Ci scrive un Collega sulle sue preoccupazioni che i moderni mezzi tecnologici (telefonini, tablet, GPS, ecc.) possano costituire un mezzo, più o meno nascosto, di controllo improprio e illegale. Cerchiamo di fare chiarezza.
Gli Informatori sono molto sensibili a questo tipo di argomento. Anche se la loro attività va svolta individualmente e i controlli a distanza sono vietati, rimane sempre il dubbio che vengano effettuati ugualmente dato che sono tante le possibilità di controlli più o meno leciti, piò o meno diretti, che le aziende possono attuare.
L’innovazione tecnologica ha consentito anche – tramite l’installazione di sistemi di geolocalizzazione (GPS) per la gestione delle flotte aziendali – un’ulteriore modalità di potenziale controllo indebito sui lavoratori (da ricondurre sotto la disciplina definita nell’art. 4 Stat. lav.), visto che tali sistemi hanno idoneità non solo a consentire la localizzazione delle auto affidate ai dipendenti, ma anche di fornire online report storici dei tragitti, chilometri percorsi, soste effettuate.
La legge dice che gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l’Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l’uso di tali impianti.
È quindi importante nelle aziende in cui opera una RSU, in rispetto dell’art. 2 dello statuto, che venga siglato un accordo atto ad impedire che il datore di lavoro impieghi gli strumenti aziendali con finalità di controllo. Tra l’altro la legge prevede delle sanzioni a carico di chi non la rispettasse:
“L’art. 38 della Legge n. 300/1970 sanziona con la pena alternativa dell’arresto da 15 gg. ad un anno o dell’ammenda da € 154 a € 1.549, l’ipotesi di apposizione di impianti audiovisivi volti al controllo a distanza dei lavoratori”
Una sentenza della Cassazione però (Cass. Civ. n. 16196/2009) dichiara legittimi i controlli effettuati direttamente o tramite propria organizzazione gerarchica o attraverso personale esterno (es. agenzie investigative) nei confronti di una dipendente diretti a verificare la corrispondenza dei chilometri realmente effettuati per coprire i percorsi indicati e quelli esposti nella richiesta di rimborso spese.
Vietato l’uso di impianti (Art. 4, secondo comma, S.L) come un software installato sul palmare in dotazione agli informatori medico scientifici che registrava e inviava, via internet, al server aziendale le visite effettuate da ciascun lavoratore, memorizzandone data e ora, e consentiva anche di verificare, tramite una sim, gli spostamenti del lavoratore (Min. Lav. Prot. n. 6585 del 28/11/06).
Un invito va rivolto a coloro che dovrebbero operare al fine di garantire la tutela occupazionale in modo tale che trovino le giuste contro misure per impedire che questi strumenti, oltre a minacciare i diritti lavorativi, si trasformino in ulteriore mezzo utile alle aziende per incrementare quelle procedure di mobilità che già stanno affliggendo la nostra categoria.
Non è escluso però il potere dell’imprenditore, ai sensi degli artt. 2086 e 2104 cod. civ. di controllare direttamente o mediante la propria organizzazione gerarchica l’adempimento delle prestazioni lavorative e quindi di accertare mancanze specifiche dei dipendenti, già commesse o in corso di esecuzione, e ciò indipendentemente dalle modalità del controllo.
Redazione Fadaiisf – 19/10/2014