“Per Il consumo dei farmaci informazione indipendente“. L’articolo è apparso su l’Eco di Bergamo – 17 agosto 2020. Ne riportiamo ampi stralci
I farmaci sono vittime del loro successo e proprio per questo tendono a divenire beni di consumo anziché strumenti di salute. Come per tutti i beni di consumo la tendenza è di aumentarne l’impiego attraverso la propaganda destinata a medici, farmacisti e consumatori. In realtà il mercato del farmaco ha alcune peculiarità rispetto ai comuni mercati, perché per qualsiasi bene di consumo è l’acquirente che sceglie, paga e utilizza il
prodotto per sé o per altri. Nel caso dei farmaci, data l’esistenza del Servizio sanitario nazionale (Ssn), la situazione è diversa perché il Ssn paga, ma non sceglie e non utilizza, il medico sceglie ma non utilizza e non paga e, infine, il paziente utilizza senza scegliere né pagare.
Questa particolare situazione dovrebbe essere studiata, perché chi invece vende non abbia il sopravvento su tutti. Non vi è infatti dubbio che l’industria farmaceutica è molto attrezzata da questo punto di vista. Ad esempio, migliaia di informatori farmaceutici sono interessati a contattare medici per far conoscere i loro prodotti. Si tratta di visite «private» negli ambulatori o negli ospedali in cui è ovvio e logico che l’informazione sottolinei soprattutto i benefici dei propri prodotti, minimizzando gli effetti collaterali e criticando i prodotti degli altri. Questa attività, che si accompagna spesso ad inviti a partecipare a riunioni, a cene di lavoro o a congressi è sicuramente utile ad assicurare prescrizioni e quindi vendite. Infatti, la spesa delle aziende farmaceutiche per l’informazione, il cosiddetto marketing, rappresenta una quota importante, intorno al 30% del bilancio aziendale.
D’altra parte, la letteratura scientifica ci dice che chi riceve «favori» da una determinata industria tende, consciamente o inconsciamente, ad aumentare le prescrizioni dei prodotti di quell’industria. Per contro l’attività propagandistica dell’industria non si limita al medico, ma si propaga anche al farmacista, un soggetto importante nel determinare se il paziente utilizzerà un farmaco dal nome di fantasia anziché un farmaco dal nome generico pagando la differenza. È utile ricordare che per questi pagamenti gli italiani gettano al vento ogni anno oltre un miliardo di euro che potrebbero utilizzare meglio. Non solo, ma i social network e la pubblicità televisiva rappresentano una modalità molto efficace per promuovere l’uso dei farmaci da banco, ma anche di quelli di prescrizione, da parte del cittadino. È ormai abbastanza comune che il paziente si rivolga al medico, richiedendo direttamente la prescrizione del farmaco che pensa faccia al caso suo.
Il Prof. Garattini poi dà la sua ricetta per risolvere ai mali enunciati. Al primo punto “è la proibizione della presenza degli informatori farmaceutici negli ambulatori dei medici di medicina generale e negli ospedali, perché sottraggono tempo alle attività sanitarie”. Colto da improvvisa benevolenza aggiunge: “Tuttavia poiché l’informazione dell’industria farmaceutica può essere utile, gli informatori potrebbero svolgerla attraverso seminari pubblici, in modo che vi possa essere discussione ed eventualmente un contraddittorio. Il secondo intervento riguarda la necessità di realizzare un’informazione indipendente”
E prosegue: “E’ singolare poi che l’informazione non venga richiesta dai medici attraverso gli Ordini provinciali o la federazione nazionale. A che servono gli Ordini se non a proteggere il diritto dei medici a essere informati in modo obiettivo per evitare errori, prescrizioni inutili e divenire vittime del mercato?”
L’articolo si conclude dicendo che il SSN deve rendersi conto della necessità di sviluppare e fornire strumenti di informazione indipendente.
La letteratura scientifica ci dice che nella terza età venga maggiormente compromessa la memoria recente, mentre resta attiva la memoria remota che consente di ricordare fatti anche remoti con estrema semplicità. Quarant’anni fa l’esimio professore diceva esattamente le stesse cose, ora evidentemente è diventata un’ossessione. Se dopo decenni si trova ancora ad attaccare gli ISF, o ha sbagliato indirizzo, o ha sbagliato argomento. Forse è un articolo vecchio ripubblicato per scarse notizie di ferragosto.
I tempi cambiano e anche le leggi. Oggi le cose sono un po’ diverse.
C’è una legge, il D.Lgs. 219/06, che regolamenta e tutela l’attività degli ISF. In particolare bisogna sottolineare che gli ISF devono dipendere da un servizio scientifico indipendente dal marketing e che non devono essere coinvolti in attività di vendita. Devono riferire al servizio di farmacovigilanza sugli effetti avversi dei farmaci riscontrati sul territorio. Il rapporto col farmacista è limitato alla sola illustrazione del foglietto illustrativo.
E anche se fosse vero che gli ISF criticano la concorrenza, pratica vietata anche dal Codice Deontologico di Farmindustria, proprio la molteplicità della concorrenza darebbe un quadro obiettivo al medico.
Il problema, egr. prof. Garattini, non è più quello che lei denuncia, sbaglia clamorosamente bersaglio. Se è a conoscenza di comportamenti non conformi alla legge, denunci quelle aziende colpevoli di tali comportamenti. Non si aboliscono le banche per impedire le rapine!
Il problema che dovrebbe considerare è proprio il rispetto della legge e di chi dovrebbe farla rispettare. Con l’abolizione degli ISF ci sarebbe veramente un “mercato” senza regole dove il commerciale la farebbe da padrone ed è esattamente quello che vorrebbero fare le aziende farmaceutiche.
Poi, egregio Prof., impedire l’accesso degli ISF agli ambulatori e ospedali vorrebbe dire abolirli, cancellarli. I medici possono informarsi nei congressi, ma bisognerebbe abolirli perché sponsorizzati, potrebbero consultare la letteratura scientifica che però sarebbe meglio abolire per palese conflitto d’interesse, fare riferimento alle società scientifiche, ma bisognerebbe abolire anche queste perché finanziate dall’industria farmaceutica. Che resterebbe? L’informazione indipendente cioè quella di Stato, come dice, ma sarebbe solo orientata al risparmio e non all’interesse del paziente. Si veda proprio i generici, che vengono portati ad esempio, il cui mercato è dominato da un oligopolio di 5 aziende e per commercializzarli basta una autocertificazione o un certificazione del Paese d’origine, Cina e India, per garantirne la qualità e dove i venditori in farmacia fanno gara al ribasso, dove la prescrizione è passata dal medico al farmacista. Non una parola viene detta sui “vantaggi economici” per i prescrittori e dispensatori dei generici stessi.
Ovviamente ci sono generici di qualità, ma in mancanza di una legislazione adeguata i prodotti di scarsa qualità danneggiano tutta la categoria. Ma queste cose non vengono dette, perché?
Allora caro Prof., forse l’ISF non è il male peggiore. Dobbiamo ammettere, e dovrebbe farlo anche l’esimio prof., che chi scopre un farmaco e lo commercializza ha anche il diritto di farlo conoscere nelle modalità che prescrive la legge. L’informazione data dall’industria è l’unica soggetta ad una precisa regolamentazione, la si faccia rispettare.
Non possiamo accettare che passi una cultura di criminalizzazione e di pregiudizio nei confronti della intera categoria professionale sia dei medici che degli informatori scientifici.
Il suo bersaglio non dovrebbero essere gli ISF ma dovrebbe spostarsi su chi non osserva la legge e su chi dovrebbe controllare che la legge sia osservata e non lo fa.
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Spese di marketing negli Stati Uniti nel 2012, dove però c’è una realtà molto diversa rispetto ai paesi europei.
Nel 2012, negli USA, l’industria farmaceutica ha speso circa 27 miliardi di dollari in promozione, di cui 3 per la promozione diretta al pubblico e 24 per quella diretta ai medici. Dato che la spesa totale per farmaci è di circa 300 miliardi di dollari, la promozione rivolta ai medici vale circa l’8% di questa spesa. In Italia la percentuale spesa in questo settore è nettamente inferiore.