La sentenza della Corte di Cassazione n. 21270 del 7 agosto 2008 ha preso posizione – in senso restrittivo – sul trattamento fiscale da riservare alle spese sostenute dalle aziende farmaceutiche per ospitare medici, in occasione dei cosiddetti minimeetings e di eventi congressuali. In particolare, i giudici hanno stabilito che a tali componenti reddituali non si applica il regime speciale, previsto dall’articolo 19, comma 14 della legge 67/1988, vigente per quella controversia. Ad avviso di chi scrive, le statuizioni della Corte vanno contestualizzate, in quanto il quadro normativo di riferimento ha formato oggetto di radicali modifiche a partire dal 1997 e, proprio per questo, non gli si può attribuire una valenza con carattere di attualità. Di ciò, peraltro, si trova più di una conferma nelle pronunce del Fisco. La sentenza della Corte. Relativamente al periodo d’imposta 1992, la Guardia di finanza aveva contestato la deduzione dal reddito imponibile Irpeg delle spese sostenute «per ospitare a pranzo o a cena presso ristoranti medici intervenuti alle riunioni informativoscientifiche», tenute dall’impresa farmaceutica oggetto di verifica al fine di «diffondere e illustrare caratteristiche, qualità e applicazioni terapeutiche dei farmaci commercializzati», e le «spese per la partecipazione di medici esterni e per la contribuzione… a convegni promossi e organizzati da terzi». Secondo l’organo accertatore, tali elementi negativi di reddito dovevano essere qualificati alla stregua di spese di rappresentanza e, pertanto, essere dedotti dall’imponibile solo per una parte, frazionatamente in più esercizi. L’azienda verificata, invece, aveva ritenuto – tra l’altro – che la fattispecie fosse regolamentata dal citato articolo 19, comma 14, della legge 67/1988. Tale disposizione prevedeva che le spese sostenute da aziende di medicinali per promuovere e organizzare congressi, convegni e viaggi a essi collegati, fossero deducibili (integralmente, all’epoca, ora al 20%), ai fini della determinazione del reddito di impresa, purché gli stessi avessero finalità di rilevante interesse scientifico con esclusione di scopi pubblicitari. Tale essendo per grandi linee l’ambito nel quale era incardinata la questione controversa, la Cassazione ha ritenuto inapplicabile questa norma, specifica per i congressi farmaceutici, alle spese di «partecipazione» all’evento (come quelle di ospitalità dei soggetti che vi erano intervenuti). Secondo la Corte, infatti, la disposizione si riferisce unicamente a quelle sostenute dalle imprese del settore per «promuovere» e «organizzare» le dette manifestazioni, fra le quali non rientrano le spese «dirette soltanto a favorire la partecipazione di congressisti e/o convegnisti». Queste ultime, pertanto, rimangono per la Cassazione assoggettate al trattamento fiscale di sfavore previsto dalla normativa comune per le spese di rappresentanza. Osservazioni critiche. L’articolo 36, comma 13, della legge 449/1997 ha in realtà profondamente modificato il trattamento delle spese congressuali per le farmaceutiche, riconducendo al campo di applicazione del citato articolo 19 «la pubblicità di medicinali comunque effettuata dalle aziende farmaceutiche attraverso convegni e congressi», ai sensi del Dlgs 541/1992 (ora sostituito dal Dlgs 219/2006). In tale contesto è stato, altresì, chiaramente esplicitato il principio secondo cui la possibilità di portare in deduzione le spese in discorso è subordinata all’ottenimento, da parte dell’azienda, della prescritta autorizzazione ministeriale a partecipare all’evento, secondo le forme di legge. Da questo momento, quindi, si è determinata una perfetta sovrapposizione circa l’ambito di applicabilità della normativa pubblicistico-sanitaria e quella fiscale. De
593 2 minuti di lettura