Importanti aziende farmaceutiche starebbero «seriamente» pensando di delocalizzare nei prossimi mesi e di dirigere i propri investimenti altrove. A lanciare l’allarme è il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi, a margine del Meeting "Bioeconomy Rome", secondo il quale senza inversioni di tendenza i posti di lavoro a rischio nei prossimi anni potrebbero essere circa 8mila. «Purtroppo ho dei segnali abbastanza spiacevoli soprattutto per il prossimo futuro, mi riferisco ai prossimi 6 mesi, perché ci sono aziende anche importanti che stanno pensando seriamente di delocalizzare», rivela il presidente di Farmindustria, sottolineando che «stiamo vivendo una crisi profonda» e che «negli ultimi anni abbiamo avuto molte manovre economiche contro, che abbiamo sopportato ma che sono costate investimenti e una perdita di circa 8mila posti di lavoro». Ed è proprio una eventuale nuova ricaduta in termini occupazionali a preoccupare Scaccabarozzi: «i segnali, se guardiamo al passato, sono preoccupanti. Negli ultimi anni» ribadisce «si sono persi circa 8mila posti di lavoro. Ora è difficile fare stime precise sul futuro, anche perché non conosco i piani aziendali, ma il rischio è che nei prossimi anni si possano perdere altrettanti .posti di lavoro.
30 novembre 2011 – Farmacista33
Farmindustria avanza al Governo un manifesto per la ripresa
È un manifesto in cinque punti quello che Farmindustria propone al Governo insieme alla richiesta di rendere sostenibile il sistema con regole stabili e non frammentarie. D’altra parte, come ha ricordato il presidente degli industriali, Massimo Scaccabarozzi, a margine di un meeting, la farmaceutica è «al secondo posto per valore degli investimenti in ricerca e sviluppo (il 12% sul totale dell’industria manifatturiera) e primo per rapporto sul fatturato», ma sta mostrando «segnali di pericolo, con la riduzione degli studi clinici nel biennio 2009-2010 e con 8mila addetti in meno dal 2006 al 2010 (-11%)». E così le proposte avanzate da Farmindustria vanno dalla garanzia di una stabilità del quadro normativo «fondamentale per essere competitivi con il resto dei paesi europei» alla necessità di investire in ricerca e di dare il giusto riconoscimento all’innovazione, «con tempi certi su tutto il territorio», dall’importanza di strutturare un adeguato credito di imposta per la ricerca all’esigenza di rispondere alla domanda di salute con risorse adeguate. Quinto e ultimo punto quello di «governare la spesa farmaceutica e sanitaria in modo sostenibile, considerato che la spesa pro capite in Italia è la più bassa tra i grandi paesi europei (181 euro contro una media di 273 euro)».
30 novembre 2011 – DoctorNews