L’inizio del 2009 è stato segnato per il mondo del Pharma da una catena di eventi che hanno scosso dalle fondamenta la galassia generici. All’origine di questi eventi un fatto tragico, il suicidio, che ha avuto larga eco nei media, del miliardario tedesco Adolf Merckle. La famiglia del miliardario suicida, infatti, detiene (in procinto di cederlo) il controllo, attraverso la holding Vem, di varie aziende tra cui la multinazionale dei farmaci generici Ratiopharm. Il fatto ha dato il via libera alle indiscrezioni sui possibili acquirenti, con l’israeliana Teva in pole position. Ma ad aggiungere fermento al mondo dei farmaci senza marca è arrivato anche l’annuncio della possibile vendita di Actavis, azienda islandese tra i principali produttori di non griffati.
Travolto dai debiti e dalle borse, come riportato dal Sole 24 ore, il miliardario tedesco, quinto uomo più ricco di Germania, è rimasto coinvolto in un’operazione sfortunata sul titolo Volkswagen, perdendo circa 400 milioni di euro. Ma i debiti della holding di famiglia sarebbero ancora più elevati. La conseguenza è che la famiglia è costretta a vendere Ratiopharm, il gioiello del gruppo e in quest’ottica dopo settimane di trattative sembra aver trovato l’accordo con le banche creditrici che in base all’intesa concederanno un prestito ponte di 400 milioni di euro. Secondo stime di mercato riportate da Wall Street Journal, la transazione potrebbe fruttare dai 3 ai 5 miliardi di dollari. L’azienda ha particolare rilievo nella galassia generici, quarto produttore al mondo con filiali in 25 paesi e un fatturato di oltre 1,7 miliardi di euro, con oltre cinquemila dipendenti in Germania e all’estero. Ma non se la passa molto meglio l’islandese Actavis, a sua volta destinata a finire "su piazza". Secondo Reuters, infatti, Novator la società di private-equity che controlla l’azienda, tra i principali produttori mondiali di medicinali generici, potrebbe decidere di cederla. In questo caso nessun fatto tragico all’origine dell’evento, ma, stando a Reuters, la crisi della banca islandese Landsbanki di cui Thor Bjorgolfsson, AD di Actavis, è uno dei principali azionisti. Del resto voci sulla scarsa salute dell’azienda girano da qualche tempo nell’ambiente e l’acquisizione dell’80% da parte della private-equity aveva lasciato l’azienda con 4 miliardi di debito. L’operazione potrebbe valere 6 miliardi di dollari o anche di più.
Si parla quindi di affari considerevoli che potrebbero attirare non pochi acquirenti. La prima a essere chiamata in causa, trattandosi di due aziende di generici, è stata l’israeliana Teva che sembra godere di buona salute. Ma Bill Marth, ceo del gruppo per il Nord America si è affrettato a smentire, parlando a un incontro della Goldman Sachs. Nuove maxi-acquisizioni, infatti, sono improbabili, ha spiegato Marth, secondo il quale per il momento la priorità è l’integrazione della rivale Barr Pharmaceuticals, rilevata nel 2008 per 7,46 miliardi di dollari. Al massimo, ha dichiarato Marth, il gruppo potrebbe valutare l’acquisizione di parti di compagnie. Sul fronte Actavis, invece, tra i possibili acquirenti sono state evocate anche multinazionali farmaceutiche del calibro di Pfizer, Sanofi-Aventis, Novartis e GlaxoSmithKline. Actavis vanta, infatti, una presenza particolarmente forte in mercati emergenti quali Europa dell’Est e alcune regioni asiatiche. Ma per ora sono solo indiscrezioni e impera il no comment da parte dei portavoce delle aziende in vendita. In attesa dei prossimi sviluppi.
Fonte: www.pharmamarketing.it
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