“È improcrastinabile affrontare la questione prescrittiva di alcuni presidi, esami diagnostici e farmaci di comune uso, da parte delle professioni sanitarie non mediche fortemente attinenti il proprio ambito autonomo”. E’ solo una delle proposte avanzate dal sindacato degli infermieri in un documento sulla bozza di delega sul lavoro in sanità prevista dal Patto
09 DIC – Nei giorni scorsi il Nursind ha inviato al ministero della Salute le sue osservazioni sulla bozza di DDL in attuazione dell’art. 22 (gestione e risorse risorse umane del Ssn) del Patto per la salute. La cosa che colpisce di più del documento è la mancanza completa di riferimenti alla professione infermieristica. Se lo scopo è l’innovazione organizzativa della rete ospedaliera, dei servizi territoriali, la promozione della salute e la presa in carico delle cronicità e delle non autosufficienze come si può pensare ottenere un risultato di integrazione e riorganizzazione se si va a ri-disciplinare solo la dirigenza?
L’evoluzione delle competenze del personale sanitario non medico, così come previsto dalla bozza di accordo Stato-Regioni, prevede una revisione dei percorsi didattici di base e specialistici per le professioni interessate. Anche lo sviluppo della carriera professionale accanto a quella manageriale è quanto mai necessaria per tali professioni e non riguarda solo la dirigenza perché il doppio binario è presente anche nel comparto proprio in attuazione dell’art. 6 della legge 43/2006. Il percorso tra dirigenza e comparto, ad avviso di Nursind, va armonizzato e ripensato in ottica integrativa e di sistema per evitare duplicazioni o sovrapposizioni di linee gestionali o clinico-assistenziali.
Ecco le proposte di Nursind che prevedono la modifica della bozza di DDL proprio sulla base del mandato dell’art. 22 del Patto:
· la peculiarità dell’ambito sanitario rispetto al consueto ambito amministrativo della pubblica amministrazione richiederebbe un tavolo contrattuale unitario di discussione sull’articolazione dei percorsi di valorizzazione del personale sanitario.
· Quindi una condivisione non tanto sui contenuti ma sui limiti dell’azione sulle professioni sanitarie in termini di unitarietà dei percorsi formativi, di ingresso nel mondo del lavoro e progressione di carriera, di valorizzazione dei percorsi specialistici e manageriali dal punto di vista giuridico ed economico. La multidisciplinarietà e l’integrazione debbono partire dalla costruzione armonica e non conflittuale del sistema.
· Una riorganizzazione del sistema e delle risorse umane deve trattare anche questioni di sviluppo professionale nell’ambito delle professioni sanitarie mediche e non mediche riequilibrando il numero di medici e infermieri per abitanti verso una maggiore presenza di questi ultimi come già avvenuto in molti paesi europei. Maggior coinvolgimento dell’infermiere nel management sanitario.
· Seguendo lo sviluppo epidemiologico e integrando la rete territorio-ospedale è quanto mai necessario prevedere l’istituzione della figura dell’infermiere di famiglia. Diverse sono le proposte di legge a livello nazionale e regionale e le esperienze oltre frontiera a cui si può attingere per dare normativamente delle indicazioni univoche.
· È improcrastinabile affrontare la questione prescrittiva di alcuni presidi, esami diagnostici e farmaci di comune uso, da parte delle professioni sanitarie non mediche fortemente attinenti il proprio ambito autonomo. La revisione della formazione specialistica e l’evoluzione delle competenze sono l’occasione per un’impostazione organica della materia. Non ha senso un infermiere esperto in wound care se non gli si dà la possibilità di dare delle indicazioni sul corretto presidio da utilizzare.
· Prevedere la possibilità per gli infermieri di attivare la consulenza specialistica nell’ambito della propria professione.
· Escludere il ricorso alla forma del contratto di apprendistato professionalizzante per tutte le professioni sanitarie.
· Per quanto riguarda la definizione di una metodologia condivisa per individuare standard di personale al fine di determinare il fabbisogno di professionisti dell’area sanitaria occorre fare riferimento a due specifiche. La prima riguarda ilWork Packages 5 “Exchange of good practice with planning methodology” (WP5) della joint action health workforce planning and forecasting per affrontare la carenza di professionisti sanitari attraverso una metodologia di programmazione del fabbisogno; la seconda interessa la determinazione degli standard di personale medico e infermieristico per individuare la consistenza della dotazioni organiche delle strutture ospedaliere e territoriali. In particolare quest’ultimo aspetto, a nostro parere, deve essere ben ponderato in base ad indicatori di esito piuttosto che ad esigenze di contenimento del turn over e tagli del personale.
· Per quanto riguarda gli aspetti di inquadramento del personale e la collocazione retributiva si ritiene di dover demandare il dettaglio della materia alla contrattazione quale alveo naturale per la definizione di tali temi.
Questi sono alcuni temi che gli infermieri chiedono che siano trattati dal punto di vista normativo per dare senso ai cambiamenti inseriti in diversi documenti e per dare una struttura organica all’organizzazione del lavoro. Naturalmente rimane la disponibilità a un percorso comune di dibattito per evitare gli errori del passato pensando che le professioni sanitarie si muovano per “armonia prestabilita” come le monadi di Leibniz.
Dr. Andrea Bottega
Segretario Nazionale Nursind