECD alla definizione di stabile organizzazione), poteva essere definita come partecipazione della consociata italiana alle trattative commerciali, e come tale in astratto risultare un elemento idoneo per l’accertamento di una stabile organizzazione.
Nel 2013, facendo seguito alle polemiche sorte in relazione ad alcuni importanti gruppi multinazionali che allocavano gran parte dei loro profitti in paesi a bassa fiscalità, il G20 ha dato mandato all’OECD (OCSE) di lanciare il progetto “BEPS” (base erosion and profit shifting), che si pone come obiettivo lo sviluppo di misure atte a combattere fenomeni di erosione della base imponibile fondate sullo sfruttamento di asimmetrie impositive tra i diversi sistemi tributari, nonché il mancato coordinamento tra gli stessi.
Tale progetto ha affrontato anche la tematica della stabile organizzazione, conducendo a fine 2015 alla pubblicazione del c.d. Action 7, dove è stato stabilito che le attività di mero “promotion and advertising”, quali ad esempio le attività svolte dagli “informatori farmaceutici”, non integrano il presupposto per l’esistenza di una stabile organizzazione a prescindere dal loro effetto positivo sulle vendite. Le novità contenute nell’Action 7 produrranno effetti solo a seguito della entrata in vigore della convenzione multilaterale al momento ancora in fase di finalizzazione.
Per quanto il documento citato rappresenti un importante strumento per rendere più certa la posizione delle multinazionali del settore con riferimento al rischio di stabile organizzazione, al momento la strategia più adeguata per gestire tale rischio rimane il ricorso all’istituto del ruling internazionale che permette, dal 2015, di definire, in accordo con l’Amministrazione finanziaria, la sussistenza dei requisiti per la configurazione di una stabile organizzazione.
A cura di Stefano Simontacchi e Francesco Saverio Scandone, membri del Focus Team Healthcare e Life sciences di BonelliErede
N.d.R.: Una stabile organizzazione, secondo l’art.162 comma 1 del Tuir (Testo unico delle imposte sui redditi) e l’art. 5 del Modello di Convenzione dell’Ocse, è una sede fissa d’affari per mezzo della quale un’impresa non residente esercita tutta o in parte la sua attività sul territorio dello Stato.
La stabile organizzazione rappresenta una articolazione della casa madre, non configurando un soggetto giuridico autonomo, come invece si avrebbe, andando a costituire all’estero una legal entità/subsidiary.
Dal punto di vista tributario, però la stabile organizzazione dovrà scontare la tassazione nel paese dove opera in quanto considerata autonomo soggetto d’imposta ed anche nel paese di residenza della casa madre, andando a generare un fenomeno di doppia imposizione attenuato o eliminato tramite l’applicazione delle Convenzioni siglate dall’Italia con più di 80 paesi.
La registrazione di una stabile organizzazione, diversamente da una legal entity non richiede il versamento di somme a titolo di capitale lasciando alla casa madre la possibilità di dotarla di un fondo di dotazione (costituito da beni, denaro, personale, ecc.) per l’attività in loco. Dal punto di vista contabile i risultati della stabile dovranno entrare a far parte del bilancio ordinario della casa madre