La crescita dei ritiri deriva anche dalla maggior efficienza nella prevenzione
Sara Todaro
La nimesulide contingentata; lo sciroppo antitosse che fa male al cuore; le confezioni ritirate dal mercato perché la dose non è quella giusta… Gli allerta sui farmaci che usiamo quotidianamente sono sempre più frequenti, ma sono «un buon segno», anche se spesso il pubblico e gli stessi operatori sanitari sembrano «incapaci di percepire la necessità di una revisione continua del profilo rischio/beneficio dei farmaci». Suona così, un po’ a muso duro, la puntualizzazione – forse necessaria – con cui l’ultimo numero del Bollettino di infomazione sui farmaci dell’Aifa (l’Authority italiana di medicinali) fa il punto in tema di "Farmacovigilanza".
Una puntualizzazione necessaria, dopo il risalto dato dalle cronache alla notizia dei possibili danni epatici legati all’uso della nimesulide.
La vicenda è nota: l’Aifa ha imposto la ricetta non ripetibile (utilizzabile una sola volta) per la nimesulide al termine della revisione del profilo di sicurezza da parte dell’Emea (Agenzia Ue dei medicinali). Revisione scattata – come previsto dal Codice comunitario dei medicinali – per la scelta di uno stato membro, l’Irlanda, di impedirne la commercializzazione nel proprio territorio. La notizia ha fatto scalpore, ma ormai è quasi dimenticata. Anzi "superata".
Dal carniere dell’Emea, a fine ottobre, è esploso un altro avviso: «C’è uno sciroppo antitosse può far male al cuore: meglio smettere di usarlo, visto che sul mercato ci sono cure alternative meno rischiose». La sentenza stavolta ha riguardato gli antitosse a base di clobutinolo (farmaci "da banco", acquistabili senza ricetta in numerosi Paesi Ue): anche in questo caso, a far scattare la review sul rapporto rischio/benefici era stato il pollice verso di uno stato membro – la Germania – che da settembre ne ha sospeso la commercializzazione.
Altre tre segnalazioni a novembre: la sospensione in tutta Europa di un noto antidolorifico; l’avviso sui rischi di ipersensibilità grave in relazione a un trattamento per l’osteoporosi; l’aggiornamento delle informazioni di sicurezza sull’uso di un farmaco anti-rigetto durante la gravidanza.
Facce diverse della stessa medaglia: più controlli, più segnalazioni – anche da parte delle imprese – più efficienza nel prevenire i rischi. «La rivalutazione del profilo beneficio/rischio – scrive l’Aifa – non è un’ammissione implicita di colpa, né è sintomo di un sistema che fallisce la sua missione di evitare rischi inutili».
Tra il 2001 e il 2007 sono almeno dieci i prodotti di cui la rete di vigilanza Ue ha determinato il ritiro in relazione alle gravi reazioni avverse determinate dal loro uso. E stando agli obiettivi della «Road map» dell’Emea per il 2010, vigilanza e monitoraggio non potranno che aumentare. L’Agenzia ha infatti appena avviato la creazione dell’Encept, il network europeo dei centri di farmacovigilanza e farmacoepidemiologia: obiettivo creare una rete ad hoc per gli studi post marketing.
Finora sono stati identificati 63 centri, di cui 5 in area pediatrica: nel pool figurano tra l’altro 22 centri con competenza in area cardiovascolare, 19 centri in area neurologica, sette centri in area endocrinologica e diabetologica. Tra gli italiani, l’Istituto Mario Negri di Milano, le sezioni di Farmacologia delle Università di Verona e Messina, il CeVEAS (Centro per la valutazione dell’efficacia dell’assistenza sanitaria) di Modena, l’unità di Biostatistica dell’Università di Milano-Bicocca.
Il problema saranno i fondi: l’Emea contribuirà con i finanziamenti reperiti nell’ambito dei progetti di ricerca Ue; il resto arriverà da contratti sigla