Polemica sulle reazioni avverse dei generici. La causa, i medici di famiglia devono prescrivere il farmaco prodotto dall’azienda che ha vinto l’appalto della diretta/dpc e che nel prossimo futuro potrebbero abbracciare un’intera categoria terapeutica, come ammette (a determinate condizioni) il nuovo Patto per la salute.
da Federfarma articolo24 settembre 2014 – IlSole24ORE
Il risultato di queste gare è che per ogni molecola messa a bando, i medici di famiglia devono prescrivere il farmaco prodotto dall’azienda che ha vinto l’appalto. Sono consentite eccezioni, ma soltanto per casistiche limitate come la prosecuzione della terapia. Nelle altre, assessorati o servizi farmaceutici di alcune Regioni hanno cominciato a chiedere la “certificazione”: se il medico non vuole prescrivere il prodotto “appaltato” perché il paziente non lo tollera, riempia una scheda di segnalazione Adr e la trasmetta attraverso la rete nazionale di farmacovigilanza; la ricetta con accluso il numero della scheda non gli sarà contestata.
Ed ecco gli effetti avversi di cui si diceva: nel primo semestre di quest’anno, le Regioni che hanno messo in piedi il sistema hanno registrato un boom sproporzionato di segnalazioni. Tutte riguardanti principi attivi senza copertura brevettuale e sospette reazioni avverse di lieve entità, come disturbi gastrointestinali o reazioni allergiche lievi. In numero talmente elevato che nei giorni scorsi l’Aifa ha diramato una comunicazione nella quale si invitano «tutti gli operatori sanitari a una segnalazione responsabile non focalizzata soltanto su alcune specifiche tipologie di medicinali».
«Su alcuni medicinali» spiega Achille Caputi, docente di farmacologia all’università di Messina, tra i responsabili della rete regionale di farmacovigilanza «abbiamo registrato in Sicilia un numero di segnalazioni pari al 60% del totale nazionale. E’ evidente che si tratta di una cifra abnorme. Addirittura, abbiamo farmaci che sono diventati oggetto di segnalazione soltanto da quando è scaduto il brevetto».
In ogni caso, che le cause del fenomeno sia la dpc sui senza brevetto parrebbe dimostrato: «Nell’esaminare i dati» prosegue Caputi «abbiamo riscontrato picchi analoghi in un’Area vasta dell’Emilia Romagna: abbiamo telefonato, abbiamo chiesto se anche lì ai medici che sostituivano era chiesta la segnalazione Adr e la risposta è stata affermativa».
Impossibile non mettere questi dati in relazione con le regole volute dalla Regione per governare la dpc. «L’idea messa in piedi dagli esperti dell’Assessorato è in sé brillante: se il medico non prescrive un generico perché sa di effetti avversi, è suo dovere fare una segnalazione. L’idea però ha finito per introdurre una rigidità che ai mmg non è piaciuta, da cui la reazione. Che innescherà però un bel contenzioso. Alcune Asl, infatti, stanno iniziando a chiedere ai medici spiegazioni per quelle schede di Adr: se non hanno mai prescritto al paziente quel farmaco, come fanno a conoscere in anticipo le reazioni?».
E’ la stessa domanda che a questi generalisti potrebbero porre i Nas, come minacciato l’altro ieri dal direttore generale dell’Aifa, Luca Pani.
Strascichi giudiziari a parte, la vicenda riporta a galla l’annosa questione dei rapporti tra medici di famiglia e generici.
«Il fatto è che per convincere i medici a fidarsi del generico servono altri strumenti» continua Caputi «e occorre anche un’amministrazione sanitaria più presente e credibile, come dimostra il fatto che al Nord i mmg sono più inclini a prescrivere generici dei loro colleghi al Sud. Quali strumenti? Se l’Aifa adottasse l’orange book dell’americana Fda, la sostituzione guadagnerebbe in credibilità e coerenza».
Ma c’è anche un altro fattore da considerare: una diretta/dpc limitata soltanto ai farmaci coperti da brevetto – come vorrebbe lo spirito originario della 405/2001 – eliminerebbe ogni polemica su generici e sostituibilità.